Il governo Meloni, in carica dal 22 ottobre 2022, è già tra i governi più longevi della storia repubblicana, e, sentendo le forze di maggioranza, sembra del tutto propenso a rimanere al potere per tutta la durata della legislatura senza alcun cambiamento, cosa pressoché del tutto inedita in Italia. Questo, visti i numeri di cui Fdi, Lega e Forza Italia godono in entrambe le camere. Determinante anche lo stato del tutto frammentario dell’opposizione, al momento incapace di presentarsi come una credibile alternativa. Ciò, fa pensare che forse questo governo, eccezion fatta per crisi all’interno della maggioranza, possa avere effettivamente le carte in regola per arrivare intatto al 2027, in assenza di crisi interne.

Infatti, seppur verso l’esterno, nel corso di questi due anni e mezzo di esperienza governativa i tre principali esponenti del nostro governo, la premier Meloni e i due vice-premier Salvini e Tajani, abbiano in più occasioni ribadito l’unità del governo, nei fatti, in tematiche molto rilevanti come politica estera (molto cara alla Meloni) e Europa, i tre non siano sempre (o quasi mai?) allineati. Allora può essere interessante approfondire le dichiarazioni dei leader delle tre forze di maggioranza per vedere se queste siano effettivamente conciliabili.

Iniziamo con il Mes (Meccanismo europeo di stabilità): dopo la bocciatura della riforma da parte della Camera il 21 dicembre 2023, l’Italia rimane l’unico Stato europeo ad averla respinta, rimanendo al funzionamento del meccanismo del 2013 e bloccando tutti gli altri paesi europei, poiché la riforma del Mes prevede la ratifica dei 27 Parlamenti nazionali per attivarsi. Su questo argomento, la maggioranza si presenta abbastanza unita, con qualche titubanza di Forza Italia. In questi ultimi giorni è infatti ripresa una campagna di pressione sul ministro Giorgetti da parte di altri ministri europei perché l’Italia si sbrighi a ratificare la riforma ma, per il momento, il governo non sembra intenzionato a farlo.

Meloni, fortemente impegnata in politica estera, ha definito il Mes “obsoleto” (Corriere della Sera), senza però parlare di quali siano le modifiche che ritiene necessarie per arrivare alla ratifica. Salvini, come spesso avviene, è ancora più tranchant: il Mes è un “cappio al collo” per l’Italia (Corriere della Sera) e bisognerebbe liquidare la quota italiana per investirla altrove, visto che la Lega non ratificherà mai la riforma. Forza Italia, tramite Tajani, cerca di allinearsi con i partner di governo: il Mes non è una priorità, ma FI non è in assoluto contraria, seppur sarebbero necessari degli strumenti di controllo democratico nella struttura del Meccanismo.

Parlando invece di Ucraina, campo di grande interesse per il governo, le posizioni dei tre leader sono più complesse. La premier, da quando è al governo, in più occasioni ha ribadito il sostegno italiano al Presidente Zelensky e alla resistenza ucraina, cercando di ritagliare per l’Italia un ruolo centrale nel panorama europeo. Tuttavia, nell’incontro “dei volenterosi”, svoltosi a Kyiv il 10 maggio, durante il quale Macron, Starmer, Merz e Tusk hanno incontrato Zelensky per arrivare ad una proposta congiunta per un cessate il fuoco, la Meloni ha partecipato da remoto. Questa potrebbe apparire come una differenza di poco conto, ma le immagini raccontano un’altra storia. L’assenza della Presidente Meloni confina l’Italia in un ruolo diverso da quello che fino ad ora è stato ricercato e voluto, un ruolo marginale, di secondo piano. Probabilmente anche Tajani si è stupito di questa assenza: a chi gli chiedeva il motivo, il vice-premier ha risposto “Chiedetelo a lei” (il Foglio), evidentemente non felice della scelta della premier. In seguito il leader di Forza Italia ha cercato di aggiustare il tiro, ribadendo “l’unità d’intenti della maggioranza di governo”. La posizione di Tajani resta molto diversa da quella di Salvini: infatti, se Forza Italia vorrebbe che l’Europa giocasse un ruolo centrale per la pace in Ucraina e in Medio Oriente, Salvini ha dichiarato che, per quanto riguarda la pace in Ucraina: “la partita è a tre: Ucraina, Russia e Stati Uniti” (Fatto Quotidiano), augurandosi, inoltre, che “in qualche palazzo europeo non ci sia qualcuno che vuole boicottare questo percorso”. Non due posizioni particolarmente conciliabili.

Il tema in cui forse la maggioranza è più divisa, è quello del riarmo. Il piano ReArm Eu, proposto dalla presidente dalla Commissione europea Ursula von der Leyen il 4 marzo, ha spaccato le forze di maggioranza, soprattutto tra la Lega, con Salvini che ha pronunciato un sonoro no al piano di riarmo europeo, e Forza Italia, più favorevole al piano.

Salvini ha dichiarato l’intenzione di proporre un’iniziativa al gruppo dei Patrioti (patriots for Europe, PfE) per invitare la Commissione a spendere gli 800 miliardi previsti da ReArm Europe in altri campi. Questa dichiarazione di intenti stride abbastanza sia con le dichiarazioni di Meloni, che ha criticato i leader politici che vorrebbero “una grande comunità di hippie demilitarizzata” (Ansa), sia con quelle di Tajani, che in risposta al leader della Lega ha affermato: “Abbiamo bisogno di costruire, non di sfasciacarrozze”. La posizione della Lega è quindi più vicina a quella ultra-pacifista del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, assolutamente contrario all’aumento del budget per la spesa militare e di ulteriori spese per sostenere lo sforzo bellico ucraino.

L’intento di questo articolo non è quello di fare profezie e ipotizzare o augurare la caduta del governo: questo tipo di dichiarazioni non per forza (spesso mai) portano a vere e proprie crisi, perché a nessuna delle tre forze di maggioranza conviene e converrà mai far cadere il governo, rischiando di perdere tutto. Quello che però risulta da queste dichiarazioni è la lontananza, spesso non marginale, dalle dichiarazioni dei due vice-premier, lasciando a Meloni l’onere di riconciliare e tenere la barca a galla. Il comportamento da paciere della premier è dato ovviamente da necessità politiche: sia la Lega sia FI sono necessarie per mantenere la maggioranza in Parlamento. Questo lascia campo libero a Salvini di fare dichiarazioni apertamente contro la linea governativa, o anche di richiedere un altro ministero (quello dell’Interno), evidentemente per lui più interessante rispetto a quello che già ricopre.

Il ruolo della Presidente Meloni come ancora del governo per il momento ha funzionato, ma la sua ambiguità rispetto al ruolo che lei vuole che l’Italia giochi nello scacchiere internazionale non potrà proseguire per sempre. Vuole un’Italia convintamente europeista che ricerchi insieme ai partner europei uno spazio che l’UE possa ricoprire autonomamente, o vuole l’Italia amica degli Stati Uniti, dove Trump è convinto che l’Unione Europea sia nata per fregarli (la Repubblica)? Quando arriverà a scegliere, perché dovrà scegliere, è possibile che Forza Italia voglia la prima opzione, mentre la Lega, sempre più adulatrice di Trump, voglia la seconda: la Meloni sarà in grado a quel punto di mantenerli insieme? Bisognerà aspettare per saperlo.

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