Nuovo avviso sul sito istituzionale del Ministero di Giustizia del 13 ottobre estrapolato dall’articolo 1, comma 600 della legge 147/2013.: “[…] i candidati sono tenuti al pagamento dell’ulteriore somma di euro 50,00 a titolo di contributo forfettario alle spese di esame […]”. Sono dunque altri 50 euro che vanno ad aggiungersi ai 12,91 euro sino ad ora previsti.
Tale somma deve aggiungersi alle spese necessarie per i testi di preparazione all’esame, oltre ad eventuali corsi a pagamento per prepararsi al meglio. Per sostenere le prove d’esame occorre stilare nei tre giorni d’esame rispettivamente: il 16 dicembre un parere civile, il 17 dicembre un parere penale e il giorno successivo un atto a scelta tra civile, penale o amministrativo.
I candidati dunque devono necessariamente munirsi delle più recenti edizioni dei codici commentati. Solitamente il prezzo di uno solo di questi testi oscilla tra i 90/120 euro. Gli Ordini degli Avvocati di alcuni Fori, come per esempio Roma e Napoli, organizzano annualmente dei corsi gratuiti di preparazione agli scritti, della durata di otto mesi circa. I suddetti corsi, rivolti ai praticanti avvocati di ciascun Foro, sono però a numero chiuso e talora privilegiano l’accesso ai più giovani.
Così i migliaia di aspiranti avvocati esclusi corrono ai ripari iscrivendosi ad esosi corsi di preparazione per superare le prove. Le previsioni per sostenere l’esame negli anni a venire non sono tra le più rosee. Invero non sarà più permesso l’uso dei codici commentanti, come citato nell’articolo 47 co. 7 della Legge n. 247/2012 che ha riformato la professione forense. In più sarà obbligatorio, per gli aspiranti avvocati, “ […] la frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge”, come riportato nella stessa normativa.
Un esame di abilitazione alla professione di avvocato, pertanto, va sempre più assumendo le fattezze di un vero e proprio concorso pubblico. Sono migliaia, infatti, ogni anno gli aspiranti avvocati che cercano di superare tutte e tre le prove scritte, per accedere così all’esame orale.
L’impressione è che che gli scritti siano sempre più una questione di fortuna e di disponibilità economica, piuttosto che di sola preparazione.
11 novembre 2014. 600€ di multa giungono nelle mani di un cittadino romano per aver circolato nella Zona a traffico limitato del centro della città. Niente di insolito se non fosse che la questione ha coinvolto il Sindaco della Capitale Ignazio Marino, colpevole di aver introdotto tra giugno e agosto la propria Panda rossa in una Ztl con un permesso scaduto e di non avere pagato neanche una delle 10 multe ricevute.
Il Primo cittadino di Roma, secondo la delibera 183/1996, ha diritto ha tre permessi la cui validità è stata ridotta ad un anno; alla scadenza del periodo previsto dunque il permesso deve essere necessariamente rinnovato.
La responsabilità materiale del ritardo che ha provocato questa insolita vicenda sembrerebbe da attribuirsi all’ufficio di gabinetto del Sindaco che avrebbe “dimenticato” di chiedere il rinnovo del pass dell’auto all’Agenzia per la Mobilità, provocando presumibilmente l’inadempienza del Sindaco. Quest’ultimo non ha esitato a denunciare l’accaduto ai carabinieri per un sospetto hackeraggio informatico nei suoi confronti, sostenendo che sarebbe sparita l’autorizzazione che consente alla sua auto di circolare liberamente nel periodo tra la scadenza e il rinnovo del pass.
Il senatore del Ncd Andra Augello, con un’interrogazione parlamentare al ministro Alfano,, ha presentato nei giorni scorsi la sua versione dei fatti sulle presunte multe “congelate e non pagate” da Marino, sostenendo che la vicenda è stata manipolata dallo stesso Sindaco e che non esiste nessun hacker. Dopo la conferenza parlamentare del senatore in questione, si è scatenato un vero e proprio putiferio politico che vede contrapposte le opposizioni capitoline, le quali premono per le imminenti dimissioni del sindaco, e i suoi fedeli collaboratori che invece ripongono tutte le accuse sul capo del Gabinetto Luigi Fucito, il quale però ha affermato che il Gabinetto è del tutto estraneo alla vicenda.
Il sindaco della Capitale nella giornata del 12 novembre ha convocato d’urgenza un vertice con i capogruppo della maggioranza in Campidoglio.
Multe non pagate, presunti ritardi, accuse di manipolazioni informatiche e chi più ne ha più ne metta: al di là della querelle quasi assurda che sta coinvolgendo Marino (e la sua Giunta), probabilmente ancora una volta un episodio singolare è stato preso come palla al balzo per esercitare pressioni politiche sul Sindaco della Capitale e sul suo operato, costantemente oggetto di ampie critiche.
