Il 25 Aprile è il Giorno della Liberazione, ricordo della liberazione delle città di Torino e Milano da parte dei partigiani del Fronte di Liberazione Nazionale dall’occupazione nazifascista. Il 2025 segna l’ottantesimo anniversario di una delle giornate che più ha segnato la storia del nostro Paese, e oggi più che mai è fondamentale cercare di spingere la mente verso il sentimento che ha ispirato le azioni dei partigiani che hanno liberato il Nord Italia, un sentimento che li ha portati a sacrificare la propria vita nella speranza di un futuro migliore: la Resistenza.
La Resistenza non è il mero atto di non fare qualcosa, bensì, intesa in questo senso, è un rifiuto assoluto di lasciar correre qualcosa che va contro i nostri valori e quello in cui crediamo, superando la nostra sfera personale. Non è Resistenza solo opporsi a qualcosa che tocca noi e i nostri cari: la Resistenza c’è quando quel qualcosa influenza tutti. Il fascismo è (ed è stato) un male che si nutre dell’indifferenza, di coloro che non si oppongono finché il proprio piccolo mondo non è intaccato, prolifera e fiorisce tra le divisioni politiche e sociali in cui si può inserire, favorendo il conflitto. La Resistenza è stata il vaccino di questo virus, il rifiuto totale dell’apatia che il regime fascista favoriva: resistere voleva dire per un comunista dover lavorare e morire combattendo con un democristiano, un socialista con un liberale, e così via: il 25 Aprile, l’Italia che resiste era unita.
Lo spirito della Liberazione e della Resistenza ha sospinto il processo democratico nell’immediato dopoguerra, favorendo l’instaurazione della Repubblica e il processo costituente. Molti dei nostri padri e madri costituenti erano in precedenza partigiani, e nelle loro menti il sentimento della Resistenza era molto forte nei mesi di lavoro dell’assemblea Costituente. Nello studio della storia, tendiamo a “leggere” la storia del nostro dopoguerra come se la democrazia fosse l’unica soluzione, una certezza: in realtà, i costituenti non erano dello stesso avviso. La democrazia e la Repubblica nei vent’anni precedenti erano stati soltanto un sogno per chi aveva il coraggio di opporsi al regime, e le nostre istituzioni, deboli dopo il conflitto, non erano né stabili né tantomeno predisposte a questo nuovo sistema. L’assemblea Costituente necessitò di due proroghe dei tempi previsti per la conclusione dei lavori, questo perché le tre maggiori forze politiche, i democristiani, i comunisti e i socialisti, avevano posizioni di partenza molto diverse su molteplici punti: bicameralismo o monocameralismo, Corte Costituzionale, Regioni, forma di governo, e tanto altro ancora. Tuttavia, l’assemblea non si sciolse mai.
Così non avvenne nell’assemblea “gemella” di quella italiana, l’assemblea Costituente della Quarta Repubblica francese: la prima bozza di Costituzione non passò il referendum e la Costituente si sciolse, e con un nuovo voto fu ricostituita. Le forze politiche non riuscirono a trovare un accordo ma, vista la forte e antica tradizione democratica dello Stato francese, poterono permettersi di far cadere questa prima assemblea. In Italia invece, questa stessa tradizione non c’era, e i nostri costituenti lo sapevano molto bene: per questo impedirono che la stessa situazione avvenuta in Francia si ripetesse, superando l’impasse, l’Italia non poteva permetterselo. È stato il ricordo della Resistenza, degli ideali che essa aveva ispirato, a guidare i nostri costituenti verso la nostra Costituzione, un ricordo che ancora una volta superò le divisioni politiche per la realizzazione di un progetto (e di un sogno) comune.
La nostra Costituzione è il frutto della Resistenza, e, per chi la cerca, questa si vede dappertutto lungo il testo Costituzionale, già al primo articolo:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
La Costituzione è la realizzazione della Resistenza, ed esiste perché mai più possa succedere l’immensa tragedia che è stato il regime fascista. Un altro articolo fondamentale, forse non sempre capito, è l’articolo 11:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa, ma è plausibile che un’assemblea composta da partigiani possa aver incluso la Resistenza nel ripudio della guerra? Oggi molti popoli combattono e resistono contro regimi oppressivi, e chi ha a cuore la Resistenza partigiana e la Costituzione, non può che sperare che un 25 Aprile arrivi presto anche per loro.
Buon 25 Aprile, viva la Resistenza.