Il territorio australiano rappresenta da anni, nell’immaginario collettivo europeo e non solo, un luogo di pace e benessere, dove poter condurre una vita tranquilla, lontana dalla frenesia delle grandi metropoli offuscate da smog e stress quotidiano. La terra dei canguri figura tra le mete più ambite da chi sogna di mollare tutto e trasferirsi per cambiare vita, ma è davvero così semplice vivere in Australia? Vivere in Australia: una testimonianza diretta per sfatare il mito del “Paradiso australiano” Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La testimonianza di Naoko
Tra zone incontaminate e acque cristalline abbiamo chiesto a Naoko (nome di fantasia) di raccontarci della sua esperienza, come testimonianza diretta di quanto l’idea di una folle avventura a scapito della propria routine possa essere davvero fattibile nella realtà e a quali condizioni.
1)Di dove sei e cosa facevi nella vita prima di trasferirti in Australia?
Vengo da Shizuoka, una città non molto grande del Giappone e prima di trasferirmi in Australia ho lavorato ad Hong Kong per due anni come insegnante di giapponese.
2)Di cosa ti occupi ora in Australia?
Insegno giapponese all’università e sto facendo un dottorato nella stessa università, part-time.
3)Come sei arrivata a scegliere l’Australia per cambiare vita e perché?
Quando avevo 15 anni ho visitato l’Australia e in particolare la città di Adelaide, capitale del sud Australia, grazie ad un programma di scambio che aveva organizzato il liceo che frequentavo e ne sono rimasta colpita. Più tardi, durante l’ultimo anno di università, ho partecipato ad un altro programma di scambio che mi ha portato di nuovo in Australia, dove ho lavorato come assistente di lingua giapponese all’università. In quel periodo avrei voluto rimanere in Australia, ma non avevo il visto giusto e ho trovato prima lavoro ad Hong Kong, quindi ho cominciato ad insegnare lì. Dopo due anni sono riuscita ad arrivare ad Adelaide per seguire un percorso di specializzazione, quindi mi trovo qui dal 2007. Sono passati 13 anni da quando mi sono trasferita.
4)Di quanto tempo hai avuto bisogno per ambientarti e vivere bene in Australia?
È molto impegnativo riuscire ad integrarsi e conformarsi allo stile di vita australiano, ma da giapponese lo vivo come un modo di fare più rilassato rispetto a quello a cui sono abituata. Riesco ad integrarmi sempre di più man mano che il mio inglese migliora.
5)Ti capita di sentire ancora la mancanza del Giappone?
Mi manca il Giappone per quanto riguarda la famiglia e gli amici, ma sono soddisfatta della mia vita ad Adelaide e non ho mai pensato di lasciarla per tornare a Shizuoka.
6)Alla luce di questo, se qualcuno si trovasse in difficoltà, consiglieresti la tua stessa scelta di vita?
Sono sincera, no. È difficile vivere all’estero. Se me lo chiedesse qualcuno che si trovasse in difficoltà in Giappone metterei in chiaro che non è così facile partire e stabilirsi qui; non lo raccomanderei come scelta di vita.
7)Qual è l’atteggiamento dell’Australia nei confronti di chi arriva dall’estero con l’intenzione di stabilirsi?
Ci sono tantissimi immigrati in Australia, quindi gli abitanti sono abituati ai flussi migratori. Adelaide, a differenza di altre città come Sidney e Melbourne, è più piccola, la gente tende ad essere più conservatrice e capita ancora, ad esempio, di ricevere commenti sul proprio accento linguistico. Nelle città più grandi è normale accogliere migranti di diverse nazionalità.
8)C’è differenza riguardo la tematica lavoro in Giappone e in Australia?
In Giappone, conclusa l’università, si fa domanda per un posto di lavoro e una volta ottenuto si continua per sempre quella professione. Non che sia un obbligo, ma è come se la mentalità ritenga giusto che sia così. In Australia, invece, se una persona non è soddisfatta del proprio lavoro ha il desiderio e la possibilità di cambiarlo, anche più volte. Qui accade spesso che persone che abbiano un posto fisso da un giorno all’altro decidano di cambiare, anche solo per una scelta personale. Non è raro che un vigile del fuoco decida di voler diventare un insegnante e che poi lo faccia davvero, ce n’è la possibilità e le famiglie incoraggiano queste scelte.
