La festività nazionale del Primo Maggio è da sempre un tema caldo della politica nazionale e romana, specie attraverso una delle sue voci, il cosiddetto “Concertone”. Se nel 2011 era stato Caparezza a scuotere gli animi con un’esecuzione di Non siete stato voi, poi divenuto inno ufficioso dell’antiberlusconismo, oggi tocca ai Patagarri farne palco del movimento propal. Il Primo Maggio è, però, anche se osservato solo nella sua declinazione romana, un contesto dalla geografia politica variegata. Proviamo a vedere perché.

La festa del Primo Maggio

Il Primo Maggio è, come noto, un’importante festività nazionale, le cui origini sono però oltreconfine. La Festa dei Lavoratori, infatti, nasce nel 1889 in Francia, ad opera della Seconda Internazionale socialista, dopo che a Chicago, nel cosiddetto Haymarket Affair. Il termine si riferisce all’uccisione, da parte delle forze dell’ordine statunitensi, di alcuni operai, coinvolti negli scioperi che allora animavano la forza lavoro del paese, al fine di richiedere la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore e il divieto di utilizzare i detenuti come lavoratori.

In Italia, la festività arriva nel 1890, ma viene soppressa dal regime fascista a partire dal 1923, che sposta la data al 21 aprile e la rinomina Festa del Lavoro Italiano, con il duplice scopo di legare la data a quella della presunta fondazione di Roma e di spezzare i legami del Primo Maggio con la sua origine socialista. La normalità verrà ristabilita nel Secondo dopoguerra, anche a causa del sentimento di orrore suscitato dalla strage di Portella della Ginestra. Nel 1947, infatti, il bandito Salvatore Giuliano, forte dei suoi legami con i monarchici e con la mafia, ordinerà di sparare su alcuni manifestanti riuniti per protestare contro il latifondismo. Undici persone, di cui due bambini, moriranno lì. Un’altra spirerà più tardi.

Tre luoghi del Primo Maggio romano

Sebbene quella del Primo Maggio dovrebbe essere una festività ecumenica nella sua capacità di rappresentare tutti i cittadini, la geografia politica del nostro paese si rivela maggiormente complessa di quanto potrebbe apparire superficialmente. Analogamente a quanto avviene per il 25 Aprile, il Primo Maggio vede divisioni che portano a una separazione territoriale degli spazi dedicati alla sua celebrazione. Ne esemplifichiamo qui tre, particolarmente interessanti: Piazza San Giovanni e il suo Concertone; Il centro sociale del Forte Prenestino e la sua “Festa del non lavoro”; Largo Preneste e il corteo del Primo Maggio della Si Cobas.

La piazza del Concertone è ovviamente quella maggiormente nota. Spostata negli anni in diverse sedi, ha solitamente – e tutt’ora – sede in Piazza Giovanni in Laterano. Si tratta di un evento capace di attirare un pubblico molto vasto e di attirare, negli anni, oltre ad artisti indipendenti, anche figure di grande caratura internazionale. Soprattutto, il concerto è trasmesso in diretta dalla Rai, cosa che ha reso il Concertone un elemento canonico nei festeggiamenti del Primo Maggio. L’organizzazione è a carico dei sindacati confederati – CGIL, CISL e UIL, il che tende a connotarlo nella sfera della sinistra moderata.

Il concerto al Forte Prenestino (foto dell'autore, 2025=
Il concerto al Forte Prenestino (foto dell’autore, 2025=

Di tutt’altro avviso, sembra, la sfera che gravita attorno alla Festa del non lavoro organizzata nel contesto del Forte Prenestino. Cambia il genere di musica, ma cambia, forse, anche il tipo di pubblico, più vicino al mondo della sinistra radicale e dei centri sociali (il forte è oggi gestito proprio da un centro sociale). Cambia anche la copertura mediatica, con la presenza, ad esempio, di Radio Onda d’Urto. Tanto è lontana la Rai, quanto è lontano il centro storico e i suoi ampi viali. Siamo qui nel quartiere Prenestino-Centocelle, in un’altra sfumatura della sinistra e della politica, dove a dominare è la sua vocazione popolare e auto-organizzata, lontana, lontanissima dalla politica istituzionale e partitica.

Terzo e ultimo luogo capace di evocare la complessità politica di Roma è Largo Preneste. È qui che trova spazio il corteo che ospita, tra gli altri, il sindacato S.I. Cobas. Siamo ovviamente lontani dai sindacati confederati, ma anche dai loro numeri. Il corteo che parte da Largo Preneste, quest’anno, è stato particolarmente “corto”, scarsamente abitato, ed è parso povero di idee. Siamo più vicini alla variante comunista della sinistra radicale, nonché a quella filopalestinese.

