I giovani e le elezioni, un rapporto tormentato

Niente spazio per gli under35: anche a questo giro a comandare in parlamento saranno in netta prevalenza gli over50. Alla scadenza del termine ultimo per presentare le proprie liste, salvo sorprese, è questo il quadro che sembra profilarsi per il prossimo 25 settembre.

Termini come “giovani”, “under25”, “futuro”, “ragazzi” sono stati sempre una costante più o meno accesa all’interno del dibattito pubblico italiano almeno a partire dagli ultimi decenni. E la prossima tornata elettorale del 25 settembre non sembra volersi discostare da questo trend, quanto più riproporlo sotto una veste ancora più netta e categorica.

Attenzione però a distinguere il dibattito pubblico da quello politico. Se, infatti, sono tante le organizzazioni e le voci che negli anni hanno spinto ad un maggiore riconoscimento dell’elettorato giovanile, si è potuta paradossalmente registrare anche una certa disaffezione dei partiti per questi temi.

Non sono mancate, tanto nelle precedenti campagne elettorali quanto in quella in corso attualmente, voci critiche da parte dell’opinione pubblica nei confronti dei partiti. Questi, rei agli occhi della comunità di aver ignorato troppo a lungo la questione “giovani” ed aver preferito invece continuare con investimenti politici sicuri ed a basso costo sulle fasce di popolazione più in là con gli anni.

Ma cosa ha spinto a questa situazione? Perché i partiti sembrano continuare a preferire un tipo diverso di elettorato? Cosa sta cambiando? Quali forze politiche hanno deciso di puntare maggiormente sull’elettorato più giovane in vista delle prossime elezioni?

“Under” e Futuro come programma elettorale

Se ci si vuole interrogare sul controverso rapporto fra i giovani e la classe politica vigente, si rende anzitutto necessario chiedersi come si sia arrivati a questa situazione e sui motivi principali del perché i partiti, ad oggi, sembrino preferire un tipo diverso di elettorato.

Un primo motivo, di natura esclusivamente quantitativa, lo fornisce una recente ricerca pubblicata dall’Internazionale. I dati forniti illustrano una visione quasi agghiacciante sulla composizione demografica dell’elettorato italiano, andando forse oltre ogni più macabra aspettativa delle vigilia.

Secondo le stime fornite dalla ricerca, infatti, vi sarebbe davvero un’abisso fra il numero di Under35 che andranno alle urne il prossimo 25 settembre ed il corrispettivo numero di Over55. Un raffronto impietoso che vede i giovani assestarsi su una stima di circa tre milioni di individui a fronte di quasi venticinque milioni di Over55 aventi diritto di voto.

Questo dato, in sé, basterebbe a giustificare l’intento dei “partiti pigliatutto” – per usare la definizione coniata da Kirchheimer – a focalizzarsi quasi esclusivamente su questa fascia di elettorato così preminente sotto il punto di vista numerico. Opportunità apparentemente troppo ghiotta per farsela sfuggire, diversi partiti sono portati a ritenere il gruppo degli “over” un bottino troppo pregiato per mancare l’appuntamento in vista delle elezioni del 25 settembre prossimo.

O, ancora, si potrebbe addurre come motivo il fatto di ritrovare negli “over” un pubblico elettorale con richieste decisamente più in linea con l’andazzo tradizionale di diversi partiti politici italiani. Mentre, va detto, dal canto loro un pubblico più giovane avrebbe richieste diametralmente opposte e necessarie di una vera e propria rivoluzione normativa in diversi campi come quello energetico, ambientale, sanitario, lavorativo e via discorrendo.

Cambio di rotta: giovani al centro

Ciò che forse, però, ha sorpreso di più della breve campagna elettorale avviata poche settimane addietro è stato il rinnovato interesse di numerose formazioni politiche nei confronti dei giovani.

Tutte le quattro grandi coalizioni hanno dedicato infatti diversi punti alle tematiche giovanili all’interno dei loro programmi elettorali. Con modi e proposte diverse, tutti i maggiori partiti hanno cercato senza sosta di mostrarsi come la reale opzione elettorale di rilievo per i giovani italiani.

