Due settimane fa, dal 7 al 10 aprile si è tenuta la XXVIII edizione del Romics a Fiera di Roma. Ho pensato a lungo, in questa situazione di emergenza sia sanitaria che bellica, a come interpretare questo evento. Il Romics, infatti ha avuto un altissimo numero di visitatori: i biglietti venduti sono stati 100.000 in quella che è stata una delle prime grandi fiere della ripartenza.
La ripartenza, finalmente?
Ed è proprio “ripartenza” una delle due parole chiave di questo evento. Personalmente, ho scelto il giorno sabato 9 aprile per visitare la fiera, in quella che è stata una giornata di sold out. Dopo due anni di pandemia, chiusure, ingressi contingentati non ero più abituata alle folle e alle file chilometriche. Già dall’ingresso, anzi no, già nel treno con cui mi sono recata a Fiera di Roma, si respirava un’aria di spensieratezza e libertà. Origliando le conversazioni di gruppi di amici, di famiglie, di colleghi ho percepito una gran voglia di condivisione di passioni ed interessi in comune. Ma non solo, condividere è fondamentale anche per oltrepassare la propria comfort zone, aprirsi al diverso e, chissà, scoprire nuove cose.
All’ingresso Est mi si è presentata una fila chilometrica: ragazzi e ragazze (ma anche bambini e bambine, uomini e donne) in cosplay o vestiti con il merchandising del prodotto nerd che amano di più. Al Romics (giustamente!) non ci si vergogna delle proprie passioni, anzi! Le si sfoggia con orgoglio, in quello che diventa un evento a tutti gli effetti collettivo e comunitario.
La folla tra ansia e serenità
Entro, e la lunghezza della fila si sostituisce al caos della folla. Mi è sembrato di essere tornata ai primi due mesi del 2020, in cui il brulichio delle persone non era sinonimo di ansia. Assembramento era una parola presente nel nostro vocabolario solo in maniera marginale. Il dubbio, però, mentre cammino tra i padiglioni ricchi di gadget e fumetti, rimane: siamo davvero al sicuro? È finita davvero o stiamo cercando di andare avanti? Una cosa è certa, il peso di questi due anni si è fatto sentire, e, se l’arte è stato uno dei grandi conforti durante le chiusure, è giusto che l’arte possa finalmente tornare a respirare e a prendersi i suoi spazi.

Mi fermo, quindi, incuriosita, ai vari stand: fumetti, gadget, pupazzi, videogiochi, dvd e album. A Romics c’è tutto quello che i fan e le fan del mondo nerd apprezzano. Tra le affollatissime case editrici di fumetti scorgo alcuni volumi a cui sono interessata o che potrebbero piacere alle persone a me care. E questo, secondo me, è il potere più forte dell’arte, la condivisione: l’apertura a nuovi spazi e confini, l’accoglienza del diverso.
Pace, attualità ed escapismo
Qui mi ricollego anche alla seconda parola chiave a cui ho pensato, “pace”. Tutti sono a conoscenza della situazione attuale. Le atrocità della guerra (che non è mai giusta) vengono trasmesse costantemente in televisione. Non sarebbe corretto spegnere la nostra attenzione in merito, ma il peso e il flusso costante delle informazioni che ci arrivano dal fronte ucraino ci portano inevitabilmente a cercare vie di fuga. Come coordinare l’escapismo di un evento sereno come una fiera di fumetti con il fatto che non dobbiamo dimenticarci di ciò che sta accadendo qui in Europa?
Non esistono risposte giuste, ma Romics ci ha provato a suo modo. Innanzitutto ha allestito il “Lupics for Peace”, un grande wall su cui artisti di grande calibro e disegnatori amatoriali potevano dare il loro contributo. Altro segnale importante è stata la vittoria dei Quaderni russi e dei Quaderni ucraini di Igort al Premio Speciale della Giuria del Romics D’Oro. L’arte intrattiene, ma soprattutto insegna e fa luce su una situazione che a lungo abbiamo ignorato, stretti nel nostro privilegio.

Tra panel, cibo e cosplay
Tra cosplay bellissimi, cibo orientale (tra cui uno stand di onigiri) e italiano (un classico e tradizionalissimo chiosco di pizza), chiacchierate con le artiste e gli artisti che mi spiegano che la pandemia è stato un momento chiave per iniziare a disegnare, la giornata prosegue piacevolmente. Divertentissimo il panel in cui Sio, Pera Toons e Simple&Madama hanno raccontato le loro biografie tramite una gara di disegni. E, ancora, la premiazione con il Romics D’Oro a Laura Scarpa, l’incontro con i doppiatori di Sonic 2. Il tutto all’insegna di un interesse nei confronti del mondo nerd che non accenna a spegnersi.

Tirando le somme
Che cosa ha spinto, quindi, così tante persone a visitare il Romics? Durante questi due anni di pandemia ho scoperto moltissimi nuovi interessi e passioni, mi si sono aperti nuovi orizzonti, ho imparato a superare pregiudizi e stereotipi che mi hanno permesso di ampliare la mia prospettiva. Tutto questo, però, è successo nella solitudine della mia stanza. Certo, ci sono stati momenti di condivisione con le persone a me care o nelle comunità online, ma mai all’interno di un gruppo tangibile. Come me, chissà quante persone si sono appassionate ai fumetti, hanno iniziato a guardare anime o ad ascoltare musica proveniente dall’oriente. Chissà quante persone hanno approfondito temi di attualità tramite romanzi, graphic novel, film o serie tv.
Il poter vedere, finalmente di persona, le comunità che si sono costruite, potermi immaginare le storie dei singoli e le loro passioni mi ha fatto realizzare, ancora una volta, il potere salvifico dell’arte. Romics ha dimostrato che il settore del fumetto, dei videogiochi e del cinema di intrattenimento non solo non è considerabile “di serie B” come erroneamente fanno alcuni, ma anche che, potenzialmente, se valorizzato adeguatamente, non entrerebbe mai in crisi. Condivisione, approfondimento, intrattenimento: l’arte è tutto questo. Ricordiamocelo sempre e cerchiamo di valorizzarne i suoi mezzi e la sua industria.