INpressMAGAZINE Claudio Palazzi

Auto storiche e nuova legge di stabilità

Le auto storiche sono, per molte persone, un sogno vero e proprio, in quanto queste rappresentano un pezzo di storia dell’automobile.
Sono sempre di più le persone che possiedono un’automobile storica, e come per tanti altri tipi di mezzi di trasporto, come moto e auto classiche, anche quelle storiche devono essere assicurate. Il 2015 però rappresenta un anno di cambiamenti in merito a questo argomento: ecco tutte le varie novità che riguardano le auto storiche e la nuova legge di stabilità.

L’aumento degli anni.

Fino a pochi mesi fa, quando si parlava di auto storiche, si parlava di un veicolo che avesse almeno vent’anni di vita, ovvero costruito vent’anni fa.
Con la nuova legge di stabilità invece, in vigore da quest’anno, è stato cambiato il concetto di auto e moto storiche: questi veicoli infatti devono essere considerati tali solo se sono stati costruiti trent’anni fa.
Dunque è stato aggiunto un decennio alla classificazione dei veicoli storici: solo quelli costruiti nel 1985 quest’anno diventano di diritto auto storiche. Questa manovra è stata presa in quanto sono diversi i falsi veicoli storici, i quali magari venivano classificati come tali a causa di un’errore o svista, che agevolava di fatto i proprietari di questi mezzi.
Ovviamente, un veicolo per poter essere definito storico deve possedere altri requisiti: esso infatti deve essere in un ottimo stato, ovvero deve consentire al proprietario un viaggio sicuro e privo di intoppi.
Il motore viene dunque esaminato con attenzione, così come ogni altra parte meccanica del veicolo, in quanto questo non deve creare intralci o pericoli sia per il proprietario per le altre persone che transitano in una determinata strada.
Inoltre, è necessario che il veicolo sia registrato all’ASI, ovvero all’Automoto Club Storico Italiano, in maniera tale che quel mezzo venga riconosciuto come tale, ed al PRA pubblico registro automobilistico, che permette al mezzo stesso di poter circolare liberamente su qualsiasi strada.

Cosa occorre per assicurare questo veicolo.

Un’auto o moto storica dunque devono essere assicurate, per poter circolare su una qualsiasi strada e, anche sotto questo punto di vista, bisogna rispettare delle clausole importanti per poter assicurare il veicolo stesso.
Il proprietario del mezzo storico deve avere un’eta superiore o pari a ventitré anni: chi invece non raggiunge tale limite non potrà assicurare, col proprio nome, quel determinato mezzo.
Per poter procedere all’assicurazione del mezzo, occorrono ben tre documenti differenti: i primi due sono i due certificati prima citati, ovvero quello ASI ed il PRA, e il proprietario dovrà fornire anche un suo documento d’identità, affinché il mezzo possa essere assicurato.
Una volta che vengono prese in visione le eventuali polizze aggiuntive, come furto ed incendio, il proprietario di quel mezzo potrà firmare il contratto d’assicurazione, magari confrontando qualche preventivo di assicurazione per auto storiche di modo da poter scegliere la più conveniente, e circolare tranquillamente su una determinata strada senza che possano nascere dei problemi di qualunque tipo.

Alcune differenze con l’assicurazione classica.

Vi sono piccole ma importanti differenze con l’assicurazione per i mezzi normali: il primo riguarda nel fatto che la somma di denaro che si dovrà pagare per poter assicurare il proprio veicolo è assai inferiore rispetto a quella pagata per assicurare un veicolo non storico.
Quando si stipula il contratto di assicurazione, il proprietario non sarà l’unico che potrà guidare tale veicolo, ma anche altre persone potranno mettersi alla guida di quel mezzo, senza che il proprietario debba inserire i loro nominativi nella lista delle persone che possono guidare quel mezzo.
Infine, il premio assicurativo per le auto e le moto storiche non si basa sul bonus malus, ma solo ed esclusivamente su una somma di denaro fissa, che non subirà alcuna variazione col passare del tempo.

