Una Faccenda di Cruda Attualità

Ho chiesto una rossa al doppio malto.

È questa la birra che preferiscono tutti: dal muratore, al chitarrista, al radiologo, alle infermiere passando per l’addetto alle pulizie, al giapponese, agli operatori socio-sanitari, al testa di cazzo col BMW (una Nielsen nera, per lui), fino all’autista del 132 e alla ragazza ucraina.

Al reparto traumatologico, non ricordo come ci sono arrivato.

Mi ero fatto uno shottino di vodka e stavo un po’ piangendo in sella al mio Enduro 450, per quel “2” preso in italiano, sul tema d’attualità. E intanto, tentavo di sorpassare il qualunque sulla Panda col bagagliaio gonfio di chitarre. Ma tutt’a un tratto, dalla corsia opposta, compare questo BMW verde biscia che mi sgasa contro a tutto motore, nemmeno fossimo al Rally di Montecarlo e io montassi un Ferrari.

A farla breve, m’inchioda addosso.

Dolore atroce che mi spiana il cranio, e poi, buio verminoso.

Dicono che si è schiantato sopra il 132, il mio Enduro, e nello sterzare, l’autista avrebbe disintegrato un pub con mezzo chilo di avventori dentro.

Per fortuna non era il pub all’angolo, quello che con cinque euro ti puoi calare un paio di birre e scroccare finger foods.

No, ha sventrato il bar lurido di San Giovanni, con le croste di muffa attaccate ai muri e il barista con l’aria da becchino che ti scruta accigliato e pare proprio stia pensando: «Prima o poi ti si mischia il cervello e ti ribalti come una cotoletta».

Invece niente mischie. Mi sono svegliato qui. Luci sparate addosso e l’odore acre di amuchina.

«Osservazione e riposo» ha biascicato il primario di ortopedia. E niente da mangiare. E neppure da bere! Ma si può lasciare un tizio steso su un letto, per ore e ore, senza niente da infilare in corpo? Macché, nemmeno una sorso dalla boccia di grappa che si passano gli ausiliari, qui in corsia.

A casa mamma nasconde le bottiglie, teme che l’alcool mi bruci la materia grigia, ma io dico che mi smazzo tutta la settimana appresso ai compiti e non c’è di male a rilassarsi nel week end con qualche shottino. Certo, valle a spiegare adesso che ho beccato l’insufficienza (e che anche per questo sono caduto). Come niente, mi vieta pure la birra – e dio sa quanto ne sento la mancanza.

Ma zero, non si può.

Ci vuole pazienza, dice l’orcopedico. Mamma l’ho vista soffiarsi il nasino all’insù, e dalle sue mani, si è alzata una zaffata di un profumo agrodolce, come di zucchero e limone. Si vede che stava preparando un budino, quando l’hanno avvertita.

L’orco però è insensibile ai profumi. Più tardi mi fanno la Tac Total Body, dice. Più tardi mi fanno mangiare (e bere, aggiungo io). Più tardi.

Intanto dormi.

E dormo, sega ossa dei miei calli. E più avanti dormono alcuni di quel pub: il muratore con le vertebre frantumate, la ragazza ucraina bloccata da fratture multiple, il giapponese col braccio spezzato, l’autista maciullato e pure quell’imbecille di pilota del BMW – sta accanto a me con le gambe sbriciolate e ben gli sta. Il chitarrista no, invece. Quello è ricoverato in terapia intensiva e poco ci manca che schiatta.

Insomma dormono tutti. E io penso ancora alla birra, porca Tac e porco ospedale.

Se mi fossi portato appresso la mia scorta d’invisibile, quello che sembra acqua e invece trabocca di tequila, almeno adesso avrei qualcosa per placare questa gola che mi arde.

Oppure, potrei provare a chiedere a un’infermiera di sganciarmi l’energy drink: con un po’ di rhum sarebbe da sballo. Ce n’è una niente male, che si aggira qui in corsia: zigomi alti, una cascata di boccoli castani e culo rotondo.

È proprio bella, e se non fosse che sto così conciato, le chiederei di uscire, magari a farci una Budwieser e poi un giro sull’Enduro che te lo infilo al…

Che poi mica s’è capito come sto conciato. Mamma ripete che mi hanno già fatto la Tac, ma io non me ne sono accorto. Comunque è emerso che avrei dei buchi in una cert’area dell’encefalo – tutta colpa dello sfigatore barista di San Giove, no San Giovanni, come accidenti si chiama quel quartiere?

Comunque è fico se in testa ho un’area trivellata. Che poi si scopre che sono alieni rintanati dentro a premere, a premere, a fare buchi per uscire, e io li tengo segregati, e loro lì a sparare missili sulla corteccia cerebrale, e io un mal di testa che non lo sto a dire.

Ma in fondo è poca cosa.

L’importante è che sono vivo, dicono. Ma in che senso? Io non mi ricordo un fischio! Ma dicono che me la sono rischiata brutta.

