No, non parlo del cavallo di Troia che tutti abbiamo conosciuto sui banchi di scuola, ma di un cavallo un po’ più moderno, non in carne ed ossa e criniera al vento, ma di lucido bronzo e di spettacolare possanza.
Parlo, cioè, del magnifico cavallo che è parte integrante del Vittoriano, il monumento celebrativo da tutti conosciuto come l’Altare della Patria, per erigere il quale furono sacrificati un importante palazzo dei Torlonia e la Torre di papa Paolo III Farnese.
Racconterò, insomma, del brindisi augurale nell’insolito e curioso “luogo”, ma non trascurerò di riferire delle polemiche aspre che accompagnarono l’opera, prima, durante e dopo la sua inaugurazione.
Molte di queste polemiche sono conosciute dai cultori della materia e della Storia dell’Arte, ma non dal grande pubblico e dal turista che passando da Piazza Venezia resta strabiliato dalla grandiosità del monumento.
I fatti risalgono a più di un secolo fa, esattamente nell’anno di grazia 1911.
Fu, quello, un anno cruciale per il giovane Stato italiano ancora in fase di assestamento, ma lo fu anche a causa delle nubi di guerra che si stavano addensando sui cieli della Libia, ma ciononostante il 5 febbraio di quell’anno si volle dare al Paese unito un segno di ottimismo e si decise di darlo in maniera singolare e, perché no, anche divertente.
E passi se i lavori dell’intero complesso furono completati molti anni dopo.
Non è noto di chi fu l’idea, ma è nota la location, come usa dire oggi, tanto originale quanto bizzarra e divertente.
L’affollato brindisi si svolse nientemeno che nel capiente ventre del superbo cavallo di bronzo destinato ad essere collocato al centro del marmoreo monumento.
E chi furono quelli che alzarono i lieti calici?
Al festoso brindisi erano presenti le maggiori autorità di Roma, il sindaco Torlonia in testa, c’era il padrone (allora si diceva così e, forse, anche oggi) delle Fonderie Bastianelli e c’erano anche i suoi 21 operai.
Cin cin e alla salute dell’Italia unita!
A scanso di equivoci mi corre obbligo precisare che la cerimonia avvenne prima che il cavallo fosse chiuso e sono (quasi)certa che al suo interno non è rimasto nessuno.
Il monumento fu dedicato alla memoria del sovrano Vittorio Emanuele II e la statua equestre è una delle statue più rappresentative dell’intero complesso.
Pur essendo incompleto, perché mancante di tutte le altre figure allegoriche, il fatto rappresentò un momento importante per Roma, come del resto aveva già fatto epoca la posa della prima pietra nel lontano 22 marzo 1885, alla presenza dell’architetto Giuseppe Sacconi.
La cerimonia, sottolineata dal suono della marcia reale e dai rintocchi della campana del Campidoglio era stata particolarmente suggestiva.
I lavori, però, andarono per le lunghe a causa di eventi drammatici e straordinari come la Grande Guerra e le vicende politiche e istituzionali del Paese che investirono la capitale e l’Italia intera.
Al progetto iniziale del monumento furono apportati importanti cambiamenti e l’opera fu completata soltanto nel 1934 dagli architetti Kock, Manfredi e Piacentini.
Nel !921, però, sul monumento fu allestito l’Altare della Patria e venne tumulato un soldato sconosciuto, detto appunto Milite Ignoto.
Il Monumento non piacque agli esperti che si scatenarono in una gara forsennata a chi la sparava più grossa e fu definito di volta in volta in vario modo: dentiera, torta, macchina da scrivere ecc.
La definizione più aspra, però, venne dai Futuristi, nel 1913, prima ancora della dedicazione al Milite Ignoto, e fu una condanna tranciante e senza appello.
“ Un grande ed enorme pisciatoio di lusso che abbraccia dentro i suoi colonnati un pompiere indorato ed una moltitudine di statue banali fino all’imbecillità “.
La gente comune, però, a dispetto di questi crudeli epiteti, non si fece condizionare dalla critica né punto, né poco e la rappresentatività del monumento è rimasta immutata al punto che al giorno d’oggi, “l’Altare della Patria” è oggetto di ammirazione da parte dei cittadini e dei turisti, alla stregua della basilica di S: Pietro, del Colosseo e della Fontana di Trevi.
Anzi, italiani e stranieri fanno la fila per poter ammirare dall’alto del Monumento il panorama della città con le sue chiese, i suoi monumenti ed i suoi struggenti tramonti.
Ed è il benservito alla greve critica dei futuristi di Tommaso Marinetti.
Ma, attenzione, le curiosità attorno al Vittoriano non finiscono qui!
Ci sono, infatti, i sotterranei che vennero alla luce nel 1888, durante i lavori di scavo durante i quali si scoprirono dei cunicoli che sicuramente risalivano al tempo dei lavori fatti fare da Traiano quando cercò di dividere il Campidoglio dal Quirinale.
Dunque i lavori di fine ottocento proseguirono con una serie di scavi fino a sei metri di profondità e poi fino a 12 metri, dove furono trovati banchi di sabbia, pomice, argille fluviali ecc.
In conseguenza di ciò, quindi, furono fatti grandi lavori di consolidamento in vista di ciò che doveva essere costruito.
Non basta e, tanto per non privarci di altre sorprese legate alla storia del Monumento, aggiungo che negli scavi affiorò pure lo scheletro di un elefante che, però, si disintegrò quasi del tutto!
Oggi, grazie ai lavori operati dai Beni Culturali e Paesaggistici, queste cave, che in tempo di guerra servirono agli abitanti del luogo come rifugio antiaereo, si possono visitare perché tutto è stato messo in sicurezza, modernizzato e tutto è più confortevole: ci sono delle panche lungo i muri, dei bagni, dei punti di pronto soccorso e, naturalmente, c’è l’illuminazione elettrica.