Assicurare un veicolo storico dunque non è molto complesso come tipo d’operazione, e permette alle persone di ottenere non solo diversi vantaggi, ma anche di poter guidare quel mezzo con grande tranquillità, qualunque sia la strada che si percorre.

“Emma. Alle porte della solitudine” di Giovanna Fracassi: l’importanza di ricordare le nostre radici

La tua effigie/ nell’opale iridescente/ splende/ s’aureola languida/ nel tenue crepuscolo./ Solo un baluginio/ nel buio di brace/ rimane”. Da “Effigie

Dopo “Arabesques”, “Opalescenze” e “La cenere del tempo” torna l’autrice vicentina Giovanna Fracassi con una  quarta silloge poetica, edita dalla medesima casa editrice, Rupe Mutevole Edizioni. “Emma” con sottotitolo “Alle porte della solitudine” è stato pubblicato nel gennaio 2015 nella collana editoriale Trasfigurazioni in collaborazione con Oubliette Magazine.

Senza dubbio una mente in continuo divenire, quella di Giovanna Fracassi, che non si ferma e anzi, offre al lettore una produzione copiosa.

Fin dai primi versi, si comprende che protagonista assoluta sia la solitudine, intesa non tanto in senso peculiare, bensì universale, in quanto caratteristica che accomuna l’essere umano. Brevi istanti di condivisione di cui si compone la vita, non evitano di percepire in maniera assordante questo sentimento. Vi è però un senso di speranza, che ci dice che niente è perduto, quell’”anelito all’infinito”, come lo chiama l’autrice, attraverso cui si riesce a dare un senso al dolore e alla mancanza. Nessuno nasce invano, ed ecco quindi che la lirica si trasforma in un inno che nega l’inutilità della vita e che rifiuta che essa sia tale. Ciascuno ha un compito ben preciso da svolgere, ed è come se il dolore attivasse i sensi. Attraverso la sofferenza, ci si sente vivi.

L’opera è dedicata alla madre, chiamata qui con un nome di fantasia, Emma. La donna è morta da anni, colpita dal morbo di Alzheimer. In maniera delicata l’autrice ci introduce su quella “soglia” dove lei ha dovuto rimanere, come figlia impotente, impossibilitata ad andare “al di là”. La solitudine della madre si erge quindi ad emblema di ogni solitudine, e riporta al tema del recupero della memoria, importantissimo per l’individuo, dal “ripostiglio del tempo”, di cui rimane un’eco in lontananza, sempre pronta per essere colta. E spesso nella poetica della Fracassi vi sono allitterazioni che si ripetono in maniera esasperata; oppure gruppi di aggettivi o di verbi, allo scopo di rendere quest’idea di eco che rimbalza. Che tutto torna e non è perduto per sempre.

Pure/ quei passi/ che ho inciso/ nell’anima/ sono rimasti/ nell’eco/ che sempre/ ritorna/ risuona/ rimbomba/ rimbalza/ risponde” da “Eco”.

Parole dure, come “stiletto”, “fendente” che ricorrono, danno l’idea di un’arma che agisca in velocità, a tradimento. Un colpo secco, inaspettato, ad arrecare un immane dolore. Proprio come avviene nella vita, coi suoi eventi ineluttabili. La poetessa quindi si fa strada e cerca il ricordo, e, attraverso l’urgenza dei suoi scritti, si impone di ripercorrere le proprie radici e di non essere mai dimenticata. Ma nonostante questo desiderio di continuare a vivere, fa fatica a ricongiungersi alle persone care, sebbene solo col pensiero.

Ho ascoltato le voci di cristallo/ disciogliersi nell’aria/ che scuote di rosso le rose appassite/ Eppure ancora non ti ho incontrato”. Da “Ho”.

La mente è strutturata come se si trovasse di fronte a labirinti in cui ci si incontra, ma con altrettanta facilità, tutto sfuma e ci si perde.

Il ricordo è riportato attraverso immagini bucoliche, di una natura sempre presente, che è benevola ma rimanda al duro lavoro nei campi, di generazioni passate. Nei ricordi di bambina la tristezza rimane in agguato, pronta a ghermire e a ricordare quel vuoto venuto col tempo.

