INpressMAGAZINE Claudio Palazzi

Intervista di Alessia Mocci a Sara Albanese, autrice del romanzo All’ombra della Luna Nuova

Ann sentì il cuore esplodere ma annuì appena, imponendosi la sobrietà che conferiva tanta solennità ai gesti cheyenne.”

L’emozione di essere accettata in una cultura altra, di antica fattura e mistero. Ann, sentiva il cuore battere, ogni gesto, ogni parola dei Cheyenne le apriva un mondo interiore di grandezza immane. Sentiva la solennità dei loro gesti ed intanto pensava al significato del suo nuovo nome “Emonah”, “Luna Nuova”.

All’ombra della Luna Nuova”, edito nel 2014 dalla casa editrice Edizioni Rei, è la storia di una giovane donna con il grande sogno dell’insegnamento, un desiderio che la porterà a conoscere la realtà del Popolo Cheyenne nella Riserva Indiana omonima.

L’autrice, Sara Albanese, nasce nel 1982 a Treviso, si laurea a Venezia presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e, sin da subito, mostra l’attitudine verso la scrittura, una passione che pian piano diventa necessità di esprimersi per comunicare ai lettori la grande gioia della vita e della conoscenza.

Letteratura e natura, un connubio carissimo all’autrice che ha mostrato più volte nelle sue pubblicazioni e per la sua attività di amministrazione e redazione all’interno del Portale Horseason.com.

Noi di Oubliette Magazine abbiamo incontrato Sara Albanese per una piccola intervista sulla sua produzione ma non solo… curiosi? Buona lettura!

 

A.M.: Ciao Sara, grazie innanzitutto per questa intervista. Ho curiosato nel tuo curriculum e mi ha sorpreso constatare una poliedricità che va dalla poesia al romanzo, dal racconto interiore all’amore verso gli animali, dall’essere redattrice di Horseason al tuo lavoro di docente.  Quando nascono tutte queste passioni ed attitudini?

Sara Albanese: Grazie a te Alessia per questa opportunità preziosa di poter parlare un pochino di me e di uno dei miei vizi più grandi: quello della scrittura! Sì, scrivere è una strana via di mezzo tra un viaggio, una seduta di psicanalisi ed una cavalcata che ti emoziona e ti proietta in una realtà nuova passando attraverso te stesso. Naturalmente questo è un paragone che mi viene naturale poiché questo amore, che mi ha poi condotto ad occuparmi del Portale Equestre Horseason.com, costituisce la mia passione più viscerale ed antica. I cavalli, intesi come soggetti con cui instaurare un rapporto dialettico ed empatico, sono da sempre infatti una parte importante della mia vita e dei miei scritti ed assumono spesso una valenza simbolica che rimanda alla crescita personale, all’esplorazione di sé, al superamento delle proprie insicurezze e vulnerabilità. La ricerca del significato, della pulizia espressiva, della simbologia e del potere suggestivo, per non dire quasi taumaturgico, della parola, mi hanno condotto molto presto sulla strada della Poesia che posso definire veramente il mio primo amore come lettrice e come scrittrice, e che tutt’ora vivo come una parte di me, in senso quasi fisico. Mi piace pensare di poter affrancare il concetto di Poesia dalla patina gelatinosa da “Baci Perugina” a cui è stata spesso relegata dal pregiudizio. Ritengo infatti che essa sia, al contrario, uno strumento potentissimo in grado di comunicare qualsiasi cosa con la delicatezza di un respiro e l’efficacia di una lama. La Poesia può esprimere sentimenti piacevoli ma anche provocazioni, denunce sociali, elementi di rottura… può parlare di filosofia come di dettagli che però finiscono per significare molto più di se stessi. Credo sia un’immensa maestra di leggerezza, pulizia e significato… tutte lezioni che io stessa, come insegnante, cerco quotidianamente di trasmettere ai miei studenti. Tutto quello che amo ed in cui credo, o in cui non credo peraltro, si rispecchia in quello che scrivo come in un ritratto che muta, simile a quello di Dorian Gray, catturando l’anima e mostrandone il percorso. Spero, tuttavia, che a differenza di quanto descritto da Oscar Wilde, non siano solo scorie e cicatrici a crescere col tempo, ma anche la comprensione della verità umana e la grazia del significato.

 

 

A.M.:  “Cavalli, Farfalle, Prismi e Vita” e “Sofia e il Lupo” sono le tue prime pubblicazioni. Hai avuto dei riscontri positivi dal popolo dei lettori?