La vicenda della Panda rossa e del ricorso che è stato esperito dal Sindaco per addossare le colpe dell’episodio all’inefficienza dei propri uffici coinvolti rappresentano a mio parere l’ennesimo episodio vergognoso che ridicolizza il nostro Paese a livello internazionale; un sindaco che non paga le multe (in un caso o nell’altro, Marino non le ha comunque versate), un ufficio ministeriale che non svolge (in teoria) diligentemente il proprio lavoro e una presunta manipolazione informatica volta a “incastrare” il Primo cittadino di Roma, un vortice di eventi al limite del ridicolo che impegna decine di troupe televisive a caccia dell’ultima novità e che rischia di far sprofondare Marino nelle tenebre delle dimissioni. In questo caso la legge è stata “uguale per tutti” oppure si è trattato realmente di uno stratagemma per infangare l’immagine del Sindaco?
Al di là delle ipotesi di hackeraggio, di manomissione dei database che gestiscono i pass di circolazione e dell’orgoglio politico che Marino vuole mostrare dinanzi alle pressioni mediatiche e strategiche delle opposizioni, non sarebbe stato sufficiente pagare i 600 € per mettere fine alla assurda vicenda e dare il buon esempio? Non dovrebbe il Sindaco essere il primo a rispettare le regole e a essere il punto di riferimento per le buone azioni dei propri cittadini?
Una frase: “Que el amor valga la alegría, no la pena” ed una firma, “Acción Poética en Chile”: hanno catturato la mia attenzione quando, connettendomi al più celebre dei social network, le ho viste in primo piano sullo schermo del mio cellulare.
Una frase scritta su un muro, in uno dei tanti quartieri di una città del centroamerica. Una frase che invita a pensare.
Mi colpisce, mentre la osservo da un altro continente e colpisce te che sei lì e mentre passeggi, vai a prendere il treno o vai a fare la spesa passi davanti a quel muro, la leggi e rifletti.
Ma a scrivere chi è? Chi è celato dietro quella firma? Cos’è l’ Acción Poética ?
Per scoprirlo dobbiamo indietreggiare di qualche anno, per l’esattezza fino al 1996, quando a Monterrey, una delle città più popolose del Messico, un poeta messicano di nome Armando Alanis Pulido fondò questo movimento.
Lo scopo: ricoprire i muri della città con frasi e poesie. Poesie prevalentemente d’amore, frasi ottimiste, spesso parti di canzoni.
Il messaggio, invece, è sempre e comunque quello della positività, del sentimento, del sorriso. Divieto assoluto è fatto a chiunque prenda parte scrivendo messaggi di propaganda politica o religiosa.
Sfondo bianco, frasi nere e l’immancabile firma dell’ Acción Poética ben visibile. E’ indicata, ovviamente, anche la ciudad.
Esatto, la ciudad, poiché dopo la sua iniziale nascita a Monterrey, il movimento ha attraversato le frontiere, raggiungendo ben ventitré paesi dell’america latina, poi la Spagna ed infine è da qualche anno che, sebbene in maniera decisamente ridotta, è presente anche in Italia.
E’ importantissimo sottolineare che il movimento non colpisce assolutamente i monumenti o le zone artistiche e storiche della città,
inoltre, per chiarezza, specifichiamo che “Principessa Perdonami, tuo C.” scritto con lo spray, sull’asfalto, davanti al condominio, non ha niente a che vedere con l’ Acción Poética, è probabilmente solo C. che deve farsi perdonare qualcosa (e che con buone probabilità dovrà farsi perdonare anche questo!).
Un altro elemento positivo che riscontro in questo movimento è che non è per nessuno ed è per tutti.
Mi spiego meglio; se, ipoteticamente, sul muro davanti al mercato peruviano di Pisac c’è scritto che “las mujeres son flores”, lo sono tutte!
E se siete titubanti sull’utilità della cosa, che dirvi, pensate ai sorrisi che faranno las mujeres!
Se volete informarvi meglio esiste un sito ufficiale, accionpoetica.com, e le foto sono rintracciabili un po’ ovunque, da Facebook a Twitter, ma a volte basta anche aprire Whatsapp; tre dei miei contatti hanno una di queste immagini come foto del profilo e a dir la verità anch’io, ma quale…non ve lo dico!
No, non parlo del cavallo di Troia che tutti abbiamo conosciuto sui banchi di scuola, ma di un cavallo un po’ più moderno, non in carne ed ossa e criniera al vento, ma di lucido bronzo e di spettacolare possanza.
Parlo, cioè, del magnifico cavallo che è parte integrante del Vittoriano, il monumento celebrativo da tutti conosciuto come l’Altare della Patria, per erigere il quale furono sacrificati un importante palazzo dei Torlonia e la Torre di papa Paolo III Farnese.
Racconterò, insomma, del brindisi augurale nell’insolito e curioso “luogo”, ma non trascurerò di riferire delle polemiche aspre che accompagnarono l’opera, prima, durante e dopo la sua inaugurazione.
Molte di queste polemiche sono conosciute dai cultori della materia e della Storia dell’Arte, ma non dal grande pubblico e dal turista che passando da Piazza Venezia resta strabiliato dalla grandiosità del monumento.