In alcune liriche si avverte una voglia di “leggerezza”, la necessità di potersi fidare di qualcuno, affinché non tutto sia dolore. Salta all’occhio che il sangue in questa silloge non sia rosso, ma bianco. Forse perché il bianco, ricordando la pagina scritta, è più rassicurante, rappresenta un punto di “stasi”, di riflessione. Insomma, apre una possibilità che invece la crudeltà non concede.

Questo poetare, che prosegue per similitudini e si sviluppa in dicotomie, è in continuo divenire. Una sperimentazione che include parole provenienti dal mondo della musica e assonanze con termini utilizzati da poeti antichi, fra tutti Leopardi.

nella foresta più vergine/ dove lo sguardo si smarrisce/ dove la mente si spaura/” da “Foresta”.

Vi è un profondo desiderio di avere risposte, in questa raccolta poetica di Giovanna Fracassi, che siano domande poste ad un amore, al padre, alla madre, ai figli o alla vita di tutti i giorni. La ricerca di un registro linguistico che sia d’impatto. Che prima ancora di arrivare col concetto, arrivi al lettore per il suono. Come la musica, così importante e colonna sonora dell’esistenza.

E concludo con una poesia che ho particolarmente apprezzato, perché credo compendi tutto.

Narro a me stessa/ la bugia/ che voglio sia mia/ ma/ mi manchi/ ancora/.” Da “Bugia

 

Written by Cristina Biolcati

 

Info

http://www.rupemutevoleedizioni.com/

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http://www.rupemutevoleedizioni.com/letteratura/novita/emma-alle-porte-della-solitudine-di-giovanna-fracassi.html

 

Fonte

“Emma. Alle porte della solitudine” di Giovanna Fracassi: l’importanza di ricordare le nostre radici

IL POTERE LOGORA CHI NON HA UN NEMICO

C’è un filo conduttore tra gli eventi politici che stanno accadendo in Italia e in Libia in questo periodo. L’adesione di gruppi sulla carta diversi tra loro (Lega Nord, Fratelli d’Italia, Casapound) alla manifestazione indetta a Roma il 28 febbraio evidenzia senza dubbi la fragilità emotiva della folla, soprattutto in tempi di crisi, a proposito di temi quali l’immigrazione e la possibile aggressione di popolazioni straniere. Le scelte, le idee, le parole del leader del “Carroccio” Matteo Salvini rendono lampante la formazione ideologica di un consistente blocco unico di partiti politici della destra italiana, spostando quindi il fuoco dell’attenzione dalla ristretta realtà territoriale della “Padania” per cominciare a parlare, con un respiro più ampio, di “nazione”: è questo di fatto un passaggio dall’essere un partito trasversale del Nord Italia all’essere un partito chiaramente di destra esteso fino al Mezzogiorno. Ma per unire formazioni abitualmente separate c’è bisogno di un collante, un cemento: niente di meglio che trovare dei nemici comuni da combattere; oltre alla ormai “vecchia” Unione Europea, il più grande mostro da uccidere sembra essere il “focolaio” dello Stato Islamico sulle coste della Libia.

La situazione drammatica dello Stato nord-africano è il risultato della colpa e dell’incuria politica di molti. La guerra civile che sta attraversando il Paese libico è salita alla ribalta della cronaca quotidiana per la presenza di milizie affiliate all’Isis e si è giunti a un tale insostenibile livello di conflitto per la popolazione da causare un’ingente fuga dalle coste africane a quelle italiane. Ma sarebbe miope, semplicistico e storicamente inesatto indicare la causa generatrice di tutto solamente nella presenza delle truppe del “califfato”.

