INpressMAGAZINE Claudio Palazzi

L’ascesa del Califfato

L’ Isis è un movimento ben organizzato, con un programma che vuole eliminare gli attuali confini tra i paesi islamici del Medio Oriente e che quindi rifiuta gli accordi Sykes-Picot del 1916. Dunque punta alla creazione di uno Stato islamico che, per ora, ingloba una parte di Siria e di Iraq. Un punto di partenza e non di arrivo. L’obiettivo è l’espansione in tutta l’area Mediterraneo-Orientale o Levante: Siria, Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro.

Inizialmente affiliata ad al-Qaeda con il nome AQI (al Qaeda in Iraq), il movimento inizia, nel 2003, a perpetrare una serie di attentati terroristici dopo l’invasione americana in Iraq. Negli anni successivi subisce una battuta d’arresto derivata dalla strategia militare del generale americano Petraeus che implicava la collaborazione con le tribù sunnite locali insofferenti ad al-Qaeda; dal 2011 AQI riprende forza e nel 2013 si ribattezza ISIL, vedendo nella guerra civile siriana la possibilità di espandersi nel Levante.
La
guerra siriana comporta non solo il rafforzamento del movimento, grazie soprattutto al rifornimento di armi che ne deriva, ma anche la frattura tra ISIL e al-Qaeda. I metodi violenti che il gruppo utilizza contro le forze governative di Assad verranno utilizzati anche contro i ribelli sunniti più moderati, l’Isil teorizza infatti una guerra totale contro l’occidente ma anche interna all’Islam. Per questo Zawahiri, leader di al-Qaeda dopo la morte di Bin Laden, chiede all’Isil di rimanere fuori dalla guerra, e, al rifiuto di Abu Bakr al-Baghdadi, alla guida del movimento dal 2010, decide di espellere l’ala più violenta da al-Qaeda.

Da Giugno abbiamo assistito alle progressive conquiste militari dello Stato Islamico, in poche settimane i miliziani hanno conquistato territori dall’est della Siria al nord dell’Iraq arrivando, il 29 Giugno, a proclamare il Califfato con Abu Bakr al Bghdadi come califfo. Termine alquanto anacronistico all’occhio occidentale dal momento che l’ultimo califfato ebbe fine nel 1924 con Mustafa Kemal Ataturk, primo presidente della Repubblica Turca.

Una delle strategie usate dai jihadisti sunniti comporta il controllo delle risorse locali che utilizza per estendere e rafforzare la sua presa, come nel caso della diga di Mosul che alimenta un’importante centrale idroelettrica, con cui può minacciare di bloccare la fornitura d’acqua alle città circostanti. Inoltre il dominio sui giacimenti petroliferi, conquistati durante le offensive militari, è la maggiore fonte economica dello Stato Islamico: il buisness del petrolio di contrabbando gli consente di non dover dipendere dagli aiuti di paesi stranieri. Nella parte di territorio controllato, grande approssimativamente quanto il Belgio, ha costituito una sorta di mini-stato, ha organizzato una raccolta di soldi che può essere paragonata all’esazione delle tasse e con parte del ricavato paga uno “stipendio” ai miliziani per garantire maggiore coesione interna. L’ISIS è considerato il gruppo terroristico più ricco al mondo con un capitale di circa 2 miliardi di dollari. Oltre, quindi, al guadagno derivato dalla vendita dell’oro nero, il gruppo è stato in grado di assoggettare un territorio comprensivo di circa 10 milioni di persone grazie all’ausilio degli equipaggiamenti sottratti all’esercito iracheno durante la conquista del nord della regione, alla depredazione delle banche lungo il cammino di conquiste (circa 430 milioni di dollari), al riciclaggio del denaro, buisness degli ostaggi… Parte del sostegno finanziario arriva dalle élites sunnite dei Paesi del Golfo: Arabia Saudita, Qatar e Kuwait che finanziano il Califfato per aggravare la situazione esistente in Iraq e in Siria, dando maggiore potere ai gruppi fondamentalisti impegnati a combattere con ogni mezzo il nemico sciita: Assad in Siria, Hezbollah in Libano e gli sciiti in Iraq.

Altro elemento fondamentale che caratterizza la grande espansione dell’ISIS è la campagna mediatica del terrore e il reclutamento di adepti anche in Occidente, ci sono infatti migliaia di combattenti stranieri nelle fila del gruppo jihadista. Il movimento ha ampliato l’uso di internet e spesso i suoi video sono accompagnati da sottotitoli in inglese per allargare la base d’ascolto e attirare reclute dai paesi non arabi.