Sara Albanese: Le due pubblicazioni sono sostanzialmente diverse sia nella forma che nei contenuti, poiché il primo è un racconto motivazionale di matrice autobiografica che tocca alcuni temi che la nostra società dell’immagine tende a relegare in un angolo buio, mentre il secondo è un romanzo introspettivo costruito sulla difficoltà nell’affrancamento personale. Entrambi però hanno suscitato nei miei lettori una comune reazione che mi ha fatto riflettere. Ho sentito spesso ripetere la frase “Pensavo di essere solo io…”, accompagnata da una vena di emozione e, talora, di sottile gratitudine, non per aver dato alcuna riposta ai problemi del lettore (vorrei essere in grado di farlo!) ma piuttosto per aver portato alla luce disagi provati da molti individui che, seduti in silenzio al di fuori del giudizio sociale, si credono spesso soli nelle proprie difficoltà. Scrivere, parlare, condividere non è forse la cura di alcun male, ma è certamente un primo passo per sfuggire a mali più gravi, quali la vergogna, l’isolamento, o la paura di chiedere aiuto.

 

A.M.: Nel 2014 con Edizioni Rei pubblichi il romanzo “All’ombra della Luna Nuova”, la storia di Ann, una giovane maestra di scuola di Denver. La domanda viene spontanea: questo personaggio, rappresenta un po’ il tuo sogno di insegnamento?

Sara Albanese: Ann è l’incarnazione di quello che rappresenta per me l’ideale d’insegnamento, esemplificato molto chiaramente dalle righe in cui si parla di “quella che, secondo la giovane insegnante, risultava essere la materia più importante: non la matematica, l’inglese o la storia… bensì quella che lei definiva ‘il pensiero’.Appartengo infatti a quel manipolo di inossidabili che, nonostante lo squallore in cui naviga l’istruzione ai nostri tempi, credono ancora nel valore dell’insegnamento vero: non la somministrazione di nozioni che potrebbero essere acquisite da qualsiasi mezzo tecnico, bensì lo stimolo e la formazione di individui in crescita, che attraverso la conoscenza, il dubbio e talora perfino la critica, devono sviluppare una propria autonomia di pensiero ed un’identità sufficientemente solida da non essere inghiottita dalla nostra società massificata.

 

A.M.: Nelle prime pagine di “All’ombra della Luna Nuova” è presente una preghiera di Benedizione Cherokee: “Possano i venti tiepidi del cielo/ soffiare dolcemente sulla vostra casa,/ […]”. Quale sentimento ti lega a questa antica preghiera popolo nativo americano del Nord America?

Sara Albanese: Questa preghiera, che ho voluto dedicare ai miei lettori e forse un pochino anche a me stessa, racchiude il profumo di una cultura, quella Nativo Americana, che ho esplorato fin da ragazzina, quando ho cercato risposte diverse rispetto a quelle che potevano esserci fornite unicamente dalla nostra tradizione. Ho scoperto così una Medicina (ricordando che per le Popolazioni Nativo Americane questo termine non rimanda ad un medicamento, bensì al naturale equilibrio tra vita, religione, filosofia, individuo, comunità, introspezione, spirito, corpo e Natura), un balsamo prezioso in grado forse di lenire, almeno in parte, le asperità del nostro tempo che è fatto spesso di prevaricazione, senso di colpa o di sopraffazione e di progresso nell’accezione peggiore del termine. Da molto tempo mi ero ripromessa di poter scrivere di questa civiltà e della sua saggezza, pur consapevole del fatto che un romanzo, a differenza di un saggio, non può essere esaustivo nell’analisi dettagliata della filosofia nativa, ma certamente sarà possibile aiutare a riscattare questa popolazione dal ruolo stereotipato, commercializzato e talvolta perfino ridicolizzato che ci è stato proposto da decenni di cinema, fumetti, leggende e di un merchandising discutibile. Mi piace pensare che chi leggerà il mio romanzo farà suo il più grande insegnamento che la cultura nativa potrebbe impartire al nostro mondo: quello del rispetto.

 

A.M.: Nel romanzo sei stata molto abile a mettere in contrapposizione il bisogno di portar conoscenza di Ann e la tradizione morale ed etica della cittadina di campagna Sheridan. Senza svelare troppo della fine del romanzo, puoi illustrarci come hai vissuto questa dualità?

Sara Albanese: Ann, così come la sua amica Asha, una ragazza Cheyenne che, dopo aver sposato un uomo bianco, ha scelto di vivere a Sheridan, cammina lungo un percorso accidentato attraverso l’ignoranza ed il pregiudizio. Le due ragazze, che risultano spesso essere l’una l’alter-ego dell’altra e si guidano a vicenda nella sfida alla grettezza umana ed alla chiusura mentale, trovano chiavi diverse per proseguire lungo la loro strada. Da un lato Asha rappresenta il tentativo di un compromesso tra il mondo di Sheridan e quello della Riserva Cheyenne accettando i parametri di entrambi, dall’altro Ann tenta di spostare i paletti imposti dalla tradizione e dalla paura del cambiamento. Il suo è un sogno di affrancamento e di libertà dalla prigione mentale che relega la comunità nell’ignoranza e quindi nella vulnerabilità a qualsiasi manipolazione. Le sue armi sono la conoscenza, il coraggio e la fiducia nelle nuove generazioni che sono in grado di offrire occhi ancora limpidi per guardare verità nuove.

