A 100 anni dal ricordo

Il 2022 vede ricorrere il particolare centenario di un evento, va detto, purtroppo spesso dimenticato. Pagina tralasciata della storia italiana, capitolo sbiadito del ricordo nazionale. Eppure, quando cent’anni fa i governi allora presieduti da Giolitti prima e da Bonomi poi promossero la realizzazione ovunque sul territorio italiano di sacrari e monumenti in memoria degli oltre 600.000 militari caduti durante la Prima Guerra Mondiale, si era creato un forte movimento di unità nazionale.

Non solo la proposta aveva riscontrato unità a livello meramente politico, con il testo approvato anche dai più aspri contestatori dei governi liberali, ma anche e soprattutto della popolazione civile.

Trovarono realizzazione nel periodo immediatamente successivo monumenti e sacrari di ogni sorta, di cui i due più noti sono senza dubbio il sacrario militare di Redipuglia e l’altarino celebrativo presso il Vittoriale di Roma, più comunemente noto come Altare della Patria.

Ma anche ogni provincia, ogni città, ogni paesino fin fino a quelli più piccoli e sperduti ebbe la possibilità di ottenere il proprio memoriale. Una targa, un obelisco, un monumento che ricordasse le gesta ed il sacrificio di chi era partito senza più far ritorno.

Il ricordo avvenne anche ad Agrigento, all’epoca denominata ancora Girgenti. Nei primi mesi 1922 iniziarono i lavori di edificazione del monumento commemorativo ai circa 400 caduti dell’akragantino. I lavori durarono poco, come sempre avviene quando vi è il sostegno politico e finanziario all’impresa. Già alla fine dell’estate 1922 si poteva dire inaugurata, alla presenza delle alte cariche della provincia, il memoriale di “Villa della Rimembranza”, il parco così battezzato in onore dei caduti ed oggi rinominato Villa Bonfiglio.

La Grande Guerra ad Agrigento

Quando si parla di paesi e popolazione civile nella Grande Guerra, difficilmente si pensa ad Agrigento.

“La Guerra è stata al Nord, in Trentino, nel Friuli, in Veneto. L’hanno sentita in Lombardia, Liguria, Piemonte, forse in Emilia Romagna: lì erano le industrie. Al Sud non è mai arrivata”

Capita spesso, chiedendo, di sentire risposte del genere. È piuttosto diffusa, soprattutto al Sud ed in modo particolare in Sicilia, che qui la guerra non ci sia mai arrivata. Una parte di storia estranea da studiare sui manuali e niente più. Ma così non è. Lo dimostrano gli oltre 400 nomi incisi sulla stele commemorativa di Agrigento ed i quasi 200 sugli obelischi di altre città come Favara, Canicattì, Porto Empedocle, Siculiana.

E non sarebbe corretto né giusto limitarsi esclusivamente a questi dati. La Grande Guerra ad Agrigento e nella sua provincia furono molto più del ricordo dei caduti. Il conflitto, ad Agrigento come in ogni angolo d’Italia, fu sofferenza collettiva, esperienza umana, separazione dagli affetti, fame di alimenti e di notizie. Limitare l’esperienza del conflitto ad un rientro di salme dal fronte è impoverire all’osso un’esperienza che ha segnato solchi profondissimi nella società, nella cultura e nell’economia locale.

Cosa accadde, dunque, in quel periodo che si snoda vorticosamente fra il 1915 ed il 1919 a Girgenti?

Girgenti allo scoppio della Guerra

Quando nel 1914 si erano aperte le ostilità sul teatro europeo e nei salotti di Roma la politica discuteva avidamente sulla posizione da assumere per salvaguardare la posizione e gli interessi della nazione, non da meno potevano dirsi gli accesi dibattiti sorti in seno a cattolici, interventisti e neutralisti a Girgenti.

Se da un lato i cattolici liberali di Don Scalfani si erano detti in linea di massima contrari all’intervento ma ugualmente disposti a servire la Nazione se si fosse resa necessaria l’occasione, la vera disputa era fra i giovani patrioti interventisti capitanati da figure come Vito Palermo ed Eugenio Corsini da un lato ed il gruppo dei socialisti neutral-pacifisti dall’altro.

La contesa fra i due gruppi era serrata. I Socialisti avevano goduto di altissimo prestigio durante il periodo dei Fasci Siciliani appena un ventennio prima, ma dopo l’azione militare di repressione ordinata dal Governo Crispi avevano lentamente perso mordente sulla popolazione. Di ciò avevano approfittato i più ferventi patrioti dell’akragantino, giovani entusiasti e pronti a reclamare il mito eroico della guerra nazionale.