Quasi tutti i grandi schieramenti dell’emiciclo parlamentare si sono ormai schierati a favore di grandi movimenti giovanili trasversali sorti negli ultimi mesi, un caso fra tutti l’hashtag #20e30. A cambiare sono stati anche i metodi della comunicazione politica: se il centrodestra (ed in particolare la Lega) era stato precursore di un nuovo modo di fare comunicazione istituzionale tramite un massiccio appoggio ai social, questa volta è stato il turno di Azione, Italia Viva, M5S e Forza Italia a farsi primi sperimentatori di tecniche comunicative più vicine al mondo giovanile, lanciando i propri frontrunner su Instragram e TikTok principalmente tramite video brevi e concisi con montaggi e direzione tipici dei contenuti leggeri, prediletti da un pubblico più giovane.

Insomma, l’attenzione rivolta agli “under” da parte di tutti i partiti politici sembra aver raggiunto livelli straordinariamente alti con proposte sempre più allettanti. Ma siamo sicuri non si tratti solo di un caso di “youthwashing”?

E se tutta questa attenzione per i giovani ed il loro futuro fosse solo una montatura organizzata a tavolino per accaparrarsi il favore di una fascia elettorale ormai esasperata e, fino ad ora, abbandonata? I dubbi, a dire la verità, possono sorgere e in molti hanno già espresso i loro timori sui social.

Un indizio, in tal senso, può arrivare proprio dalla possibilità di rappresentanza data ai giovani all’interno del prossimo parlamento. Secondo alcuni dati elaborati dal Corriere della Sera, la presenza di under35 nelle varie liste elettorali oscilla fra il 5-10% all’interno dei vari collegi. Una percentuale ritenuta spesso troppo bassa e che ha contribuito, per certi versi, ad aumentare un clima di diffidenza e disillusione.

La voce dell’elettorato giovanile

La disaffezione giovanile dal mondo elettorale non è certo una novità. I livelli di astensionismo da parte degli under35 sono spesso un trend in triste crescita.

Per cercare di capirne di più su come i giovani si approccino a questo importante appuntamento della vita pubblica italiana e le loro sensazioni in merito ai punti analizzati precedentemente nel corso di questo articolo, abbiamo deciso di intervistare due under25 per sentire in modo quanto più diretto possibile la voce ed i pensieri dell’elettorato giovanile.

Nello strutturare questa breve intervista abbiamo deciso di ricorrere a due profili che fossero fra di loro quanto più diversi possibili. Da un lato Davide R., giovane lavoratore della provincia di Roma e con poche esperienze di politica diretta alle spalle; dall’altro Pietro D., studente di Mediazione e Relazioni Internazionali all’università di Palermo e con diverse esperienze di politica giovanile.

“È un problema radicato nel pensiero italiano” – esordisce Davide R. quando gli viene domandata la sua opinione sulla coscienza politica dei giovani – “I nostri giovani si stanno applicando alla politica esattamente come avveniva decenni fa, basti pensare a movimenti come quelli legati al Climate Change ed ai gruppi studenteschi”. Sarebbe una questione di visibilità, dunque, a far trasparire una maggiore partecipazione: i giovani sembrano più attivi, oggi, perché ci sono più mezzi per accorgersi di questo attivismo.

“Diversi personaggi politici fanno largo uso dei social, anche se in modo errato. Non parlano di politica ma lanciano messaggi fini a se stessi utili ad arrivare alla pancia di un certo elettorato” – dice nell’esprimere il suo pensiero in merito alla partecipazione dei giovani alla politica. “Se l’attenzione propagandistica fosse spostata correttamente sui social, ne gioverebbero i giovani”.

E ancora, in ultima istanza, chiude con il suo pensiero su quelle che sono le reali richieste di questo elettorato, prima volta alle urne per moltissimi di loro. “Chiarezza e vicinanza. Ad oggi si vede la politica come troppo distante nella nostra vita” – poi chiosa: “Bisogna ricostruire il sistema comunicativo che riavvicini i giovani all’elettorato”. Secondo Davide R., dunque, quelle dei suoi coetanei sarebbero richieste decisamente inferiori e più modeste dei pomposi – e spesso difficilmente realizzabili – programmi sviluppati dai vari schieramenti.

