L’Italia le elezioni e i candidati: poche novità, tante necessità

Il 28 Dicembre 2017 Sergio Mattarella, ai sensi dell’articolo 88 della Costituzione Italiana, ha firmato il decreto che di fatto scioglie le due camere, ponendo fine alla XVII legislatura e al governo Gentiloni. Ora gli occhi sono tutti puntati sulle prossime date: il 4 marzo, giorno in cui i cittadini saranno chiamati a votare e il 23 marzo, quando ci sarà la prima riunione delle due neo-camere.

Se quindi ufficialmente la campagna elettorale è iniziata il 29 dicembre, in realtà il primo vero banco di prova dei partiti sono state le elezioni in Sicilia del 5 novembre.  E’ chiaro è che l’Italia si affaccia a queste elezioni con di fronte uno scenario ossimorico, per certi versi nuovo, per altri sempre uguale: nonostante una nuova legge elettorale, il ‘Rosatellum (bis)’, tutt’oggi poco pubblicizzata e con modalità sconosciute ai più, nonostante un Movimento 5 Stelle che per la prima volta a livello nazionale si presenta nella posizione di assoluto protagonista (o co-protagonista), in Sicilia è stato sancito l’inatteso ritorno ai vertici della politica di un ormai 81enne Berlusconi e la campagna elettorale di quasi tutti i partiti è tornata a calcare ormai note promesse mai veramente compiute.

In effetti, ciò che è emerso dalle prime proposte politiche per il futuro è il rispolvero di vecchi temi centrali quali l’annullamento del canone RAI (che ha creato già un contrasto fra Renzi e Calenda) e del bollo dell’auto. Il dibattito politico ruota attorno a questioni già largamente affrontate e l’opinione pubblica è ormai spaccata fra chi segue e sostiene i vari candidati ed una gran maggioranza ormai disillusa ed ostilmente estranea alle vicende politiche generali.

Inoltre, il 2018 è iniziato all’insegna di un aumento del carico fiscale che grava sui cittadini: gas e luce dal primo gennaio sono aumentati del 5%, mentre il pedaggio autostradale è salito del 2,7%. Nonostante i primi due siano addirittura beni di prima necessità, oggi è sulla bocca di tutti un altro prelievo da parte dello stato. I sacchetti di plastica che utilizziamo al supermarket per comprare frutta e verdura saranno biodegradabili ed avranno un prezzo che varia da 1 centesimo fino a 4 centesimi, a discrezione del venditore. Una scelta ecosostenibile che, secondo il Messaggero, graverebbe sulle tasche degli italiani per un costo annuo tra 4,17€ e 12,51€.

Una legge che finalmente tenta di ridurre un problema ambientale richiedendo un sacrificio minimo ai cittadini. Eppure l’opinione pubblica è insorta. Perché? Ciò che pare evidente è che i centesimi per i sacchetti biodegradabili rappresentino la classica ‘goccia che fa traboccare il vaso’. Gli italiani pagano imposte con le aliquote tra le più alte in Europa, mentre lavoro, produttività, investimento, restano un problema enorme e rendono la percezione delle tasse ancora più asfissiante. Ciò che tuttavia infiamma ancora di più i cittadini è la sensazione (o forse qualcosa in più) che i loro soldi, il gettito fiscale, vengano sperperati: perché, nonostante un inverno non troppo freddo e le normative per il risparmio, gas e luce aumentano del 5%? Perché pagare il 2,7% il pedaggio autostradale nonostante infrastrutture obsolete ed un servizio carente? Eppure, quei centesimi per le buste biodegradabili sono riusciti a mettere in secondo piano queste domande. Perché è più forte l’esasperazione del senso civico ambientale; perché una squalificata classe politica non fa nulla per ‘indorare la pillola’. Ed allora anche questo tema ‘caldo’ entra a far parte della campagna elettorale (vedi le parole della Meloni in chiave anti-renziana).

Ed intanto ci avviciniamo sempre più al fatidico 4 marzo. Il PD sembra aver perso totalmente il suo primato (già evidente in Sicilia), con un Renzi bersagliato come responsabile dell’aumento fiscale e fratture interne, una su tutte il distacco di “Liberi e Uguali” di Grasso. Il Movimento 5 Stelle, che con Di Maio ha cambiato leader e che governa già in 45 comuni, fra cui Torino e Roma; proprio nella capitale, strategicamente, i pentastellati hanno dichiarato l’apertura della linea metro a San Giovanni il 4 marzo, giorno delle elezioni. Ciò non cancella il primo anno e mezzo di gestione disastrosa della capitale; molto probabilmente alle elezioni i romani non si affideranno nuovamente ai ‘grillini’, che comunque possono contare ancora su una vastissima base elettorale nazionale.

La Lega di Salvini, in leggero calo ma sempre una ‘mina vagante’, soprattutto adesso che è stata confermata l’alleanza di centrodestra. Forza Italia di Berlusconi, che è tornato inaspettatamente alla ribalta, ha addirittura vinto le elezioni in Sicilia. La situazione ricorda vagamente quella delle elezioni del 2008, quando le camere vennero sciolte dopo la caduta di un governo di centro-sinistra (Prodi II). L’alleanza con Salvini e Meloni, potrebbe portare nuovamente, 10 anni dopo il 2008, il partito del Cavaliere a Palazzo Chigi.

Tutto ciò va inserito in un quadro di una legge elettorale nuova ed ancora poco chiara. Torneranno a vincere vecchi volti visti e rivisti? Prevarrà la novità che ha fallito a Roma? Ma soprattutto, vinceranno gli italiani? Appuntamento al 4 marzo.

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