 

A.M.: Quanto pensi sia cambiata la tua vita con il mondo del web e del social network?

Sara Albanese: Il mondo di internet non ha semplicemente cambiato la mia vita, ma l’ha moltiplicata. Si tratta di una risorsa incredibile che ci mette in relazione con il mondo intero: culture e lingue straniere escono dalle Accademie e si aprono a te come un vero e proprio oceano in cui non amo navigare o surfare, per utilizzare una semantica cara al web, ma in cui preferisco tuffarmi ed immergermi per conoscere individui e prospettive. Come insegnante di lingua ritengo che il web sia un’opportunità fantastica di apprendimento, ed anche come scrittrice non posso che essere grata alla rete per avermi consentito di accedere a concorsi che altrimenti forse non avrei conosciuto e che mi hanno regalato grandi soddisfazioni nell’ambito della scrittura e della poesia: parlo nella fattispecie Albero Andronico 2013, Premio Letterario Città di Monza 2013, Premio Letterario Giovane Holden 2014, Un Monte di Poesia 2014 ed il concorso della Casa Editrice Pagine che poi mi ha consentito di entrare nelle pubblicazioni curate dal Maestro Elio Pecora. Conoscere e farsi conoscere è certamente il privilegio che il web ci offre, ma naturalmente, specialmente in riferimento ai più noti social networks, il rischio è che questo privilegio venga mutato in un’ennesima manifestazione di protagonismo. Quando l’obiettivo di internet viene puntato su se stessi anziché sul mondo, si innesta una delle più pericolose malattie autoimmuni della nostra era: quella dell’autocelebrazione. Tuttavia io resto una comunicatrice e non sopporto le prese di posizione snobiste che condannano i social a oltranza, poiché li considero una grandissima occasione per esprimere e per entrare in contatto. È naturale che le relazioni virtuali non debbano in nessun modo sostituirsi a quelle reali, ma è altrettanto vero che talvolta si tratta di comunicazioni non mediate che risultano anche più autentiche rispetto al chiacchiericcio che sentiamo nella nostra quotidianità percorsa da maschere tanto quanto il mondo facebookiano. Il guaio di troppa comunicazione sta nella banalizzazione della parola: il web tende a privilegiare la rapidità e la quantità a dispetto spesso del significato e della qualità. Compito della lettura e della scrittura, oggi più che mai, è proprio quello di restituire dignità alla parola e ritmo al pensiero.

 

A.M.: Qual è l’ultimo libro che hai letto? Ed il film visto?

Sara Albanese: In queste notti estive un po’ insonni ho trovato compagnia nel sempre festoso amico Friedrich Nietzsche (un filo di sottile ironia che mi permetto solo perché immersa nell’immensa stima che nutro per lui!) di cui ho ripreso in mano l’opera Così parlò Zarathustra per goderla in tedesco, poiché, a suo tempo, l’avevo studiata prevalentemente in italiano. La magia della lingua originale è sempre una musica suggestiva. Ho terminato da poco, inoltre, un ottimo saggio di Antoine Fratini intitolato Psiche e Natura, dedicato ad un approccio psiconanimistico che mette in relazione la natura con l’inconscio umano, suggerendo una spiegazione medica per comprendere energia, equilibrio e parentela che possano fondere le due realtà. Riguardo al cinema… confesso che mi cogli più impreparata. Sono una grande fruitrice di telefilm d’autore, dagli anni ‘70 a oggi. Li trovo uno specchio talora splendidamente ingenuo ma spesso candidamente catartico in cui contemplare i basilari valori umani ed emozionali a cui il cinema di oggi ci ha spesso abituato a rinunciare. Tuttavia ho da poco rivisto il film Prima dell’Alba di Richard Linklater che apprezzo sempre molto perché, oltre a ricordarmi la prima romantica volta in cui lo guardai con il mio fidanzato (ora mio marito!), propone uno schema nuovo, basato sul dialogo e sull’esplorazione di sé e dell’altro. La trama sono le persone, come piace a me.

 

A.M.: Hai qualche novità di cui ci vuoi parlare? Ci puoi anticipare qualcosa?