Uno dei motivi del crollo iracheno di fronte all’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico è il ritiro delle truppe USA alla fine del 2011. Al momento del ritiro i soldati americani non avevano portato a termine i loro più importanti obiettivi: la ricostruzione delle istituzioni irachene e l’addestramento delle forze di sicurezza nazionali. L’avanzata jihadista ha comportato l’inusuale collaborazione tra Iran e Stati Uniti. L’8 Agosto inizia la campagna militare statunitense e l’Iran invia le forze QUDS (il corpo militare più efficiente in Medio Oriente) in Iraq, cosa che ha reso l’avvicinamento dello Stato Islamico a Baghdad più difficile. Dal 23 settembre è iniziata invece l’offensiva militare sul territorio siriano, inizialmente non prevista nel piano di Obama.

Dopo l’inizio dei bombardamenti contro l’Isis sulla Siria le agenzie di sicurezza degli USA sono sono state poste in stato di allerta a causa del rischio di attacchi terroristici. Il rischio di rappresaglie in Europa è stato invece lanciato dal coordinatore europeo contro il terrorismo, Gilles De Kerchove, che in un’intervista alla Bbc, ha detto che sono più di tremila gli europei che si sono uniti ai jihadisti dell’Isis in Siria ed Iraq. In occasione dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, il premier iracheno al Abadi lancia l’allarme: alcune cellule dell’Isis starebbero pianificando degli attacchi a Stati Uniti e Francia, con l’intenzione di colpire principalmente le stazioni della metropolitana. “L’allerta per l’Italia è elevata, anzi elevatissima, pur in assenza di una minaccia specifica”. A dirlo è il ministro dell’Interno Alfano parlando della minaccia terroristica legata all’Isis contro l’occidente.

 

L’ ISIS: chi sono e cosa vogliono i militanti islamici?

L’ISIS (sigla preposta ad indicare la dicitura “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”) è, ad oggi, uno dei gruppi islamici sunniti più estremisti.

Essa potrebbe essere definita una “organizzazione sui generis”: si autoproclama “stato”, rifiutando la dicitura “gruppo”, e perpetra le proprie azioni utilizzando metodi così barbarici e di inusitata violenza, che anche la pur non pacifica al Qaida (che inizialmente la supportava) ne ha preso le distanze.

Nel 2000 Abu Musab al-Zarqawi, un giordano membro di al-Qaida, che si era distinto per essere stato in competizione con Bin Laden per ottenerne la leadership, decise di dar vita alla propria organizzazione, partendo da dei presupposti e ponendosi degli scopi che differivano significativamente da quelli di al-Qaida.

Infatti, Al Qaida vide la luce nel 1989, alla fine della guerra in Afghanistan, con l’obiettivo di dar vita a quella che è possibile definire “movimento islamista sunnita paramilitare”, per difendere i territori abitati dai musulmani dall’occupazione degli “infedeli” occidentale.

Al-Zarqawi invece, si proponeva di provocare una guerra civile su larga scala facendo leva sulla già complicata situazione religiosa dell’Iraq, paese a maggioranza sciita ma con una minoranza sunnita, la quale era al potere da molti anni con Saddam Hussein.

Secondo lo studioso di Islam, Bernard Haykel “Per al-Qaida la violenza è un mezzo per arrivare ad un fine, per ISIS è un fine in sé”. L’ISIS, dunque, a differenza di altre organizzazioni para-religiose musulmane, teorizza una guerra totale, cioè sia interna all’Islam, di cui vuole esautorare le figure più moderate, sia contro il mondo occidentale.

Il suo scopo ultimo è però quello di istituire un califfato che di fatto comprenda tutta la regione del Vicino Oriente. Per far ciò, si è elaborata una campagna di sabotaggi e depredazioni continui e costanti verso siti turistici e centri economici di stati musulmani, per dar luogo a una rete di regioni in cui le forze statali finissero per ritirarsi, sfinite dagli attacchi, e in cui la popolazione locale giungesse a sottomettersi agli occupanti.

Attualmente l’ ISIS è giunta a controllare un territorio abbastanza esteso tra Iraq e Siria, e lo amministra mantenendo un’ autonomia economica, che vorrebbe tradursi in completa autarchia, in quanto riutilizza i proventi delle proprie (illecite) attività per autofinanziare la vorace conquista del potere nella regione pan-araba. L’ organizzazione, inoltre, basa le proprie fortune sul reclutamento coatto e capillare dei membri (anche in Occidente), e sulle loro donazioni, nonché attuando pratiche quali l’estorsione, la rapina ed il saccheggio.

Sicuramente non è una novità che in Occidente si parli di ISIS, poiché fin dallo scoppio della guerra civile in Siria ha combattuto sia le forze governative siriane, comandate dal presidente sciita Bashar al Assad, prima, sia i gruppi di ribelli più moderati, dopo, rendendosi così fautore di un secondo fronte di guerra.

