Da centro del potere a centro dimenticato

Un’accozzaglia di palazzi decrepiti: ecco cosa si potrebbe dire di quanto resta oggi, per larga parte, del centro storico di Favara. Anche in questo caso, come per moltissimi altri in ogni parte d’Italia, nel giro di qualche secolo il primo nucleo del paese è finito per diventare uno scomodo e polveroso pezzo d’arredamento per le amministrazioni comunali che nel corso degli anni si sono susseguite. Ma come si è arrivati a questo punto? Come ha fatto un centro storico come quello di Favara, un tempo reale centro di potere e influenza sul circondario, a diventare il grigio ammasso di stradine ed edifici dimenticati che è ora?

Che ai più il nome di Favara possa dir poco, o nulla, non è ovviamente cosa di cui sorprendersi. Si tratta a tutti gli effetti di una cittadina di collina come ve ne sono a centinaia in Sicilia ed a migliaia in Italia. Il suo peso politico può essere considerato relativamente importante se rapportato alle scale e le gerarchie di potere insite nei rapporti della provincia di appartenenza, quella di Agrigento, ma nulla più.

Cosa fa allora di una cittadina così anonima, di appena 30.000 abitanti, ad essere un così fondamentale esempio della decadenza (e della ripresa) dei centri storici nel Bel Paese?

Breve storia di un centro storico

Per rispondere a questo interrogativo, ed a quelli espressi in precedenza, non si può che procedere aprendo una piccola quanto necessaria parentesi storica su Favara. Secondo il portale storico ufficiale del comune, insediamenti organizzati nella zona si erano già avuti ai tempi del dominio greco e romano soprattutto nei pressi di alcune torri fortificati oggi scomparse. Ma è soltanto sotto il dominio arabo, prima, e normanno, poi, che la città conosce il suo periodo di massimo splendore.

“Fawara”, come la chiamavano gli arabi, divenne un centro di grande importanza nella Sicilia della Mezzaluna soprattutto per via della sua grande disponibilità di bacini idrici sotterranei che resero l’abitato uno dei principali punti di grande approvvigionamento per le realtà circostanti.

Fu dopo la conquista normanna, però, che la città ottenne un riconoscimento politico e strategico più ampio. È proprio a questo periodo che appartiene la costruzione del simbolo forse più iconico di Favara: il suo castello. Costruito come residenza estiva di Federico II di Svevia e perno della rete di fortificazioni della nobile famiglia siciliana dei Chiaramonte. Insieme al castello delle vicine Naro e di Siculiana, la fortezza di Favara era parte di una cintura fortificata di vitale importanza strategica e politica per il mantenimento dei rapporti di forza nella regione.

Ma anche più avanti nei secoli, in epoca più contemporanea, è innegabile sostenere ipotesi che vedono nel centro storico di Favara un punto di importanza capitale per la vita politica della provincia intera. Quando sia il castello che i lasciti arabi erano giù vecchi di secoli, e la città era sotto il controllo di latifondisti, baronetti e monsignori locali, Favara si stagliava come sede dei principali salotti letterari. “Maisons” letterarie come Palazzo Cafisi, Palazzo Fanara, Palazzo Bruccoleri, Palazzo Ricca erano il cuore pulsante della buona aristocrazia illuminata di Favara e rimasero tali per buona parte di tutto l’ottocento.

Il declino di un centro storico

Se un declino si deve individuare, non è chiaramente da localizzarsi in eventi di portata catastrofiche come calamità naturali o lo strascico nero di guerre e carestie, come invece potrebbe essere avvenuto per altre realtà italiane. Il dissesto del centro storico è più da attribuirsi, allora, ad un lento e progressivo stato di abbandono che da inizio ‘900 e fino ai primi anni del nuovo secolo ha finito per abbattersi quasi inesorabile su tutto l’abitato circondante il castello ed i principali palazzi aristocratici.