Sara Albanese: Hai fatto una domanda di cui potresti pentirti… non sono sicura di riuscire a contenermi nella risposta!! Molto bolle in pentola al momento e non mi manca l’entusiasmo verso nessuno dei miei progetti e dei miei appuntamenti, a partire dalle prossime date di presentazione di questo romanzo nell’ambito di un evento country che si terrà a Cittadella (PD) in occasione della Fiera Franca del prossimo 18 ottobre, e poi, nel mese di novembre, a Talmassons (UD) nella suggestiva cornice del Mondelli Stable. Più avanti fisseremo una data a Milano ma devo ancora definirla con precisione perché per adesso sono un po’ impegnata con le premiazioni dei concorsi di poesia in Toscana. Sulla pagina facebook del romanzo aggiornerò comunque date ed eventi per aggiornare e coinvolgere chiunque sia interessato.

In questo periodo tuttavia sto anche lavorando su qualcosa di molto diverso. Credo infatti che variare, diversificare, alternare sia fondamentale non solo per lettori, ma soprattutto per gli autori: serve a tenere vivo il pathos, la scintilla, la curiosità e anche il desiderio di ricerca ed esplorazione. Sto terminando una mia silloge poetica che intendo pubblicare a breve e che comprenderà diversi componimenti inediti, oltre ad un breve saggio introduttivo che ho scritto personalmente e che non vedo l’ora di consegnare ai lettori. Spero infatti che possa rappresentare un approccio abbastanza originale alla Poesia, un punto di vista che potrebbe essere interessante per liberarla dal ruolo di prodotto editoriale un po’ vintage che il mercato le ha attribuito negli ultimi anni. Si tratta di un grave abbaglio poiché, come anticipavo prima, la poesia è uno dei mezzi espressivi più dinamici, duttili e poliedrici. Spero di essere in grado quindi di offrire una visione nuova, fuori dalle accademie ma con grande rispetto e amore per il dato letterario che studio e amo da sempre.
Vorrei parlare non soltanto agli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto ai non appassionati del genere, sperando di offrire loro uno stimolo nuovo. Ma tornando a noi… colgo l’occasione con questa tua intervista, di cui ancora ti ringrazio davvero, per rispondere ufficialmente ai numerosi lettori che mi hanno chiesto il seguito di All’Ombra della Luna Nuova.  Sto già raccogliendo materiale ed idee per far sì che Sheridan continui a vivere: io stessa mi sono affezionata ai miei personaggi come fossero amici in carne ed ossa, e ora inizio a sentire davvero la loro mancanza. Credo che una visita narrativa in Wyoming non tarderà ad arrivare!

 

A.M.: Salutaci con una citazione…

Sara Albanese: Mi vengono in mente molte citazioni in questo momento, ma preferisco non lasciarvi con una perla filosofica, bensì con un augurio semplice, un antico saluto che rubo alla cultura Nativo Americana e che mi piace consegnare a chi mi ascolta o mi legge: “Siate felici, così vivrete a lungo.”

 

A.M.: Sara, ti ringrazio per questa splendida intervista. Le tue sono parole vere piene di passione e vita, aspetto con curiosità tutte le novità di cui hai parlato. Alla prossima!

 

Written by Alessia Mocci

Addetta Stampa (alessia.mocci@hotmail.it)

 

 

Info

https://www.facebook.com/Allombradellalunanuova

http://www.edizionirei.com/products/allombra-della-luna-nuova/

 

Fonte

http://oubliettemagazine.com/2014/09/25/intervista-di-alessia-mocci-a-sara-albanese-autrice-del-romanzo-allombra-della-luna-nuova/

 

SisalPay lancia GoBeyond: la fast lane delle idee italiane

indexCopiaPresentato presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi, GoBeyond, il progetto ideato da SisalPay per dare un impulso concreto allo sviluppo e al consolidamento di nuove idee imprenditoriali italiane. L’iniziativa vuol dare una risposta concreta ad uno scenario in cui, secondo quanto confermato anche dalla fondazione italo-americana Mind the Bridge, meno del 20% delle start-up riesce a superare la fase di lancio diventando impresa solida e profittevole.

GoBeyond inaugura oggi la prima fase del progetto, ovvero la raccolta delle iniziative imprenditoriali tramite un contest online (al sito: www.gobeyond.info) e si rivolge a chiunque abbia un’idea di business innovativa e l’aspirazione di guidare un’impresa solida in un orizzonte temporale di lungo periodo.

Oltre a un contributo economico iniziale, GoBeyond metterà a disposizione del progetto selezionato l’esperienza e il know-how di realtà d’eccellenza quali Google, Gruppo Condé Nast, RTL 102.5 e di una rete di partner selezionati tra le più prestigiose aziende che operano sul territorio italiano. Nell’ambito del confronto moderato da Massimo Russo, Direttore di Wired Italia, sono intervenuti giovani imprenditori della realtà italiana: Benedetta Bruzziches, designer e fondatrice dell’omonimo brand; Claudio Cubito, co-founder&Ceo di Growish; Federico Kluzer, co-fondatore di One.Tray e Luca Morena, fondatore di ICoolhunt.

