Martedì 23 ottobre 2012 ore 19:00, all’Astra Spa in Via Capraia, 19, Roma, avrà luogo il  vernissage della mostra fotografica “L’impero del passato e l’impero del presente: Mongolia e Cina” di Claudio Palazzi.

Info mostra

Molti degli abitanti dell’immenso territorio mongolo semidesertico sono orgogliosi del loro passato di impero e di conquistatori. Non bisogna dimenticare che l’Impero mongolo è stato il più vasto della storia, coprendo, all’apice della sua estensione, più di 26 milioni di km², con una popolazione stimata intorno ai 100 milioni di persone. Il fondatore fu Khan che nel 1206 dopo aver unificato le tribù turco-mongole compì numerose conquiste nell’Eurasia continentale. L’influenza dell’impero si estendeva sulla maggior parte dei territori che vanno dall’Asia orientale all’Europa centrale. Nel periodo della sua esistenza era passaggio obbligato per gli scambi culturali e i commerci tra Occidente, Medio Oriente ed Estremo Oriente. Una bellissima descrizione dell’impero si ha attraverso il Milione di Marco Polo, che scrive estasiato della cultura di questa popolazione. La morte di Gengis Khan determinò la disgregazione e l’inizio di dispute. La Cina invase la Mongolia e incendiò Karakorum, la precedente capitale imperiale, ma non riuscì a controllare tutto il territorio. Arrivando alla storia più recente nel 1945 la conferenza di Yalta confermò il protettorato sovietico sulla Mongolia e l’anno seguente la Repubblica Popolare Mongola venne riconosciuto dalla Cina. Nella seconda metà degli anni Ottanta l’ascesa di Michail Gorbaciov alla guida dell’Unione Sovietica determinò anche in Mongolia l’inizio di un processo di democratizzazione, che raggiunse il suo culmine quando nel luglio 1990 ci fu il disfacimento dell’Unione Sovietica. Grazie alla Perestroika e a Glasnost introdotte da Gorbachev, la Mongolia ha iniziato un significativo percorso che l’ha portata alla Rivoluzione Democratica con l’introduzione nel 1992 di una costituzione e la vittoria di un Partito Comunista eletto democraticamente nel 1993.

Per quanto riguarda la Cina invece la rottura con il passato non è stata così evidente. Il cambiamento cinese non è stato così radicale difatti continua ad essere uno stato socialista a partito unico, ma lo stile di vita che conducono alcuni cittadini sembra rendere la situazione politica e sociale comparabile con quella dell’occidente capitalistico.
Il tenore di vita mostra enormi divari rilevabili soprattutto nei grandi agglomerati urbani. Girando le strade di Beijing, ad una prima occhiata sembra una città all’avanguardia dove la moda, i centri commerciali e i più famosi marchi occidentali vengono ostentati quasi a sciorinare il fatto che siano al passo con la nostra società. Parlando con i cittadini non si avverte nessuno scontento sulla vita che conducono: sono felici del loro lavoro e fieri di appartenere al Partito Comunista Cinese. I giovani possono girare liberamente nel paese, parlano tra loro con telefonini di ultima generazione sfoggiando tutte le prestazioni che l’oggetto è in grado di dare.
Ma questa è solo apparenza e di questo loro stessi non sono del tutto consapevoli. Vivono illudendosi che la loro vita non abbia niente da invidiare a quella che noi stranieri conduciamo a casa nostra. Cominciamo dallo sfarzo degli enormi centri commerciali: basta osservare con più oculatezza nelle piccole vie di rimpetto per notare un divario abissale nello stile di vita condotto dalle persone che le abitano. Lo stento e l’estrema povertà sono l’antitesi del lusso che giganteggia nelle vie principali e vela questa cruda realtà. L’uso della tecnologia per la comunicazione diviene anch’essa una chimera, infatti molti dei fruitori non sono consapevoli del livello di censura che adoperano le istituzioni sul web. Nota è la vicenda della cancellazione di Google dal suo portale nella rete cinese della parola “libertà” e “democrazia” dietro compenso. Il più grande e potente portale del mondo ha avuto una disputa per un lungo periodo a riguardo della censura adoperata dal governo cinese. Dopo un periodo di rotta si è arrivati a un accordo per far rimanere il portale nel Paese, ma a alcune condizioni. Per non parlare di Youtube o Skype dopo la divulgazione degli ultimi scontri che si sono verificati in Tibet. Il governo cinese viene definito in diversi modi: autoritario, socialista, comunista, ma è legato a una forma di economia molto vicina al capitalismo, condizione necessaria per far diventare la Cina una potenza mondiale.
La soddisfazione dei cinesi di appartenere al PCC, unico partito accettato in Cina, è giustificata dal fatto che per avere un lavoro pubblico esiste l’obbligo di iscriversi al partito stesso.La libertà di comunicazione e di parola è spesso ostacolata dal governo, non mancano episodi di repressione nei confronti di giornalisti e etnie. Le manifestazioni spesso non sono consentite. Il sistema giuridico è criticato per essere arbitrario, corrotto e incapace di fornire la salvaguardia delle libertà e dei diritti fondamentali. In carcere vigono condizioni di vita impietose al limite dello schiavismo con ampio uso della tortura. Le facce sorridenti degli autoctoni sono dovute all’inconsapevolezza delle condizioni in cui vivono, quello che vogliono comunicare infatti non corrisponde del tutto a verità, perché non sono coscienti di cosa significhi libertà.

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