A partire dal dibattito sui numeri identificativi per gli agenti in tenuta antisommossa, si passa immediatamente al contrattacco. Il ministro della giustizia Cancellieri dichiara che “Occorrerebbe fare delle norme più rigorose per chi nei cortei più volte crea disordini. Un po’ come ci sono per gli stadi, tipo il Daspo per i manifestanti”. C’è qualcosa di davvero eccessivo, che stride terribilmente nelle parole degli esponenti (tecnici o meno tecnici) del governo Monti, un’insufficienza che va analizzata a fondo. Le dichiarazioni del ministro non sono semplicemente inadeguate e miopi rispetto alle cariche durate più di un’ora il 14 Novembre a Roma o ai lacrimogeni “rimbalzati” sul cornicione del ministero di Grazia e Giustizia che SEMBRAVANO erroneamente piovere dai piani alti (invece alcuni agenti avrebbero sparato sulla facciata di un ministero?!).
Non lo sono nemmeno se confrontate con le immagini delle teste rotte, dei manifestanti presi a calci sul viso mentre erano a terra, delle ragazzine di 16 anni in lacrime colpite e minacciate.
Non lo sono nemmeno, pensate un po’, rispetto all’articolo 21 della Costituzione italiana, articolo che il nostro ministro credo conosca perfettamente e che tutela la libertà di manifestare il proprio pensiero attraverso la parola, lo scritto o qualsiasi altro mezzo di diffusione. Libertà garantita a tutti. Comprimere questo diritto attraverso un atto amministrativo, oltre che violare il buonsenso, viola la costituzione del nostro paese.
Ma non è nemmeno questo il punto: per arrivare al cuore della questione bisogna tornare alle piazze stracolme del 14 Novembre. Bisogna volgere lo sguardo verso Madrid e Lisbona, Milano e Torino, è necessario perdersi nei grandi cortei fatti a Roma ed in tutta Italia, negli occhi di una generazione che è scesa in piazza dalle decine e decine di scuole occupate in ogni città e dalle facoltà in “sciopero permanente” da giorni.
Una generazione che si oppone alla “troika” e alle imposizioni delle banche, che chiede a gran voce un’uscita diversa dalla crisi. Giovani e giovanissimi per i quali l’austerity non è una semplice parolina magica. Austerity vuol dire scuole ed università definanziate, ricerca agli sgoccioli, mancanza di spazi per studiare, aule che cadono a pezzi, biblioteche chiuse e corridoi che sembrano cantieri. La parola austerity per questa generazione richiama immediatamente la miseria del presente e il furto del futuro.
Dal 2010 i movimenti studenteschi cercano di aprire nuove strade, riempiono piazze con i loro corpi, con slogan e proposte, inventano nuove pratiche e non si accontentano di lamentarsi, hanno imparato che i diritti vanno strappati con tenacia giorno dopo giorno, che le alternative non vanno solo evocate ma praticate quotidianamente. Eppure di volta in volta sono bamboccioni, sfigati o mammoni, addirittura quando si ribellano diventano “professionisti della violenza” o, peggio ancora “25 stronzi”.
E’ proprio davanti a questo scenario che le parole del ministro Cancellieri diventano grottesche, beffarde e provocatorie. E’ solo un problema di ordine pubblico. La soluzione è un bel DASPO, lontano dai cortei come dallo stadio e nessuna questione rilevante, solo qualche scalmanato da sanzionare, tutto il resto può andare avanti.
Alle dichiarazioni del ministro Cancellieri però, sono già arrivate risposte molto chiare: in Italia ci sono centinaia di scuole occupate, cortei che continuano ad attraversare tutte la città ed un movimento che non accenna a volersi fermare e rilancia una mobilitazione per Sabato 24 Novembre.
Si riparte da li, da quelle centinaia di migliaia di persone nelle piazze di tutto il paese. Il messaggio che mandano è molto chiaro: ci sono alcune cose che non si possono vendere. Il nostro futuro, ad esempio, è inDASPOnibile.