Che a causa mia sarebbe morto un tizio della terapia intensiva e pure l’autista di un bus. E dicono pure un sacco di altre cose mediche, che se fossero vere, dovrei grattarmi – hai visto mai.

Ma in fondo, chissene frega, anche.

E dopotutto non è affatto male questa faccenda che mi è capitata. Luci che si smorzano piano e spettacolo horror incluso. Ragazzi, non lo avevo mai visto un tizio senza gambe, mi dorme qui vicino. E pure un muso giallo col braccio che gli arriva dietro il collo. Potrei pure sfruttarla per scrivere un tema di cruda attualità sul binge drinking e altri fatti del genere. Così riparo al voto in italiano.  Mi sa proprio che lo faccio. Più tardi, però. Adesso sono stanco e la testa ce l’ho imbottita come un panino.

Se non fosse per questa donna isterica che mi alita addosso e continua a chiedermi come mi chiamo, mi sarei già assopito. Batte furiosamente le palpebre e respira come una pentola a pressione – è proprio matta. Strano però, mi ricorda qualcuno. Soprattutto il naso, ne ha uno all’insù che è delizioso. Dev’essere vero che tutti somigliamo a tutti e su facebook siamo tutti uguali.

Ma non c’è una birra ghiacciata? Mi pareva d’averla chiesta. Appena questa donna la pianta di gridare, ne ordino tre di fila. Ovvio che per gustarmele si dovranno levare dai piedi pure questi tipi con i camici verdi e i guanti lattiginosi che mi sono piombati intorno.

E c’è anche un’infermiera boccoluta che si agita per me – mi dice proprio bene! Però cos’è quest’aggeggio che vogliono infilarmi in gola? Mi sento la faccia molliccia e gli occhi che mi spingono all’indietro e ho pure un formicolio alla nuca che sembra un’adunata di alieni imbufaliti.

Io di sicuro non mi sposterei su quella barella, se avessi un pallone attaccato in testa e mille piccole frecce che mi si piantano negli occhi, non è prudente, nossignore, piuttosto inforco la mia Enduro e vado a farmi un giro. Che poi, forse, ci sto sopra, mi pare di rullare, turbinare e romba il motore, romba. Magari vado a bere un paio di Bud Spencer al pub di San Giocondo o Gioacchino o cazzoneso.

Se questo camice verde si toglie dalle scatole, si è piantato a cavalcioni su di me e mi piglia a cazzotti il petto – adesso gliene ammollo io uno tosto, specie di idiota. Mi frigge il torace con uno scalda toast e vorrei sbatterglielo in faccia, mentre la donna con il naso insù ha aperto i rubinetti e sta frignando non so cosa su un certo incidente multiplo e mortale che c’è da grattarsi a sangue.

Non ci capisco un tubo, ma non mi riesce di staccarle gli occhi di dosso e ha un profumo che l’avvolge, come di budino zuccheroso. Al limone però, non vaniglia. Niente vaniglia che non sa di niente. 

È talmente buono che mi sturo le narici. Voglio sentirlo bene, appropriarmene, ha un che di conosciuto, questo profumo, e pure di rassicurante. Mi stappo i polmoni per accoglierlo, prendo un bel respiro e. Accidenti che sonno. Hanno spento le luci e quasi, quasi chiudo gli occhi. Ma sì, è una buona idea. Meglio che dormo, adesso.

Tanto poi la birra la trovo ovunque. E sono certo che qui, se la cavano anche senza di me.

Una Faccenda di Cruda Attualità Elisabetta Foresti

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Elisabetta Foresti
Biografia Elisabetta Foresti è nata nel 1967 e vive a Roma. Con una specializzazione in Patologia Clinica non poteva che impegnarsi nel settore scientifico, in particolare nella ricerca e sviluppo farmaceutica, ma avendo conseguito una maturità linguistica, e dato che il francese lo parla correntemente, adesso lo insegna a ragazzi, bambini, adulti e vegliardi. Ha scritto troppe poesie di cui una, Dissolvenza, pubblicata nell’oscuro ’87 in un’oscura rivista sperimentale romana (Babele - Esperimenti Creativi in Lingue Diverse). Tre suoi racconti, La pagnotta, Il vescovo di Arcicozzo e Dietro lo specchio, sono stati pubblicati, tra il 2017 e il 2018, sulla rivista online Mag O della scuola di scrittura Omero. Nel dicembre 2018 si è qualificata prima con un estratto del manoscritto Mercurialis nello Scouting Night Live dell’agenzia Oblique Studio. Nell’ottobre dello stesso anno è approdata in Bottega di Narrazione di Giulio Mozzi, sotto la cui supervisione, sta ultimando il suo primo romanzo. Le piacciono il cappuccino, i leggins felpati, gli accordi in minore, la sua vecchia chitarra, il Giovane Holden, le immersioni nel blu e le infradito (e pure i calzini separa dita).

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