Come si passa da una piccola esperienza estiva in una micro-impresa all’essere alla guida di un Gruppo internazionale da oltre 10.000 collaboratori e collaboratrici e 6 miliardi di fatturato annuo? Fabrizio Di Amato, fondatore e Presidente di MAIRE, lo ha raccontato in un’intervista intensa e ricca di spunti. Una storia di visione, coraggio e determinazione, iniziata prestissimo, e che ha attraversato decenni di trasformazioni industriali e sfide globali.

Fabrizio Di Amato

Fabrizio Di Amato: “Volevo creare qualcosa di mio

Non andavo benissimo a scuola – ammette Fabrizio Di Amatocosì un’estate, avendo un po’ di dimestichezza con i numeri, andai a fare un’esperienza in una piccola azienda”. Terminate le scuole superiori, racconta, “decisi che il mio futuro sarebbe stato quello di creare qualcosa di mio”. Nasce tutto nel 1984: il 14 di febbraio fonda la sua prima società con tre persone. Oggi, quella realtà è diventata MAIRE, un Gruppo leader nell’ingegneria e nella realizzazione di impianti industriali, quotato in Borsa e attivo in tutto il mondo. Gli inizi non sono stati facili: “Era un cane che si mordeva la coda. Nessuno ti dava un appalto senza referenze e senza appalto non avevi referenze”, ricorda. La svolta arriva nei primi anni ’90 con la legge Merloni, che liberalizza gli appalti pubblici introducendo criteri più oggettivi, come il miglior prezzo. Per MAIRE è l’inizio di una crescita esponenziale: “Abbiamo cominciato a vincere bandi, partecipare a gare e farci notare”, conferma Fabrizio Di Amato.

Fabrizio Di Amato: le acquisizioni, la Borsa e la sfida della sostenibilità

La vera accelerazione arriva con due acquisizioni storiche. La prima, nel 2004, è quella di Fiat Engineering, un’azienda ben più grande di MAIRE all’epoca. “Un’operazione da 115 milioni, la più difficile della mia carriera. Ma l’azienda aveva un potenziale inespresso enorme”, racconta Fabrizio Di Amato. Subito dopo, nel 2005, MAIRE rileva il 100% di Tecnimont per 180 milioni. “Ci ha proiettati nel mondo, è stato un all-in che ha cambiato tutto”. Nel 2007, MAIRE si quota in Borsa, ma il manager mantiene saldo il controllo dell’azienda: “Oggi la mia holding possiede ancora il 51%, ribadisce. Nonostante la dimensione e il respiro internazionale, l’azienda resta saldamente legata alla visione del suo fondatore. Oggi guarda alla transizione energetica: “Abbiamo presentato un piano strategico decennale. Vogliamo essere protagonisti della decarbonizzazione, dei biocarburanti, del recupero dei rifiuti: il petrolio del Terzo Millennio. E vogliamo tornare a esaltare il Made in Italy, unendo tecnologia e attenzione sociale”. Secondo Fabrizio Di Amato, nel futuro c’è spazio anche per una nuova figura chiave: l’ingegnere umanista. “Oggi – aggiunge – serve attenzione sociale nei territori in cui realizziamo le nostre opere. Le infrastrutture devono essere sostenibili sotto ogni punto di vista: ambientale, finanziario, umano”. “Io penso che servano umiltà, onestà, un approccio intellettualmente corretto e determinazione. Anche essere duri quando serve – conclude Fabrizio Di Amato – Questi sono gli ingredienti, come in cucina, che fanno una buona leadership: non autoritaria, ma autorevole”.

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