Rapino è un paese in provincia di Chieti, alle pendici orientali della Maiella. La storia della locale produzione di ceramiche conta non più di un centinaio di anni – all’incirca dalla seconda metà dell’Ottocento alla metà del Novecento –, quanto basta per attestarsi come uno dei più importanti centri italiani nel settore, secondo in Abruzzo soltanto a Castelli, in provincia di Teramo.

Fedele Cappelletti (1847-1920) si è distinto – assieme ad alcuni altri ceramisti, si pensi a Basilio Cascella – per le doti artistiche e per la delicatezza delle sue opere. È considerato uno dei più grandi maiolicari e pittori di maioliche italiani, ed è stato l’ultimo grande artista dell’antica dinastia di maiolicari di Castelli spostatisi a Rapino, dove hanno aperto le prime botteghe.

Da giovane Fedele Cappelletti studiò disegno in una scuola di Chieti e arte all’Accademia di Napoli a stretto contatto col pittore Filippo Palizzi; tornato a Rapino iniziò a esprimersi lavorando la ceramica, assecondando un’intima inclinazione artistica che prese l’intera sua vita. Tornò a vivere nell’intimità della casa paterna e nella bottega del padre ceramista Fabio Cappelletti riprese processi tecnici e stilemi dell’antica attività maiolicara di Castelli e delle altre zone alle falde del Gran Sasso. La sua opera è stata portata avanti nell’antica bottega Cappelletti dal pronipote Fedele Vitacolonna fino agli anni ’70, ed è oggi portata avanti da Antonino Vitacolonna, figlio di Fedele.

La produzione ceramista al tempo – a Rapino come in ogni altra città italiana – comprendeva oggetti d’uso quotidiano e oggetti più ricercati, di solito richiesti dalle ricche famiglie della nobiltà e dell’alta borghesia. Buona parte dell’oggettistica, preziosa e no, era costituita da manufatti sacrali e votivi, spesso venduti nella grande festa popolare di Roccamontepiano – a qualche chilometro da Rapino –; sui banchetti si trovavano fischietti maiolicati, brocche dedicate ai santi – san Rocco tra tutti, molto adorato nella zona –, piatti comuni e grandi anfore dai dettagli fini e dorati.

Tra l’Ottocento e il Novecento Rapino fu uno dei centri di produzione di ceramica popolare più importanti d’Italia, le opere si distinguevano per le sottili foggiature, per la lucentezza degli smalti e per la vividezza dei colori. Fedele Cappelletti portò la ceramica abruzzese nelle principali esposizioni italiane del tempo – principalmente a Roma e a Torino – e all’Esposizione universale di Parigi del 1900. È possibile oggi scoprire la tradizione ceramista di Rapino presso il Museo della ceramica del paese. Se pur ricco di importanti testimonianze, il museo non ospita in pianta stabile le opere di Fedele Cappelletti, opere che fanno spesso ritorno a Rapino in occasione di alcune mostre – l’ultima del 2020, dedicata interamente all’artista; è possibile reperire informazioni sui prossimi eventi sulla pagina Facebook del museo.

Le opere di Cappelletti sono quasi interamente conservate presso il Museo nazionale di San Martino di Napoli; oltre numerosi piattini e tazzine, sono presenti anche un vassoio rettangolare, una zuccheriera e una caffettiera. Tutti gli oggetti sono finemente decorati con soggetti classicheggianti – putti alati e no – ed elementi vegetali – principalmente fiori e festoni di ghirlande. L’arte maiolicara di Rapino sembra esprimere la sincerità della sua terra, la lucentezza dei suoi paesaggi e la solennità dei suoi riti; i putti – individui puri che salticchiano sinuosamente in una terra lucente e feconda, in uno spazio rigoglioso e quieto – sembrano interagire col fogliame, col suolo roccioso e col cielo terso e luminoso; gli elementi naturali sembrano allo stesso tempo un’accogliente scenografia e un prodotto ridente del volo, della musica e del canto dei putti.

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