Fino al diktat socialista del “Nè aderire nè sabotare” la disputa cittadina si era resa piuttosto equilibrata. Ma nel momento esatto in cui venne a mancare il tipico slancio socialista furono gli interventisti, in ultima battuta, ad avere la meglio.

La città, almeno nei suoi salotti, poteva dirsi pienamente interventista.

Girgenti durante la Guerra

All’ordine di mobilitazione generale dello Stato Maggiore dell’Esercito, agli sgoccioli di Aprile 1915, era ormai ben chiaro a tutti come ci si stesse muovendo senza possibilità di ritorno verso la partecipazione al grande conflitto europeo. Le avvisaglie della grande mobilitazione erano giunte non solo con l’invio, in tempi celeri e degni della migliore burocrazia militare, delle lettere di convocazione per diversi uomini della provincia.

Il principale sintomo che la guerra fosse ormai alle porte arrivò da quelli che si potrebbero considerare i “figli adottivi” della città. Ad Agrigento, cittadina che al 1911 contava poco meno di 30.000 abitanti, aveva la propria sede il 5° Reggimento di Fanteria “Aosta”. In tempi di pace del reggimento erano componente attiva circa 1.500 uomini come era prassi del tempo per i reggimenti del Regno.

La mobilitazione immediata dei soldati del 5°, l’apertura dei magazzini e la distribuzione delle salmerie fu il più scenografico, iconico e lampante segnale che anche a Girgenti la guerra stava per giungere. La partenza per il fronte dei ragazzi del 5° Fanteria (in foto nella copertina di questo articolo) fu salutata calorosamente da migliaia di cittadini inebriati, come tutti nella Penisola, dalle mitiche promesse di una guerra che sulla carta sarebbe dovuta terminare in pochi mesi.

Mobilitati i militari per il fronte, quasi immediatamente l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Emanuele Costa iniziò la propria mobilitazione per dar vita a comitati di supporto civile e locale per le famiglie dei richiamati e per quelle fasce della popolazione che, viste le necessità di guerra, si ritrovavano in maggiore difficoltà.

L’Alleanza Femminile e l’Opera dei Congressi cattolica

Al pari del Comitato di Mobilitazione Civile, fortemente voluto dal sindaco, si unì anche l’Alleanza Femminile presieduta dalla moglie del Prefetto Francesco Gay. L’Alleanza Femminile ricoprì un ruolo essenziale all’interno della vita civile cittadina durante gli anni di guerra, arrivando a contare svariate centinaia di adesioni da parte delle donne di Girgenti.

Al comitato dell’Alleanza Femminile di Girgenti vanno riconosciuti enormi meriti. Fu realizzato un asilo-orfanotrofio, vennero distribuiti generi alimentari e beni di prima necessità e, soprattutto, fu allestito un ospedaletto militare con una capienza di circa 150 posti letto.

Da non considerare secondario è poi anche il supporto fornito alla popolazione civile dell’Opera dei Congressi cattolica di Girgenti, guidata da Monsignor Bartolomeo Lagumina che si battè nel fornire assistenza ai militari akragantini al fronte inviando loro beni di prima necessità e supportando la popolazione civile con donazioni e sussidi.

Girgenti dopo la Guerra

Quando il 4 novembre 1918 alle ore 15 entrò in vigore il cessate il fuoco siglato il giorno prima presso Villa Giusti fra la delegazione italiana e quella austroungarica, le strade di Girgenti entrarono in festa. La guerra era finita e, di lì a poco, sarebbero tornati a casa quegli affetti che erano così mancati per i quarantun mesi precedenti.

La prima festività ufficiale a Girgenti si svolse pochi giorno dopo la sigla dell’armistizio, con la commemorazione dei caduti di guerra presso il Teatro Margherita (oggi Teatro Pirandello), attraverso una serie di iniziative organizzate dall’Associazione dei Combattenti sorta ad inizio 1918.

Grandi movimenti d’animo suscitò in quell’occasione il ricordo del Battaglione Empedocle, corpo volontario composto da giovanissimi volontaeri studenti del Liceo Classico di Girgenti che portava il nome dell’olimpionico. Una lapide in memoria delle decine di giovani caduti dell’Empedocle venne posta all’ingresso dell’Istituto, dove è tutt’ora.

E si torna, dunque, all’inizio di questo scritto. A quella pomposa cerimonia di inaugurazione che consacrava all’eternità della città di Girgenti i suoi caduti con il monumento commemorativo di Villa della Rimembranza.

Ed allora ecco che appare con pacifica evidenza come al Sud, ed a Girgenti, la guerra non sia stata rientro di salme e fame. Anche a Girgenti si combattè su un fronte. Non quello guerreggiato, certo, ma sul fronte interno e civile dove la popolazione locale mostrò tenacia, abnegazione ed amore per i propri figli mandati ad alimentare quella “inutile strage”.

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