Il Complesso del Vittoriano presenta l’esposizione dell’artista “spartiacque”. Il padre del cubismo e il “rivoluzionario” dell’impressionismo. Una mostra eterogenea dove è percepibile sin dai primi dipinti un’evoluzione di stili. Nei quadri presenti in sala è ben chiaro che Cézanne mantiene solo alcune peculiarità dell’impressionismo visivo e della libertà dei colori osando molto di più e aprendo la strada a forme e volumi che saranno rievocati dai cubisti e da altre correnti artistiche del ‘900. Claudio Palazzi

È risaputo che l’arte influenza l’arte e così, come Cézanne è stato indirizzato dai grandi impressionisti del suo passato, così pittori del XX secolo riconoscono nell’artista francese la paternità della loro professione. Tra questi artisti molti sono italiani e la mostra del Vittoriano propone proprio questo raffronto tra il maestro e altri artisti del ‘900 influenzati dalle sue opere. Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Gino Severini, Afro e Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello sono alcuni dei nomi presenti con i loro quadri. Ma i veri protagonisti al Vittoriano sono i colori e la forma che si traducono in opere che intrecciano l’astratto con il concreto. Le differenze tra il maestro e gli artisti italiani è comunque palpabile e in molti casi è dovuta alle esperienze che nel ventesimo hanno inevitabilmente segnato lo stile e la sensibilità di molti artisti come le grandi guerre.

Tornando al discorso sull’essere influenzati nel proprio lavoro artistico, Paul Cézanne, studente francese dell’Académie Suisse, prende spunto nella sua giovinezza dalle infinite opere esposte al Louvre.  Inevitabile poi l’influenza esercitata su di lui dai grandi artisti che frequentò nell’arco della sua vita come:  Pissarro, Degas, Renoir, Monet. Pur seguendo e ammirando questi impressionisti Cézanne se ne distanziò (stilisticamente parlando) affrontando oltre ai temi della luce e del colore anche quelli della forma e dello spazio. Questo atteggiamento è stato causa di dura critica nei confronti delle sue opere (del resto non è la prima volta che il genio venga compreso post mortem o poco prima del trapasso) e solo la sua agiatezza economica gli ha consentito di continuare a perseverare nel suo lavoro personale. Ma fu anche per questa refrattarietà nel mettersi in discussione che l’artista si chiuse in se stesso senza esibire le sue opere in grandi mostre se non pochi anni prima di morire.

Ciò però non precluse l’attitudine dell’artista al genio e all’innovazione. L’arte e la tecnica di Cézanne ha fatto uso del colore molto caro agli impressionisti con l’aggiunta di diverse sue peculiarità. Alcuni esempi potrebbero essere la sovrapposizione dei cromatismi senza mai mischiarli e una nuova visione prospettica, con particolare interesse ai volumi soprattutto il cono, il cilindro e la sfera di cui l’arte cubista fece tesoro, prima fra tutti la produzione di Picasso. Riguardo la tecnica che usava Cézanne per non sbavare i colori una curiosità è che sfruttava un’arte certosina che metterebbe alla prova la pazienza di un monaco buddista, ogni puntino di colore che era alla base e che rischiava di mischiarsi con il puntino che gli veniva sovrapposto (una caratteristica fondamentale della sua tecnica) veniva lasciato seccare per evitare sbavature e in seguito veniva applicato il puntino con il nuovo colore. Inoltre alcuni stili di Paul sono stati dettati dai suoi stati d’animo. E’ risaputo il suo cruccio nel non riuscire a comunicare con il gentil sesso e con colori cupi stilisticamente vicini all’espressionismo Paul manifestava questa sua amarezza.

La mostra del Complesso del Vittoriano si mostra particolarmente interessante proprio per l’originale idea di mettere a confronto la musa ispiratrice che è stato Cézanne per alcuni artisti a noi vicini e le loro opere. Vicini sia perché nostri coevi sia perché connazionali. La galleria è il compendio di un’evoluzione della tecnica pittorica da fine ‘800 a metà ‘900, partendo dalla terra dei nostri “cugini d’oltralpe” per arrivare  a noi.

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