Da questa pur superficiale prospettiva già si comprende come la distribuzione geografico-politica della celebrazione del Primo Maggio riveli le differenti anime della sinistra romana e nazionale, le diverse sfumature che a volte si mescolano tra loro, contaminandosi, a volte si scontrano, dando vita a faide e scissioni. Guardare alla domanda “Festeggiare il Primo Maggio come” offre un punto di osservazione privilegiato in tal senso, anche se forse la scelta di quale piazza abitare non esclusivamente deliberata e pensata, ma anche frutto di abitudini consolidate e vicinanza geografica.

Sindacati, operai e attivisti climatici

Storicamente, la difesa del lavoro, organizzata e rappresentata dai sindacati, ha guardato con sospetto al movimento ecologista, perché visto come una minaccia al mantenimento dei posti di lavoro[1]. Tale sembra la condizione odierna, dove le convergenze tra sindacati (confederati o meno) e attivisti climatici sono scarse, occasionali o limitate alle rappresentanze locali, un fatto problematico per gli attivisti, che invece gioverebbero di poter contare sul supporto dei lavoratori, capaci di avere un impatto diretto sulla produzione e dunque sull’economia.

Una convergenza era già stata operata dal movimento new global, che si era posto in dialogo sia con l’ambientalismo[2] che con i sindacati[3]. Oggi questa convergenza sembra persa, ma alcune indicazioni suggeriscono che essa stia iniziando a riemergere. Innanzitutto, un contatto tra mondo operaio e attivismo climatico è dovuto, oggi, al grande lavoro di GKN, che collabora oggi sia con Fridays for Future[4] che con Extinction Rebellion[5]. Forme di convergenza però coinvolgono anche i confederati. La CGIL, per esempio, ha elaborato assieme a Fridays for Future una piattaforma comune in vista del global climate strike dell’11 aprile scorso. La FIOM, invece, è parte della rete “A pieno regime”, cui partecipa anche Extinction Rebellion.

La parola chiave di questa convergenza è, potremmo dire, quella di just transition, una transizione cioè che miri anche a tutelare i posti di lavoro[6], specialmente quelli delle fasce sociali più deboli. Come si colloca, però, oggi, tale concetto nelle piazze del Primo Maggio? Una prima indicazione l’abbiamo avuta quest’anno: Extinction Rebellion ha scelto di dare vita a una mobilitazione di un’intera settimana – la “Primavera rumorosa”, fortemente sottorappresentata nei media nazionali – che si è chiusa proprio il primo maggio con la partecipazione al corteo di Largo Preneste. Molti attivisti si sarebbero poi spostati, individualmente, al Forte prenestino, ma questa è un’altra storia.

Ciò che resta sono i segnali, più o meno convinti, di una convergenza in corso, sintomo di una concezione del mondo del lavoro e della sua tutela che cambia col tempo e che, in discreto ritardo, si affaccia sulla questione del mondo ai tempi della crisi climatica. Quali saranno le conseguenze sul mondo del sindacato, sul lavoro operaio, sull’attivismo climatico, è tutt’ora da vedere.

Immagine copertina: Il corteo del Primo Maggio di Largo Preneste (foto dell’autore, 2025)

[1] M. Diani, Isole nell’arcipelago, Il Mulino, 1988, p. 67 e ss; D. McAdam, Social Movement Theory and the Prospects for Climate Change Activism in the United States, in “Annual Review of Political Science”, XX, 2017, pp. 200-201.

[2] P. Imperatore, M. Andretta, Vent’anni di movimenti: dalla globalizzazione al clima, in “Il Mulino rivista”, 1, 2025, p. 203.

[3] D. Della Porta, “Tra nodi e reti”, in D. Della Porta, I new global, Il Mulino, 2003.

[4] L. Zamponi, A. Ferro, G. Cugnata, Strikes, assemblies and blockades: The dynamics of repertoire change in grassroots climate action in Italy (2018-2023), in “Italian Political Science”, XVIII, 3, 2024, p. 264.

[5] T. Giachetti, ‘Non c’è giustizia climatica senza giustizia sociale’ – Studio antropologico del movimento ‘Extinction Rebellion’ in Veneto, Tesi magistrale presso l’Università di Padova, 2023, pp. 61-63.

[6] N. Gunningham, “Can climate activism deliver transformative change? Extinction Rebellion, business and people power”, in B. Richardson (a cura di), From student strikes to the extinction rebellion, 2020, p. 27.

Il Primo Maggio oggi, tra piazze separate e convergenze

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