A INpress Magazine incontriamo Giuliana Grimaldi con la sua nuova silloge.

Oggi tra le nostre pagine intervistiamo Giuliana Grimaldi che ci presenta “Volti che confondono”.  Che cosa rappresenta per lei la scrittura? Il ruolo che la scrittura riveste oggi nella mia vita, non potrei spiegarlo meglio che con i versi della lirica “La stilo dello spirito” contenuta in “Volti che confondono”, di cui riporto qualche frammento: (…) Scrivo /esplorando sentieri incerti / la suola delle scarpe / che la scrittura calza / lascia impronte che non invadono / mirano a saggiare / ad agguantare. (…) La scrittura uno strumento che si rende necessario per indagare e per studiarsi, uno strumento che non risulta mai invasivo, ma sempre produttivo, scandaglia, apprende, seleziona, aggiunge. La scrittura è la mia fonte di ricchezza interiore, quella che non posso sacrificare in favore di alcunché, non potrei e non vorrei mai rinunciarvi.

Ci parli della sua silloge, come è nata e perché ha sentito l’esigenza di scriverla: “Volti che confondono”, il mio terzo ed ultimo libro pubblicato è una raccolta di poesie divise in sezioni, come ho fatto anche per il precedente, per raccogliere e “ordinare” i testi che sono accomunati dalle stessa carica emotiva, dalle stesse caratteristiche, come a voler creare una sorta di escalation sentimentale, un’evoluzione. Un viaggio che dopo diverse soste approda in un luogo dove si sceglie di fermarsi non sentendo più l’esigenza di ripartire, come se lo scopo del percorso compiuto, manifestato e realizzato. Pertanto, “Volti che confondono, ma sola mai mi lasciano”, nasce dall’esigenza di voler tracciare per poi lasciar sedimentare, l’essenza dei volti incontrati, per non lasciarla svanire via con l’avanzare del tempo; mi accompagnerà per la vita e oltre, come un’istantanea.

Qual è il poeta o poetessa da cui potrebbe trarre spunto o che le ha dato l’energia per la scrittura? Gli autori, poeti e poetesse che ho apprezzato e amato particolarmente, sia nostrani che esteri, sono Nazim Hikmet, Alda Merini, Charles Bukowski, Antonio Spagnuolo, Patrizia Cavalli; ci vorrebbe un elenco troppo lungo e corposo per citare tutti gli autori che hanno influenzato e dato spunto alla mia scrittura. Autori che con la lettura delle loro opere meravigliose mi hanno fatto dono di gemme preziose, che custodisco con cura, cercando di trarne insegnamento, di farne tesoro come autrice e nelle vita di tutti i giorni. La poesia, ma la letteratura e l’arte in genere, prima di tutto, impartiscono come essere persone migliori, consentono un’evoluzione interiore che non sarebbe possibile se ce ne privassimo.

In Italia la letteratura non ha vita facile: ci sono più scrittori che lettori. Qual è la sua opinione? L’argomento è complesso e analizzarlo non è cosa semplice; ci sono tanti fattori che concorrono a ingarbugliare la cosa. La frenesia del quotidiano, i ritmi sempre più veloci, non favoriscono di certo attività come la lettura, che richiede calma, impegno, serenità; quest’ultima la vedo sempre meno nei volti che incontro, a favore di un’irrequietezza che invece accresce. La lettura, inoltre, favorisce l’introspezione e ho come l’impressione che si abbia un leggero timore a guardarsi dentro, vedersi a fondo. La lettura è terapeutica, fa del bene, ma bisogna provare per crederlo; nelle scuole, e prima ancora in famiglia, si dovrebbe educare i bambini, i ragazzi a questa attività, dando loro l’opportunità di farne esperienza diretta.

Ha già in mente una nuova silloge? Dopo la stesura di “Volti che confondono”, e ancora prima di “Contraddizioni illusorie” ho scritto diverse altre poesie, che per numero, potrebbero dar vita già ad una nuova raccolta, ma vorrei dar tempo loro di sedimentare e respirare ancora un po’. Vorrei cosi, dare modo anche a me stessa, di assecondare il desiderio di cimentarmi in atri progetti, di fare un ritorno alla narrativa, come avvenuto per il mio primo libro pubbblicato, il romanzo corale “La stagione del cambiamento”, tutti editi da Europa Edizioni.

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