I fatti risalgono a più di un secolo fa, esattamente nell’anno di grazia 1911.
Fu, quello, un anno cruciale per il giovane Stato italiano ancora in fase di assestamento, ma lo fu anche a causa delle nubi di guerra che si stavano addensando sui cieli della Libia, ma ciononostante il 5 febbraio di quell’anno si volle dare al Paese unito un segno di ottimismo e si decise di darlo in maniera singolare e, perché no, anche divertente.
E passi se i lavori dell’intero complesso furono completati molti anni dopo.
Non è noto di chi fu l’idea, ma è nota la location, come usa dire oggi, tanto originale quanto bizzarra e divertente.
L’affollato brindisi si svolse nientemeno che nel capiente ventre del superbo cavallo di bronzo destinato ad essere collocato al centro del marmoreo monumento.
E chi furono quelli che alzarono i lieti calici?
Al festoso brindisi erano presenti le maggiori autorità di Roma, il sindaco Torlonia in testa, c’era il padrone (allora si diceva così e, forse, anche oggi) delle Fonderie Bastianelli e c’erano anche i suoi 21 operai.
Cin cin e alla salute dell’Italia unita!
A scanso di equivoci mi corre obbligo precisare che la cerimonia avvenne prima che il cavallo fosse chiuso e sono (quasi)certa che al suo interno non è rimasto nessuno.
Il monumento fu dedicato alla memoria del sovrano Vittorio Emanuele II e la statua equestre è una delle statue più rappresentative dell’intero complesso.
Pur essendo incompleto, perché mancante di tutte le altre figure allegoriche, il fatto rappresentò un momento importante per Roma, come del resto aveva già fatto epoca la posa della prima pietra nel lontano 22 marzo 1885, alla presenza dell’architetto Giuseppe Sacconi.
La cerimonia, sottolineata dal suono della marcia reale e dai rintocchi della campana del Campidoglio era stata particolarmente suggestiva.
I lavori, però, andarono per le lunghe a causa di eventi drammatici e straordinari come la Grande Guerra e le vicende politiche e istituzionali del Paese che investirono la capitale e l’Italia intera.
Al progetto iniziale del monumento furono apportati importanti cambiamenti e l’opera fu completata soltanto nel 1934 dagli architetti Kock, Manfredi e Piacentini.
Nel !921, però, sul monumento fu allestito l’Altare della Patria e venne tumulato un soldato sconosciuto, detto appunto Milite Ignoto.
Il Monumento non piacque agli esperti che si scatenarono in una gara forsennata a chi la sparava più grossa e fu definito di volta in volta in vario modo: dentiera, torta, macchina da scrivere ecc.
La definizione più aspra, però, venne dai Futuristi, nel 1913, prima ancora della dedicazione al Milite Ignoto, e fu una condanna tranciante e senza appello.
“ Un grande ed enorme pisciatoio di lusso che abbraccia dentro i suoi colonnati un pompiere indorato ed una moltitudine di statue banali fino all’imbecillità “.
La gente comune, però, a dispetto di questi crudeli epiteti, non si fece condizionare dalla critica né punto, né poco e la rappresentatività del monumento è rimasta immutata al punto che al giorno d’oggi, “l’Altare della Patria” è oggetto di ammirazione da parte dei cittadini e dei turisti, alla stregua della basilica di S: Pietro, del Colosseo e della Fontana di Trevi.
Anzi, italiani e stranieri fanno la fila per poter ammirare dall’alto del Monumento il panorama della città con le sue chiese, i suoi monumenti ed i suoi struggenti tramonti.
Ed è il benservito alla greve critica dei futuristi di Tommaso Marinetti.
Ma, attenzione, le curiosità attorno al Vittoriano non finiscono qui!
Ci sono, infatti, i sotterranei che vennero alla luce nel 1888, durante i lavori di scavo durante i quali si scoprirono dei cunicoli che sicuramente risalivano al tempo dei lavori fatti fare da Traiano quando cercò di dividere il Campidoglio dal Quirinale.
Dunque i lavori di fine ottocento proseguirono con una serie di scavi fino a sei metri di profondità e poi fino a 12 metri, dove furono trovati banchi di sabbia, pomice, argille fluviali ecc.
In conseguenza di ciò, quindi, furono fatti grandi lavori di consolidamento in vista di ciò che doveva essere costruito.
Non basta e, tanto per non privarci di altre sorprese legate alla storia del Monumento, aggiungo che negli scavi affiorò pure lo scheletro di un elefante che, però, si disintegrò quasi del tutto!
Oggi, grazie ai lavori operati dai Beni Culturali e Paesaggistici, queste cave, che in tempo di guerra servirono agli abitanti del luogo come rifugio antiaereo, si possono visitare perché tutto è stato messo in sicurezza, modernizzato e tutto è più confortevole: ci sono delle panche lungo i muri, dei bagni, dei punti di pronto soccorso e, naturalmente, c’è l’illuminazione elettrica.
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