Le sempre più evidenti ristrettezze economiche delle amministrazioni comunali e pratiche di governo locale non esattamente rosee hanno finito negli anni per ridurre il centro storico a quella massa anonima e trasandata di ruderi ottocenteschi e stradine diroccate.

L’inversione di rotta nei rapporti col centro storico

Fortunatamente, verrebbe da dire, la situazione di estremo abbandono ed immobilismo sembrerebbe essersi smossa. Ormai da qualche anno, le amministrazioni comunali (pur con tutti i difetti ed i ritardi d’esecuzione del caso) hanno provato sempre più a prestare maggior cura al proprio “giardino di casa”. Vanno segnalati in tal senso, soprattutto, gli interventi di riqualificazione del castello e delle stradine del centro storico rese finalmente agibili. Si tratta di interventi in cui le amministrazioni locali hanno fortemente creduto ed hanno investito ampie percentuali dei pur magri fondi a disposizione.

Ma se va identificato una reale forza propulsiva in grado di cambiare nettamente rotta nei rapporti che anche la cittadinanza aveva nei confronti del centro storico, è stato sicuramente l’intervento dei privati.

La carica alla riscoperta dei luoghi storici di Favara è partita da una manica di under40 carichi di voglia di fare ed ambiziosi progetti di riqualificazione. Ben presto, approfittando anche dei costi vantaggiosi delle operazioni concessi dal comune, moltissimi palazzi e località storiche del centro storico sono state riqualificate per mano di intraprendenti giovani privati.

Nel giro di qualche anno ecco che al posto di palazzi diroccati ed inagibili sono nati hotel, ristoranti, terrazze aperte, luoghi di aggregazione sociale. L’esempio più noto, che ha riscosso discreto successo anche oltre i confini nazionali, non può che essere l’esperienza della Farm Cultural Park: vero gioiello del rinnovato centro storico favarese.

La “Farm”, come viene sinteticamente indicata dalla cittadinanza, è una vera e propria città nella città. Una sorta di enclave, un mondo quasi separato dal resto di Favara ma allo stesso tempo estremamente collegato. All’interno dei diversi palazzi storici che formano il complesso trovano posto musei, spazi espositivi, bar, ristoranti e numerosi spazi per l’aggregazione sociale.

La spinta propulsiva verso il restauro del centro storico non sembra ancora essersi arrestata dopo ormai oltre un decennio intero di lavori e riqualificazione. Anzi, continuano a sorgere nei pressi del centro storico sempre più attività, bar, locali ed in generale punti di aggregazione che siano in grado di riavvicinare una comunità fino a pochi anni fa pericolosamente disgiunta.

Centro storico di Favara: quale futuro?

Il futuro del centro storico di Favara tuttavia non può continuare a prescindere esclusivamente dalla volontà, pur necessaria, dei privati. Ancora decine di palazzi versano nello stato di veri e propri ruderi ed è prevedibile come, senza un reale intervento da parte dei governi locali, difficilmente potrebbero riuscire a liberarsi da questo status.

A ciò, ovviamente, va incluso un secondo fattore: la conservazione storica. Sarebbe un errore permettere che l’intervento privata finisca col trasformare tutti i palazzi storici in ristoranti, bar o pizzerie. In tal senso vi sono state già diverse prese di posizione. Da qualche anno l’amministrazione comunale si è assunta maggiore responsabilità nella gestione dei palazzi storici. Strutture come Palazzo Fanara o Palazzo Cafisi, fondamentali nell’ecosistema del centro storico, sono stati riqualificati e predisposti a musei e spazi espositivi.

La strada è tracciata e, almeno per ora, sembrerebbe indirizzata verso un lieto fine nemmeno troppo distante. L’esempio virtuoso di una riqualificazione onesta e lontana da infiltrazioni criminali ha fatto breccia in molti animi nella cittadinanza e, con la buona sorte del caso, potrebbe continuare ancora in futuro.

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