La già drammatica situazione tra Israele e Palestina è peggiorata in modo esponenziale a seguito dell’attacco su larga scala sferrato da Hamas il 7 ottobre 2023. L’attacco segna l’inizio dell’operazione “ Alluvione Al-Aqsa”, durante la quale sono stati lanciati numerosi razzi da Gaza a Israele. La risposta israeliana non tarda ad arrivare, e si rivelerà più dura del previsto, numerosi raid aerei giungeranno a Gaza, causando ingenti perdite di civili. Annunciata come mossa per colpire Hamas e altre forze palestinesi, si rivelerà ,invece, azione spietata verso anime innocenti, da anni martoriate dalla voglia di supremazia israeliana.
Le radici di questo conflitto risalgono a decenni di tensioni non risolte, con numerosi episodi chiave come la guerra dei Sei Giorni del 1967, l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e le successive guerre con i paesi arabi confinanti. L’assenza di una soluzione duratura al problema della creazione di uno stato palestinese indipendente continua ad alimentare il conflitto sotto gli occhi del mondo intero.
Le fasi successive del conflitto hanno rapidamente coinvolto ulteriori attori, tra cui l’Iran e Hezbollah. Storicamente l’Iran ha sostenuto le milizie palestinesi e Hamas, tramite aiuti finanziari e militari.Le recenti dichiarazioni del governo iraniano rappresentano una minaccia crescente di intervento diretto, soprattutto se gli attacchi israeliani a Gaza dovessero continuare. Teheran ritiene che la regione è come una “polveriera”, pronta a esplodere se non si fermano le operazioni israeliane. Questo ha sollevato il rischio di un allargamento del conflitto su scala regionale, con il coinvolgimento del Libano, dove Hezbollah, sostenuto dall’Iran, potrebbe aprire un nuovo fronte di guerra contro Israele. Numerosi fattori gravano sull’attuale situazione politica della regione, la tensione è ulteriormente alimentata dai raid israeliani in Siria, destinati a bloccare i rifornimenti iraniani a Hezbollah e ad altre milizie filo-iraniane. Questo scontro geopolitico potrebbe allargarsi, coinvolgendo non solo Israele, Palestina e Libano, ma anche potenze internazionali come Stati Uniti e Russia, entrambe con interessi nella regione.
La debole Autorità Palestinese, guidata da Mahmoud Abbas, ha perso influenza nei territori palestinesi a favore di Hamas. Questo ha indebolito le possibilità di negoziati, poiché Hamas, con il suo approccio militante, si oppone a qualsiasi compromesso con Israele. Dall’altro lato, il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, è profondamente nazionalista e ha adottato una linea dura contro i palestinesi, rifiutando ogni concessione significativa. Ciò che si evince dalla strategia militare israeliana, non lascia ombra di dubbio, l’obiettivo non è la sconfitta di Hamas come cellula terroristica ,ma l’annientamento della popolazione tutta palestinese.
Alle soglie dell’anniversario dell’ episodio che ha inasprito le tensioni già esistenti, assistiamo a una vera e propria violazione del diritto internazionale, segue morte di bambini, donne, civili innocenti.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha paragonato la situazione a Gaza al genocidio di Srebrenica, accusando Israele di crimini contro l’umanità e chiedendo che i responsabili vengano processati.
Recentemente gli attacchi aerei israeliani su Gaza hanno colpito diverse aree, inclusa una scuola-rifugio a Gaza City, provocando almeno cinque morti, tra cui due bambini e una donna. L’esercito israeliano ha dichiarato che l’obiettivo dell’attacco era una sala di comando di Hamas situata nell’edificio, ma la scuola ospitava anche sfollati civili.Inoltre, le operazioni israeliane stanno coinvolgendo anche il nord del paese, con una possibile espansione del conflitto verso il Libano e la Siria. Ogni vita persa, specialmente quella di civili, rappresenta un fallimento non solo per le parti coinvolte, ma anche per la comunità internazionale, che osserva senza riuscire a prevenire o fermare la violenza. I bambini, le donne e gli anziani sono tra i più vulnerabili. Gli attacchi contro scuole, ospedali e rifugi, come quelli recentemente colpiti a Gaza, sono un simbolo della crudeltà di questo conflitto. Quando edifici destinati a proteggere la vita diventano bersagli, il confine tra combattenti e civili si dissolve, mettendo a rischio migliaia di persone che non hanno alcuna responsabilità diretta nel conflitto. Non possiamo non chiederci, come può il mondo assistere a tali atrocità senza un intervento risolutivo?
Il ciclo di violenza sembra non avere fine, sarà forse il mondo ad essersi abituato a tali immagini di devastazione, che i social ci danno modo di vedere?
Dietro i dati, dietro i numeri di morti trasmessi al telegiornali, ci sono volti, vite spezzate, famiglie distrutte. La necessità di un cessate il fuoco immediato e di una soluzione diplomatica duratura è indispensabile, ma tarda ad arrivare.