Maurizio Santacroce, Direttore Payments and Services Sisal Group, ispiratore dell’iniziativa, è intervenuto illustrando la nascita e gli obiettivi di questo progetto: “La storia di SisalPay è, per certi versi, paragonabile a quella delle iniziative imprenditoriali delle quali abbiamo avuto testimonianza in occasione del lancio del progetto GoBeyond. A fianco del gaming, tradizionale business aziendale, si è andato, infatti, ad affermare quello dei servizi di pagamento, che rappresenta oggi circa il 50% del volume d’affari dell’intero Gruppo Sisal. Un business che undici anni fa non esisteva, che fino a sei anni fa generava un volume d’affari di “solo” 1 miliardo di Euro e che oggi, attraverso il percorso strategico avviato, vale oltre 6 miliardi di Euro.” “Gli ingredienti del successo di SisalPay – continua Maurizio Santacroce – sono riassumibili in tre punti essenziali: il coraggio di cambiare e di saper cogliere le opportunità, puntando su nuovi settori e sulla diversificazione; un approccio di ascolto nei confronti dei bisogni dei consumatori e del mercato; il proporsi in modo innovativo – non necessariamente creando qualcosa di nuovo – grazie al valore aggiunto che i giovani talenti sono in grado di portare. Per il Gruppo Sisal, GoBeyond rappresenta il desiderio di investire sul talento e di offrire l’opportunità ai partecipanti di replicare il successo di SisalPay. Ciò che accomuna le tante aziende che hanno sposato questo progetto è la volontà di condividere la propria esperienza di successo con le realtà più giovani e ancora poco strutturate. Auspichiamo che lo spirito del “give back” si diffonda sempre più, perché l’Italia ha bisogno di fiducia nei talenti e di incentivi concreti all’intraprendenza e all’imprenditorialità.”

A chiusura dell’evento, la testimonianza di Luca Caprai, fondatore di Cruciani & Cruciani C, ha ricordato a tutti i presenti come, anche in un momento di stallo dei consumi, il coraggio di innovare sia alla base di un caso successo.

Fabio Vaccarono, Managing Director Google Italy, è intervenuto durante la presentazione commentando: “Siamo felici di prendere parte al progetto GoBeyond presentato oggi da Sisal. Favorire l’innovazione deve essere una priorità per il nostro paese. Iniziative come GoBeyond  finalizzate alla creazione di un ecosistema digitale favorevole alle giovani start up possono portare un beneficio concreto abilitando modi nuovi di fare impresa.”

“GoBeyond è in piena coerenza con alcuni dei valori propri di Condé Nast: innanzitutto la sfida nell’andare oltre, valorizzando sempre la qualità e mantenendo alta l’ossessione per l’innovazione. Un esempio concreto è il lancio recente di CN Live!, un prodotto totalmente inedito per il mercato italiano e che punta a diventare la più grande videoplatform italiana posizionandosi come il punto di riferimento per gli utenti che cercano contenuti video di immediata fruibilità, nuovi e interattivi”, così Fedele Usai, Deputy General Manager Condé Nast ha illustrato le ragioni che hanno portato il Gruppo ad aderire al progetto GoBeyond.

“RTL 102.5 ha deciso di appoggiare il progetto perché si basa sul concetto di credere in se stessi e portare avanti idee che possono sembrare folli ma, cercando di gettare il cuore oltre l’ostacolo, con tenacia e determinazione diventano realizzabili – ha dichiarato Virgilio Suraci, Vice Presidente di RTL 102.5 – Questo rispecchia ciò che abbiamo sempre fatto ad RTL 102.5: un’iniezione di autostima fatta tantissimi anni fa e che si è tradotta in risultati concreti e reali. Noi italiani, abbiamo una grande creatività, e a volte si tratta solo di credere molto di più in se stessi e cercare di osare, perché dentro di noi si nasconde un grande potenziale inespresso da mettere in moto. Vogliamo trasmettere ai giovani messaggi di positività, perché diventino imprenditori di se stessi, guardando avanti. “Very Normal People” è l’essere persone normali con la consapevolezza di sé.”

Il contest GoBeyond si svilupperà in diverse fasi che porteranno alla selezione del progetto vincitore. A partire da oggi sarà possibile candidarsi registrandosi al sito www.gobeyond.info, compilando la scheda di dettaglio e caricando un video che descriva l’idea di business proposta. Una volta concluso il periodo di raccolta delle candidature (15 aprile 2015), sarà richiesto a tutti i partecipanti di creare e inserire sul sito un marketing plan relativo al progetto (entro l’8 maggio 2015). Nella seconda metà di maggio, durante l’edizione 2015 del Wired Next Fest, verranno annunciati i tre team finalisti che saranno chiamati a produrre un business plan. Il contest si concluderà il 17 giugno con la proclamazione del vincitore.