9)In Europa l’Australia è vista come un territorio che si avvicina alla perfezione: esiste il cosiddetto mito del “Paradiso australiano”, ma è davvero così?
Anche in Giappone c’è questa concezione e magari fosse vero! Per uno straniero, come me, l’atteggiamento è diverso perché è sempre più difficile trovare un posto di lavoro, ancor di più avere un visto. Comunque, percepisco che le opportunità sono le stesse dei locali ed è possibile per gli stranieri fare domanda per un posto di lavoro al loro pari. Se la persona è qualificata e sa parlare bene l’inglese, non ci sono differenze rispetto a un cittadino del posto.
10)L’accesso al welfare sanitario è alla portata di tutti?
È alla portata di tutti se si ha la cittadinanza o la residenza permanente, in quel caso si ha accesso alle cure mediche gratuite.
11)Per quanto riguarda la tutela di diritti importanti, come quello della maternità, come si comporta lo Stato? Sappiamo che non è sempre semplice ottenere delle garanzie in tale direzione.
La maternità viene tutelata sempre in relazione alla cittadinanza o alla residenza permanente. Viene consegnata una tessera chiamata “Medicare” che permette l’accesso alle cure mediche e alla maternità, ma comunque le sovvenzioni per la maternità sono fornite solo se si ha un lavoro. Se, però, una persona perde il lavoro può fare domanda al governo per avere un supporto temporaneo.
12)Com’è organizzata la rete dei trasporti in Australia?
Facendo un confronto con il Giappone, in Australia i trasporti pubblici sono sicuramente meno affollati e meno puntuali, ma su questo stanno lavorando per migliorare. In Giappone ci sono più mezzi di trasporto, ma è una conseguenza della grandezza del territorio ad esempio rispetto ad Adelaide, che è piccola.
13)Pensi che ci sia qualche aspetto su cui il Giappone sia strutturato meglio rispetto all’Australia?
Sì, oltre al sistema dei trasporti, il servizio di assistenza ai clienti in generale è strutturato meglio, anche telefonicamente. Per quanto riguarda la vita, però, le relazioni interpersonali in Giappone sono più complicate: c’è più pressione nell’educazione, a scuola c’è una certa severità e nell’ambiente di lavoro c’è molta competitività. I colleghi hanno spesso un’influenza negativa sullo stress lavorativo. In Australia si dà più importanza al valore individuale della persona, piuttosto che al valore collettivo.
14)Qual è stato il miglior vantaggio, ma anche il maggior svantaggio, che hai tratto dalla tua scelta di vita?
La cosa migliore che potessi ricevere da questa mia scelta è il fatto che qui mi senta stimolata di continuo, nella vita come nel lavoro. Lo svantaggio è quello di sentirmi talvolta abbattuta o di perdere sicurezza a causa della padronanza della lingua ancora da perfezionare e del fatto che sia complicato entrare pienamente nel sistema australiano, nei suoi meccanismi, conformarsi alle regole e al senso comune di come devono andare le cose.
15)Traendo delle conclusioni, pensi che il tuo futuro sia al sicuro in Australia?
Sì, non ho dubbi al riguardo. So che il futuro con la mia famiglia sarà qui e non in Giappone.
Grazie alle parole di Naoko è possibile stilare una lista di pro e di contro ed analizzare alcuni aspetti pratici che senza un contatto diretto sul posto sarebbe complicato conoscere. Un inglese fluente, un curriculum competitivo e una pronta capacità di adattamento appaiono requisiti fondamentali, oltre ad una buona dose di fortuna e uno spirito incline all’avventura; il paradiso naturale resta di certo un meraviglioso sfondo geografico. Dopo tutto, siete ancora convinti di voler mollare la vostra vita e partire per l’Australia senza pensarci un po’ su?