Era il 2011 quando la rivolta popolare contro il regime di Gheddafi fu caldeggiata in prima istanza dalla Francia di Sarkozy interessato ad acquisire una posizione di maggior rilievo politico-economico nel campo dell’energia e del petrolio nella zona del Nord Africa e in seguito dagli alleati inglesi e americani, con analoghi interessi anche se meno imponenti. Anche dall’Italia pronta a smentire il tanto chiacchierato Trattato dell’Amicizia stipulato a Bengasi solo nel 2008 proprio con la Libia. Tale documento redige il “perdono” libico per le colpe fasciste in cambio di un tanto ingente (5 miliardi di euro) quanto discusso indennizzo, ma soprattutto una base per determinate esclusive e accordi di natura economica e commerciale, scambi che dopo le restrizione decise dall’ex-leader libico nel 1970 erano divenuti controversi.

Quattro anni fa l’Italia non riuscì a fare quel lavoro di intermediario anche oggi auspicato da Renzi tra le due fazioni dello scontro e la situazione, una volta eliminato Gheddafi, scivolò in un caos dovuto all’abbandono delle forze esterne che l’avevano causato e al vuoto di potere di un governo che per 42 anni si era basato solamente sulle decisioni autoritarie di un unico generale.

Ciò che in questo momento si sta verificando è una vera e propria guerra civile, a volte descritta erroneamente come anarchia, tra due schieramenti principali: quello in Cirenaica del generale Khalifa Haftar, ex collaboratore della Cia autoproclamatosi salvatore della patria libica e baluardo contro il terrorismo (Operazione Dignità è come ha battezzato la sua lotta), da molti accusato di voler essere solo il nuovo Gheddafi; quello di Alba libica, una coalizione di varie milizie, tra cui alcune di matrice jihadista, avente base nella zona di Misurata.

Alcune altre milizie invece, rampanti, aggressive e sempre crescenti anche per la qualità di addestramenti e armamenti, negli ultimi mesi si sono unite sotto la bandiera dell’Isis. Questa si è dimostrata una decisione utile a fare di sé un “faro” per il mondo musulmano radicale, ma incredibilmente utile anche a quella parte del mondo occidentale interessata, dopo aver contribuito alla degenerazione della situazione libica, a far esplodere un vero e proprio conflitto.

Evidente infatti quanto alla base di questa voglia di conflitto e delle motivazioni di tutti i protagonisti di questa storia ci sia soltanto la rincorsa agli interessi personali: per quello che riguarda il campo internazionale soprattutto la corsa alle risorse energetiche (ormai noti gli interessi petroliferi e territoriali dimostrati da Francia e Egitto), mentre nella ristretta visuale di “casa nostra” c’è chi dichiara la necessità dell’intervento militare in Libia e della cacciata del “nemico” immigrato, slogan utili a colpire le emozioni della gente per guadagnare voti ed acquisire ciò che tutti, ad ogni livello, desiderano in questa storia: il potere.

Le novità editoriali di febbraio 2015 della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni

“Un libro, per triste che sia, non può essere triste come una vita.” – Agota Kristof

Carissimi lettori, oggi vogliamo parlarvi delle novità editoriali dell’uscente mese di febbraio della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni, ormai al suo undicesimo anno di pubblicazioni.

Sono venti le collane editoriali della casa editrice, venti sono dunque le braccia che accolgono la diversità per condurre oltre i confini territoriali e mentali.

La denominazione delle collane è in linea con la politica della casa editrice, troviamo infatti: “Letteratura di Confine”, “Trasfigurazioni”, “Mappe di una nuova èra”, “Saggi”, “Rivelazioni”, “Poesia”, “Fairie”, “Atlantide”, “Oltre il confine”, “Scritti in scena”, “Sopralerighe”, “Heroides”, “Echi dalla storia”, “Visioni”, “Margini liberi”, “Echi da internet”, “Radici”, “Supernal Armony”.