Morte di Ciro Esposito: ancora lontani dalla verità?

Sull’uccisione del giovane tifoso del Napoli e più in generale sui fatti dello scorso 3 maggio avvenuti a margine della finale di Coppa Italia, è stato scritto molto. Tuttavia, a distanza di quasi cinque mesi l’accertamento dei fatti dal punto di vista giudiziario risulta ancora lontano, anche alla luce delle novità emerse nelle ultime settimane. Gli ultimi elementi resi noti (la perizia del Racis e il referto stilato dall’ospedale Belcolle di Viterbo, dove il presunto assassino risulta tutt’ora ricoverato) hanno contribuito a rendere la ricostruzione di quanto realmente avvenuto, maggiormente difficoltosa.
Ma proviamo a tornare indietro di qualche mese, ai giorni successivi a quei tragici fatti.
Tor di Quinto: nella zona riservata al parcheggio di auto e bus provenienti da Napoli, qualcosa sembra non andare per il verso giusto fin da subito. Nonostante i comunicati da parte della Questura di Roma che invitavano i tifosi del Napoli ad utilizzare quel parcheggio per poi raggiungere in sicurezza la zona dello stadio scortati dalla Polizia, viene da molti testimoni notata l’assenza di agenti fin dalle prime ore del pomeriggio. Stando alla prima ricostruzione fornita dalla Digos, il De Santis insieme ad altri complici “sbuca” indisturbato da una via attigua (probabilmente partendo dal circolo Ciak, in cui svolge la mansione di custode), lanciando petardi e torce contro uno dei bus bloccati nella fila che nel frattempo si era formata.
A quel punto, un gruppo di tifosi del Napoli a piedi (tra cui anche Ciro Esposito) sopraggiunge sulla scena accorrendo in soccorso di questo pullman, da cui si sollevavano richieste d’aiuto. Da questo momento in poi, la nostra storia ha un finale ancora tutto da scrivere. Quello che è certo, è che il gruppo giunto in soccorso imbocca la via mettendo in fuga De Santis e i suoi complici. Dai video girati da chi era a bordo del mezzo assaltato, si evince come dopo qualche secondo i tifosi del Napoli (diventati nel frattempo una quindicina) “arretrano” portando a braccio un ferito. Questo ferito risponde al nome di Ciro Esposito. Un ragazzo di ventinove anni, proveniente da un quartiere difficile come Scampia, senza precedenti penali, lavoratore in un autolavaggio. Mentre alcuni di loro, in modo maldestro, tentano di soccorrerlo, altri imboccano di nuovo il viale. Secondo gli avvocati della famiglia Esposito, in questo momento avviene il pestaggio ai danni di De Santis. E questa è sembrata essere anche la versione “ufficiale”. A cambiare le carte in tavola in merito all’importante elemento della conseguenzialità dei fatti è giunta la perizia del Racis, da cui sembra emergere come la pistola impugnata dal presunto assassino fosse già sporca di sangue prima degli spari. L’altro uomo rimasto in terra è Daniele De Santis, quarantotto anni, un passato da capo ultras della curva Sud e negli ambienti dell’estrema destra romana. Precedenti per reati da stadio, vanta nel suo “curriculum” una candidatura all’interno di una lista civica in appoggio all’elezione di Alemanno al Comune di Roma.
“Gastone” viene ricoverato al Gemelli con ferite importanti e una gamba fratturata in più punti. L’autopsia effettuata sul corpo della vittima ha stabilito come il colpo letale sia stato sparato “ad altezza d’uomo”. Quindi, delle due l’una: o il De Santis non ha sparato trovandosi a terra assalito dai tifosi del Napoli, oppure a sparare è stato qualcun’altro, intervenuto successivamente per “liberare” De Santis, probabilmente caduto a terra durante la fuga. Tuttavia, lo stub ha giudicato “compatibili” con “Gastone” le particelle presenti sulla pistola.
E veniamo all’ultimo nuovo elemento che non fa che contribuire a rendere sempre più nebuloso e difficile da decifrare l’accertamento dei fatti avvenuti in quei pochi secondi: pochi giorni fa, l’ospedale Belcolle di Viterbo (la struttura ospedaliera in cui De Santis è tutt’ora ricoverato) ha stilato un nuovo referto medico da cui risultano quattro ferite da taglio, presumibilmente provocate da un coltello a serramanico. Questo referto, cozza completamente sia con il primo emesso dal Gemelli, sia con quello stilato nel carcere di Regina Coeli, dove l’imputato è stato trasferito successivamente. In nessuno di questi due referti risultano ferite da taglio tanto profonde da poter essere attribuibili a delle “coltellate”. Il medico firmatario del referto del Gemelli ha ulteriormente confermato ciò in una recente intervista rilasciata al Gr1 della Rai. Per giunta, è doveroso affermare che in casi di intervento medico in seguito a risse e colluttazioni (tra l’altro nei confronti di un paziente in stato di fermo), il referto viene stilato con una particolare attenzione dal momento che, per ovvi motivi, il paziente può risultare reticente.
Insomma, la ricerca della verità sembra essere essere ancora lontana. Tra testimonianze discordanti, pressioni politiche in un senso o nell’altro, mancanza di immagini, reticenze da parte di chi era presente, spetta alla Procura un duro lavoro. Purtroppo è in situazioni come questa che è in ballo la credibilità non solo della giustizia italiana, ma di tutte le istituzioni del nostro ordinamento democratico. E’ necessario dare una risposta definitiva e in tempi ragionevoli non solo a una famiglia che piange la morte assurda (indipendentemente da come si concluderà il processo) di un ragazzo di ventinove anni, ma anche a tutti coloro i quali reputano inammissibile che si possa morire per una partita di calcio. Inoltre, non sono da sottovalutare i “venti di guerra” provenienti da un mondo per sua stessa natura “tribale” come quello del tifo violento. Bisogna ammettere che fino ad ora, chi più si è impegnata facendo appelli contro la violenza e chiedendo che la giustizia faccia il suo corso, è stata proprio la famiglia Esposito.
Tuttavia, al netto delle conclusioni a cui la magistratura giungerà, risulta doveroso aprire una riflessione sulla gestione dell’ordine pubblico in quella sera di maggio. Essa non è stata mai messa in discussione fin dalla conferenza stampa, tenuta dal Ministro dell’Interno Alfano e dal Questore di Roma, il giorno successivo.
Ma sono davanti agli occhi anche dell’osservatore più distratto le mancanze di tutta la catena di comando della Polizia. Ed è altrettanto evidente come, alla luce di tutto questo, debbano necessariamente emergere anche le responsabilità politiche. Il tre maggio, per la prima volta nella storia d’Italia, sono state utilizzate armi da fuoco in un contesto di “stadio”. Un elemento da sempre assente anche in quelle “regole d’ingaggio” non scritte, proprie del tifo violento.

