La Ville Lumière. Parigi,  città dell’amore. Sinonimo della capitale francese che ha fatto innamorare ed ha emozionato infiniti viaggiatori, artisti, intellettuali. Robert Doisneau è uno di questi. Il fotografo di fama mondiale l’ha amata come si può amare una meravigliosa donna e ne ha fatto la sua musa ispiratrice nella forma d’arte che gli riusciva meglio: la fotografia. Inevitabile che il suo tema principale sia stato quello di ritrarre scene di  vita quotidiana della città, perché questo lui amava: la bellezza e la semplicità del quotidiano. Ritrarre bambini che giocano, passanti che attraversano nel traffico, baci appassionati nel mezzo della folla, l’esibizione di un’artista di strada erano per Doisneau fonte di ispirazione per un prodotto di altissima qualità. Del resto Robert è conosciuto come il padre dell’umanismo fotografico.

Il profano non pensi che fotografare la quotidianità sia impresa facile. Infatti ritrarre gente comune, città o monumenti può portare facilmente a produrre materiale banale e insignificante. Doisneau riesce invece a trasmettere le sue emozioni e il suo coinvolgimento attraverso ogni scatto. Il segreto di  Doisneau  è quello di mettere un pizzico di ironia in gran parte dei suoi lavori. Questa peculiarità è facile notarla nella raffigurazione dei piccioni che con tutta naturalezza coprono di escremento i fieri busti di grandi generali della storia come: Murat, Carnot o Jurdan. Immortalare con un pizzico di scherno i “colleghi” turisti che fotografano Place de la Concorde. Burlarsi  con simpatia dei mestieri dei parigini, dal macellaio al venditore ambulante. Esilarante è il lavoro che ritrae le diverse reazioni degli spettatori in contemplazione davanti alla Gioconda. Nella “semplicità” è celato uno studio e un’abilità che solo pochi fotografi nella storia hanno posseduto.

Chi ha la fortuna di poter visitare la mostra di Doisneau sarà trasportato nella capitale francese e avrà una desiderio irrefrenabile di goderla al più presto per provare nuovamente dal vivo queste emozioni. Le foto esposte al Palazzo delle Espozioni a Roma ripercorrono un arco temporale che va dal 1934 al 1991,  tre anni prima della scomparsa dell’artista. Una testimonianza storica del passaggio di più generazioni che hanno reso la città viva e poliedrica. Del resto Parigi è stata dimora nei secoli di poeti, scrittori, artisti, politici, filosofi e rivoluzionari che hanno scritto la storia e che hanno ispirato e ispireranno sempre un fermento di cui sono imbevuti vicoli, monumenti, residenti della città. Il fotografo che più di tutti i suoi colleghi ha amato Parigi sentitendola sua, con i suoi lavori vuole condividerla con il resto del mondo: “Con il suo continuo strusciarsi contro l’arredo urbano la popolazione di Parigi ha conferito alla città quella patina che abbiamo finito per amare. Anch’io con il mio continuo passare in su e in giù, ho totalmente contribuito alla lucidatura delle suppellettili stradali e,  per la prima volta nella mia vita, provo un vago senso di possesso. Intendo tuttavia situarmi nella rara specie dei proprietari liberali e spalancare a tutti le porte della città”.

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