Varcata la soglia del piccolo convento francescano adiacente alla chiesa di San Bonaventura al Palatino, frate Sidival Fila ci accoglie nel suo laboratorio-atelier, con garbata ospitalità.
Ci introduce nel suo spazio vitale alla sommità del colle, ampio, luminoso; un atelier che ogni artista sogna di possedere per creare e accogliere al meglio tele di grande respiro.
Osserva gli ospiti con fare schietto; guarda dritto negli occhi per leggere l’anima, tocca le corde reattive attraverso un’ironia sottile e sorniona per capire se vi sono sovrastrutture mentali. Frá Fila, scruta l’ospite così come esamina preliminarmente i suoi tessuti per conoscerne le potenzialità ed indagarne l’essenza.
Il frate artista, mostra le sue creazioni che si accavallano ordinatamente sulle alte pareti del laboratorio e riportano alla mente l’informale materico delle opere di Burri e Fontana, le atmosfere meditative e contemplative di Rothko. Tuttavia la sua arte non è fatta di “materiali poveri e grezzi” utilizzati spesso da costoro per creare opere dal forte impatto emotivo e gestuale. Le opere dell’ultima sua produzione artistica non sono dipinti ma telai lignei sui quali dispone e lavora la materia tessile, spesso nobile e preziosa, qualche volta povera ma pregiata poiché ricca di storia.
Un linguaggio plastico il suo, la cui ricerca sperimentale scaturisce, come talune grandi scoperte, dalla casualità di un errore. Egli sviluppa così tecniche operative che aprono a nuovi campi di indagine, dove il vuoto, alternandosi alla superficie, acquisisce nuovo significato e diviene elemento compositivo.
I tessuti prima di essere da lui processati sono esaminati con grande attenzione per assecondarne il potenziale secondo una sensibilità artistica mutuata dal proprio rigore mentale. Egli ricerca l’equilibrio formale che induce e favorisce l’atteggiamento contemplativo.
Accarezza le superfici di cui sono realizzate le sue opere; stoffe che possono raccontare la loro prestigiosa storia, spesso brandelli di ricchi e preziosi tessuti di cui egli da vicino respira costantemente l’odore e con il suo àlito li rianima. Cerca ancora ciò che rimane della loro vitalità; ascolta le vibrazioni che emana quello che un tempo era una preziosa veste talare o un anonimo panneggio. Interroga e fa emergere la solenne storia del materiale, recuperato dagli stipiti delle chiese o dagli ambienti dimenticati delle antiche dimore conventuali.
Tessuti nati per omaggiare vanità ed ostentata opulenza, divenuti nel tempo indumenti o stracci dimenticati, ma che ora, nel chiedere pietà e compassione, tornano a nuova dignitosa vita nelle sue composizioni artistiche.
Frà Sidival, con le sue ultime creazioni ha generalmente un approccio artigianale, sartoriale. Unisce i tessuti con ago e filo fino a tendere le superfici come la pelle di un tamburo. Lo spartito compositivo è spesso costituito non da lacerazioni superficiali del pannello ma da ondulazioni del tessuto stesso che egli cristallizza con una fitta tessitura di fili, attraverso la quale si colgono quasi in trasparenza i riflessi delle variazioni cromatico-luminose del tessuto sottostante.
Quasi mai utilizza – nei suoi più recenti lavori – il colore e ciò per non oltraggiare l’autenticità della materia prima.
Fila artista – durante il suo operare quotidiano – vive la “regola” da francescano e al termine della visita si congeda dagli ospiti con un sorriso ed un saluto amichevole per unirsi agli altri confratelli nell’ora di preghiera e dialogo con Dio.
di Errico ROSA
(architetto, già docente di Storia dell’arte)