Intervista di Alessia Mocci a Paoletto Sassaroli, autore del libro Nell’arcobaleno del bianco e nero

“Il nostro vivere era quasi provvisorio, osservavamo attenti la vita e quello che ci succedeva non faceva quasi parte di noi. Il ricordo che ho del nostro primo incontro è sensibilmente piacevole e in parte modificato dalla mia umana fantasia.”

Un incipit che mette in luce la mescolanza che si può avere quando ci si inoltra nei ricordi. Si guarda al passato cercando le spiegazioni di alcune decisioni in momenti di vita nei quali si ha il tempo per riflettere, il tempo per cercare verità.

Nell’arcobaleno del bianco e nero”, edito nel settembre 2014 dalla casa editrice Rupe Mutevole Edizioni, è il nuovo romanzo di Paoletto Sassaroli. L’autore, nelle sue opere, porta avanti un percorso secondo il quale, ognuno di noi, può scoprire le proprie potenzialità ed esprimere, dunque, ogni attimo del presente. Questo modo di intraprendere la vita annulla i sensi di colpa verso se stessi quando si guarda al passato e dona la possibilità di nuove esperienze.

Paoletto Sassaroli è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune curiosità su “Nell’arcobaleno del bianco e nero”. Buona lettura!

 

A.M.: “Nell’arcobaleno del bianco e nero” è il titolo del tuo nuovo romanzo. Dipingi per noi un arcobaleno bianco e nero, ma in realtà che cosa vuoi comunicare ai tuoi lettori?

Paoletto Sassaroli: A chi legge vorrei trasmettere le mie sensazioni, i miei stati d’animo, le mie paure, le mie fantasie. A volte, in passato, ho pensato che quello che provavo fossero state delle mie sensazioni personali. Con lo scrivere ho capito che siamo in tanti a provare, a sentire… ad ascoltare… Sentiamo accomunandoci negli stessi stati d’animo. Con questo scritto voglio parlare e sentire me, voglio far sentire ai lettori me, uno qualsiasi che è parte di loro.

 

A.M.: La dedica del tuo libro è molto particolare, infatti, in genere un libro si dedica ad una persona cara. La tua dedica è: “Per me”. Qual è la motivazione di questa scelta? (domanda utile a far capire il tuo animo di letterato, è una forte dedica, non male saperne il motivo)

Paoletto Sassaroli: “Per me”. Per me è rivolto a chi legge. Come dicevo nella domanda precedente chiunque legga questo scritto potrebbe ritrovarsi, in una frase, in un messaggio da me elaborato sotto forma di scrittura. Nella testa di qualsiasi persona la parola inconscio evoca un insieme di stati mentali difficili da decifrare. Per me è anche inteso come uno studio di me  stesso che osserva gli altri.