Diversa, sotto moltissimi aspetti, è la visione fornita da Pietro D. “C’è molta più rappresentazione politica per i giovani oggi, soprattutto grazie ai social dove si può esprimere la propria su moltissime tematiche politiche e sociali” – è l’introduzione al suo discorso in merito alla coscienza ed alla rappresentazione giovanile in politica. “Diversi partiti stanno cavalcando l’onda, interessandosi delle problematiche giovanili nei loro programmi politici del 25 settembre”. Si sarebbe sviluppato dunque un interesse ed una coscienza politica nei confronti dei giovani decisamente maggiore rispetto a qualche anno fa, portata soprattutto dalla nascita e dallo sviluppo del fenomeno social.

Alla domanda sull’astensionismo giovanile, la risposta arriva immediatamente e con una certa chiarezza, a dimostrazione di essere un tema lui particolarmente caro. “Manca sostegno nelle scuole all’educazione civica. Poi, le diverse crisi che abbiamo vissuto hanno allontanato i giovani dalla politica.” Non manca poi di sottolineare un punto che sembra cozzare completamente con quanto riferito da Davide R. “C’è molto più interesse politico. Oggi i leader di partito parlano anche alla fetta di pubblico dei giovani e non solo agli over55”.

Nel chiudere l’intervento, cita anche uno dei punti di discussione più caldi dell’ultimo periodo all’interno del dibattito giovanile. “Ha inciso tanto anche la mancanza di una reale possibilità di voto per i fuorisede. Soprattutto molti giovani del Sud non hanno la possibilità di scendere per via dei costi di viaggio”.

Quello sollevato da Pietro D. è uno dei temi che più hanno rubato l’occhio all’interno del dibattito recente. Secondo ISTAT i fuorisede in Italia sono oltre cinque milioni e di questi oltre 500.000 sono studenti universitari. Si tratta in molti casi di una parte importante di elettorato che viene forzatamente tagliata fuori dal computo, lasciando spesso nessuna altra scelta se non l’astensionismo.

“Serve maggior inserimento nel mondo del lavoro, con tirocini retribuiti. Sgravi fiscali, la possibilità di votare a distanza per i fuorisede e avere la possibilità di disporre di un piccolo fondo per pagarsi gli studi o per regolare la situazione abitativa di molti studenti e giovani lavoratori” – risponde quando gli viene domandata la sua in merito alle domande elettorali dei suoi coetanei. Un pensiero decisamente più in linea con quanto viene esposto all’interno dei diversi programmi elettorali dei partiti e richiesto esplicitamente da diversi movimenti giovanili.

Cosa aspettarsi alle elezioni il 25 settembre

Alla luce di quanto espresso dai due intervistati, allora, cosa aspettarsi alle prossime elezioni del 25 settembre?

Sicuramente, come non mai, il peso dei giovani sta assumendo una sua specificità decisamente maggiore. Lo sforzo dimostrato da molti partiti per includere le loro richieste all’interno dei programmi ne è sicuramente una prova. Resterà da vedere, comunque, l’attendibilità di queste promesse e le intenzioni del prossimo esecutivo negli anni a venire.

Secondo stime fornite dal Sole24Ore, il 25% dei giovani nella fascia d’età 20-40 anni è disinteressato e non partecipa alla vita politica né attivamente, né informandosi passivamente. Si tratta di un trend da invertire in fretta se, come promettono i programmi, il futuro passa dalle mani dei giovani.

La verità potrà darla solo il futuro, con l’appuntamento del 25 settembre che si fa, per questo motivo, di particolare delicatezza storica. Per la prima volta dopo anni di inattività qualcosa sembra bollire e gli under di questo Paese sembrerebbero pronti a cogliere l’opportunità, più unica che rara, concessa loro da un sistema politico solitamente ostile.

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