 

Eccovi le novità editoriali del mese di febbraio 2015:

“Abbecedario di una ex buona a nulla” di Gabriella Montanari

Ma un abbecedario è anche una sorta di lista della spesa, un promemoria di quel che è bene aver sempre con sé, nella sporta della vita. Nella mia ho infilato i vivi e i morti preferiti, un paio di pensieri ossessivi a cui sono affezionata, qualche rompicapo esistenziale che spero mai risolvere e alcuni luoghi che non mi decido ad abitare o ad abbandonare per sempre. È quel “per sempre” che mi blocca. Credo. Ventisei lettere non sono tante, come non sono tante le cose o le persone di cui abbiamo davvero bisogno. O che per lo meno non ci sono d’intralcio. Lettere – ora iniziali, ora segni, ora metafore – che, se combinate insieme in tutti i modi possibili, consentono di giocare al grande Scrabble della vita. Lettere che riempiono le giornate, oltre che un dizionario. Tutto parte dall’essenziale e vi ritorna. Tra la A e la Zeta si trova spazio a sufficienza per il mare Adriatico, il tempo col suo fiato sul nostro collo, la solitudine e la morte, passando per il disagio mentale, l’olocausto, la stregoneria e l’aborto. Ma anche cosine più simpatiche e accattivanti, come il tradimento e l’amore saffico. Si può poetare su tutto e su tutti, senza esclusione d’inchiostro.

 

“Il non-Amore ai tempi di Facebook” di Enrico Nascimbeni (seconda ristampa)

Nascimbeni deve ringraziare il cielo per questo inarrestabile ballo di San Vito che è il suo modo di vivere, perché non può fare a meno un solo istante di pensarsi e di scriversi: se per assurdo si arrestasse potrebbe persino correre il rischio di essere felice e proverebbe un’insana vergogna di sé. Ora è pur vero che esistono uomini come lui un po’ ovunque e quelli là sì che son disperati, perché manco riescono a scriverlo quel che provano. Lui no, lui è un fortunato: la natura gli ha concesso un “link” così diretto tra cuore e penna da sconsolarlo e consolarlo in frazioni ripetute di attimi e stagioni che non ha nemmeno il tempo di capire che ripete un’identica inafferrabile “saudade” da sempre, col chiaro intento di non volerne venire mai a capo perché sarebbe la fine. Questa unica cosa che scrive in “non-poesia” (?), Enrico la scrive bene, molto bene, ma più ancora immagina bene quel che scrive, volando basso su scenari da pop-art, e banali ammennicoli mediatici e mettendo in atto dissociazioni, salti formali (anche uno a verso) consoni al suo “Pensare viaggi fermi” dove tutto è sparso e disseminato, niente diretto o rettilineo.

Dalla prefazione di Roberto Vecchioni

Copertina di Luca Allegrini

 

“Generazione meno X” di Enrico Nascimbeni (seconda ristampa)

Il libro di Enrico Nascimbeni è un puzzle. Un puzzle della sua vita. Un divenire di dialoghi e pensieri urlati. Un libro dove lo scorrere del tempo diventa il pentagramma della narrazione da cui si dipanano in un viaggio onirico presente, passato e futuro. Resoconto di una vita disperatamente vissuta nell’incontro – “disincontro” . Nell’incanto disincanto di se stesso. “ Amore dove sei, mi manco tanto e non riesco a scrivermi “ Ed è proprio attraverso gli amori che Enrico ci consegna i suoi conflitti. La sua voglia di vivere-non vivere. Le sue conquiste mai definitivamente conquistate. “ Moglie mia , pensò rosicchiandosi l’unghia del dito medio destro, ho attraversato il mondo per averti e ora sono ugualmente infelice e agitato.” “ Figlio mio dove andremo? … Vieni qua , fermati un attimo e aiutami ad invecchiare “ Enrico e le sue gimcane tra l’essere uomo adulto e l’atavico richiamo a tornare bambino. Lo scrittore e la perenne conflittualità tra l’esser figlio -marito-padre “perfetto” e l’essere ribelle per il resto della sua esistenza. Enrico Nascimbeni incarna il bisogno ancestrale di essere accolti e accarezzati per ritrovare il senso di protezione e sicurezza perduti o mai davvero interiorizzati … “ Padre mio aiutami, tra i libri infiniti, la grande cultura,le tue certezze abominevoli, il tuo vedermi sempre da lontano . Mi devi aiutare, Cristo, non riesco a crescere. “ “Madre devo parlare anche di te. Madre, maglia, mascarpone, male dentro, in questo cervello inquinato. … Vaffanculo mamma anche tu mi lascerai solo.” Insomma, lui racconta e si racconta senza farsi sconti . Dipingendo un quadro analitico della conflittuale e perenne ricerca di sé. In un continuo altalenarsi tra ciò che è e (come canta Guccini) : “ Quel male a cui non si da un nome … un’ ossessione circolare tra la volontà ed il non potere …” Ma la vera condanna per un artista come Enrico è continuare a “torturarsi il muscolo del sogno” ricordandosi la “ stella spiona” dei suoi perenni momenti.