 

A.M.: Il romanzo vede come protagonista, Paolo, che da anziano ricorda la sua giovinezza ed il procedere degli anni. Che cos’è per te il passato?

Paoletto Sassaroli: Il passato per me è stato spesso doloroso, il passato relativo all’attuale è stato costruttivo. In questo scritto si nota forse questo ed è uno dei messaggi che voglio trasmettere a chi legge.  Il racconto vuole essere artisticamente da urlo, narrativamente curioso e lucidamente divertente ma è parte del mio passato. Di un passato spesso trascorso con problematiche che potrebbero essere le problematiche di tanti miei simili. 

 

A.M.: Ogni libro custodisce un po’ la vita del suo narratore. In quale percentuale pensi che la tua vita personale abbia inciso sulla trama?

Paoletto Sassaroli: Quello che è nel racconto è quello che è stato nella mia vita. Come detto nel libro, alcune sostanze (alcool, cannabis, ansiolitici, altri…) possono portare alla dipendenza. La dipendenza  monopolizza il nostro tempo e obbliga a limitare le attività sociali, professionali e familiari, con conseguenze negative sulla salute fisica ed morale…

Nel racconto poi vengono esternate e di conseguenza descritte altre tematiche importanti. Una tra tutte è quella dell’interazione con chi nasce in modo fortunato di noi… il rapporto con persone penalizzate dalla società, con bimbi portatori di handicap.

 

 

A.M.: Una novità importante è la partecipazione de “Nell’arcobaleno del bianco e nero” alla Fiera di Francoforte ad Ottobre. Riuscirai ad essere presente?

Paoletto Sassaroli: Sì, la signora Cristina Del Torchio è una persona squisita, amministratrice della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni e mi ha comunicato pochi giorni fa che sarò presente a questa splendida Fiera del Libro.

 

A.M.: Sei un lettore di letteratura contemporanea? Ci puoi far qualche nome di autori che ti hanno interessato nell’ultimo anno?

Paoletto Sassaroli: Mi piacciono diversi scrittori francesi come ad esempio: Echemoz, Mauvignier, Toussaint, Enard. Gli spagnoli Enrique Vila-Matas, Andres Neuman. Gli italiani Niccolò Ammaniti ed Antonio Pascale. Mi piace leggere in momenti della giornata non programmati da me per la lettura: voglio di considerare la scrittura qualche cosa di alternativo al tutto.

 

A.M.: Hai altre passioni oltre lo scrivere?

Paoletto Sassaroli: Dipingo e passeggio. Faccio lunghe passeggiate al mare per pensare e rigenerarmi.

 

A.M.: Letteratura e Web. Paoletto, sei molto attivo sui social network e soprattutto su Facebook. Quanto pensi sia utile il mondo del web per uno scrittore d’oggi?

Paoletto Sassaroli: Considero i social un piacevole gioco di società. Mi divertono. In certe sfumature sono molto superficiali. A me piace leggere tra le parole e soffermarmi mentalmente mentre leggo un periodo che mi interessa. Con la velocità dei social spesso non  ci riesco.

 

A.M.: Come ti trovi con la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni? La consiglieresti?

Paoletto Sassaroli: Mi trovo benissimo. Mi  ha dato la possibilità di esternare le mie sensazioni. Con la signora Cristina del Torchio ho un ottimo rapporto. L’ho ringraziata personalmente per la sua presenza nel campo dell’editoria.

 

A.M.: Salutaci con una citazione…

Paoletto Sassaroli: Vorrei salutare con una citazione alla Paoletto Sassaroli. Il Paoletto del social Facebook, nessuna citazione di autori… eccomi! “Per vivere ci vuole un pene grande!” Questa frase non vuole essere di offesa per nessuno, è solo una esclamazione ed un  sogno che faceva una mia cara amica, poi siamo andati a curiosare in una libreria delle regione Marche e abbiamo cominciato a leggere insieme Philp Milton Roth uno dei più bravi e scandalosi scrittori statunitensi Ora vi saluto, alla prossima!

 

Written by Alessia Mocci

Addetta Stampa (alessia.mocci@hotmail.it)

 

Info

http://www.rupemutevoleedizioni.com/

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http://www.rupemutevoleedizioni.com/letteratura/novita/nell-arcobaleno-del-bianco-e-nero.html

 

Fonte

http://oubliettemagazine.com/2014/09/18/intervista-di-alessia-mocci-a-paoletto-sassaroli-autore-del-libro-nellarcobaleno-del-bianco-e-nero/