Uno dei prodotti alimentari più consumati al mondo è il caffè. Utilizzato sia come bevanda sia come ingrediente per altre preparazioni, soprattutto nell’industria dolciaria. Lo scenario sul mercato è decisamente cambiato negli ultimi tempi, perché la dinamica tra costi e ricavi delle imprese del settore ha subito un profondo cambiamento. E i dazi di Trump potrebbero ulteriormente scombussolare un mercato che è già da tempo instabile.
L’aumento dei costi di produzione
Le industrie di caffè da molti trimestri ormai devono affrontare dei costi di produzione che sono sempre più elevati. I fertilizzanti sono più costosi rispetto a qualche anno fa, ed anche il costo del lavoro è aumentato per via della carenza di manodopera. Anche le nuove regole improntate ad una maggiore sostenibilità hanno reso più elevati i costi di produzione, perché i coltivatori devono investire in sistemi di irrigazione più efficienti e tecnologie per proteggere le piantagioni.
Difficoltà produttive e cambiamento climatico
Dietro al profondo cambiamento del mercato del caffè non c’è però solo il problema dei costi di produzione, anzi la situazione più grave è altrove.
A causa del cambiamento climatico che ha reso più frequenti gli eventi estremi (siccità, piogge intense, instabilità delle temperature), le principali aree di coltivazione hanno una resa minore rispetto a qualche tempo fa.
Il Brasile ad esempio ha vissuto periodi di gelate improvvise alternate a lunghe periodi di siccità che hanno compromesso la crescita delle piante. Problemi analoghi li ha vissuti in Vietnam, che è il paese leader nella produzione di caffè robusta. Anche qui le piogge eccessive hanno danneggiato il raccolto rendendo più complicata la lavorazione dei chicchi. Chiaramente, questo aspetto si collega anche al precedente, dal momento che una coltivazione più difficoltosa comporta anche i costi di produzione più elevati.
Dinamica offerta e domanda
Le difficoltà climatiche hanno ridotto la quantità di caffè disponibile sul mercato, che ha inevitabilmente portato ad un rialzo dei prezzi, che a febbraio avevano toccato i 436 dollari per libbra (fonte dati eToro), dopo aver raddoppiato il valore in pochi mesi.
Ma lo scenario sta subendo un nuovo cambiamento, perché i dazi di Trump potrebbero scuotere ulteriormente il mercato, provocando un calo della domanda. Il Brasile, il più grande produttore di arabica, è stato preso di mira con tariffe del 10% sui suoi prodotti, mentre i principali produttori di robusta, Vietnam e Indonesia, sono stati presi di mira con tariffe rispettivamente del 46% e del 32%.
Il ruolo della speculazione
Oltre agli effetti naturali della dinamica domanda-offerta, la crescita del prezzo del caffè è legata anche a fenomeni speculativi. Si tratta di una delle materie prime più scambiate sui mercati globali, dove trova le maggiori negoziazioni alla borsa di New York e a quella di Londra, dove viene venduto sotto forma di contratti futures.
Gli investitori istituzionali e anche gli hedge fund più grandi al mondo non fanno compravendite fisiche, ma il più delle volte scommettono sulla crescita o il calo di valore in futuro.
Quando si verifica un evento avverso, acquistano massicciamente contratti futures innescando così la salita del prezzo. Si crea così un meccanismo che amplifica i rincari, in parte in modo ingiustificato rispetto alla situazione reale del mercato.