 

“Rosanero” di Patrizia Stefanelli

Rosanero, il titolo della silloge. Un titolo di vitale armonia, dacché la vita è proprio la risultante di contrapposizioni che nel loro diacronico succedersi ne determinano la substantia: luce, buio; amore, odio; male, bene; Caino, Abele; spiritualità, materialità; Thanatos, Bios; ed è dalla fusione dell’eracliteo polemos degli opposti che nasce l’euritmica musicalità di questo poema. L’urgente forza creativa di Patrizia Stefanelli che tanto sa di tempo, di realismo naturistico, di passione, di barbagli e folgorazioni, di pienezza ontologica, di tutto ciò che coinvolge l’uomo in quanto tale. Un crogiolo di emozioni estemporanee o decantate in interiore homine che sentono il bisogno di guardare il sole, di respirare aria pulita, di cantare ex abundantia cordis quello stato di erotico stupore che dal reale decolla verso arditi approdi. E il tutto in una versificazione di polisemica energia fonosimbolica e metrico-semantica che niente ha di pleonastico né tanto meno di epigonismo, considerando gli accostamenti inconsueti e i picchi poetici di queste composizioni che evidenziano, tra l’altro, la maestria della Nostra nel giocare tra classico e moderno, tra verso libero e metricamente combinato, in una molteplicità di espressioni di genere vario.

Dalla prefazione di Nazario Pardini

Copertina di Luca Allegrini

 

Le raccolte di Rupe Mutevole: n^4 Enrico Nascimbeni

Nascimbeni deve ringraziare il cielo per questo inarrestabile ballo di San Vito che è il suo modo di vivere, perché non può fare a meno un solo istante di pensarsi e di scriversi: se per assurdo si arrestasse potrebbe persino correre il rischio di essere felice e proverebbe un’insana vergogna di sé. Ora è pur vero che esistono uomini come lui un po’ ovunque e quelli là sì che son disperati, perché manco riescono a scriverlo quel che provano. Lui no, lui è un fortunato: la natura gli ha concesso un “link” così diretto tra cuore e penna da sconsolarlo e consolarlo in frazioni ripetute di attimi e stagioni che non ha nemmeno il tempo di capire che ripete un’identica inafferrabile “saudade” da sempre, col chiaro intento di non volerne venire mai a capo perché sarebbe la fine. Questa unica cosa che scrive in “non-poesia” (?), Enrico la scrive bene, molto bene, ma più ancora immagina bene quel che scrive, volando basso su scenari da pop-art, e banali ammennicoli mediatici e mettendo in atto dissociazioni, salti formali (anche uno a verso) consoni al suo “Pensare viaggi fermi” dove tutto è sparso e disseminato, niente diretto o rettilineo.

Dalla prefazione di Roberto Vecchioni

 

Per pubblicare con Rupe Mutevole Edizioni invia un’e-mail (info@rupemutevole.it) alla redazione inviando il tuo inedito, se vuoi pubblicare nella collana “Trasfigurazioni” con la collaborazione di Oubliette Magazine invia ad: alessia.mocci@hotmail.it

 

Written by Alessia Mocci

Addetta stampa (alessia.mocci@hotmail.it)

 

Info

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Fonte

http://oubliettemagazine.com/2015/03/05/le-novita-editoriali-di-febbraio-2015-della-casa-editrice-rupe-mutevole-edizioni/