Quello che dall’ Isis non ci si aspettava è certamente la rapidità con cui ha conquistato un territorio simile, approfittando delle difficoltà dello Stato irakeno in merito ai contrasti fra sciiti e sunniti, che sono peggiorati a causa del malgoverno di Nuri-al-Maliki, il primo ministro in carica.

Ad oggi, l’ ISIS e lo “Stato Islamico” a cui ha dato vita, sono accusati dall’ONU di terrorismo, crimini di guerra, persecuzione religiosa, trattamento inumano, crimini contro le donne, ed ha dichiarato l’emergenza sotto il profilo umanitario, oltre che politico.

Fin dall’ 8 Agosto, il presidente americano Obama ha provveduto a manifestare il proprio dissenso verso le pratiche violente ed intimidatorie del gruppo armato, dando il via a bombardamenti mirati per cercare di arginare il dilagare dell’ ISIS verso Oriente, e lanciando una campagna di aiuti umanitari per le popolazioni civili.

Immediata anche la reazione di condanna dei Paesi dell’UE, fra cui, in particolare, la Francia che si è unita agli USA nell’offensiva. Anche i Paesi dell’area circostante si sono attrezzati per cooperare con le azioni militari, così aerei di Giordania, Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita si sono affiancati ai mezzi occidentali.

Anche l’opinione pubblica mondiale si è mobilitata ed ha stroncato l’operato dell’ISIS. Secondo il New York Times, :“Tutti i più influenti teorici della jihad criticano lo Stato Islamico definendolo anormale, considerando nullo l’autoproclamato califfato e denunciandolo per le decapitazioni di giornalisti ed operatori umanitari”, tanto che, a settembre, più di centoventi studiosi islamici di tutto il mondo hanno firmato una lettera aperta al leader dello Stato Islamico rifiutando esplicitamente le interpretazioni che il gruppo da del Corano e della Hadith per giustificare le proprie azioni.

Nel centesimo anniversario della Famiglia Paolina il Gruppo Editoriale San Paolo presenta “La Bibbia: nuova versione dai Testi Antichi”

Nuova_Bibbia_SP_cop3D_sm_201410Città del Vaticano, 5 ottobre, nel corso dell’Angelus, sono state distribuite gratuitamente quindicimila copie della Bibbia nella nuova versione dai testi antichi, esaurite in 7 minuti. “Ringraziamo i nostri fratelli Paolini”, ha detto papa Francesco, parlando ‘a braccio’. “Oggi, mentre si apre il Sinodo per la famiglia -ha ricordato il Santo Padre- con l’aiuto dei Paolini possiamo dire: una Bibbia in ogni famiglia”.

Una nuova edizione della Bibbia, accurata ed economica, accessibile a tutti. Il volume (1392 pagine, formato compatto cm 12,5 x 19,5; carta bianca che esalta la leggibilità dei caratteri, edizione in brossura con due inserti di 36 pagine a colori all’inizio e alla fine del testo) è uscito giovedì 2 ottobre ed è in vendita al costo di 9,90 euro. La nuova edizione della Bibbia presenta una moltitudine di elementi contenutistici di particolare valore e interesse: il linguaggio contemporaneo, introduzioni generali e ai singoli libri biblici, note essenziali al testo, un atlante a colori con mappe e ricostruzioni, e un piano di lettura in 365 giorni per chi intraprende con se stesso (o con la comunità cui appartiene) la “sfida” di completarne la lettura in un anno. Viene costruito così un percorso quotidiano alla scoperta della Parola, come avviene nel cammino dei discepoli di Emmaus raffigurati in copertina. La San Paolo accoglie così l’invito di Papa Francesco a fare della Scrittura una compagna di vita quotidiana impegnandosi in un ampio progetto editoriale che rilancia la missione del beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, il quale pubblicò nel 1960 la “Bibbia a mille lire” in un milione di copie, contribuendo in modo straordinario alla conoscenza delle Sacre Scritture nel nostro Paese.

Un importante sforzo di diffusione è stato organizzato per portare la Bibbia nelle case e soprattutto nelle “periferie”. Il volume si può trovare online su Sanpaolostore.it, nelle librerie San Paolo e Paoline, nelle librerie di catena, negli aeroporti, negli autogrill e nei supermercati, nelle edicole, negli uffici pastorali, nelle chiese che diffondono i settimanali della San Paolo.

Il gruppo editoriale San Paolo ha organizzato a Roma e in altre parti d’Italia una serie di eventi di lettura e riflessione sulla Bibbia. Eventi di lettura e comunicazione in tutta Italia con la collaborazione di associazioni e movimenti ecclesiali (la Comunità di Sant’Egidio, Rinnovamento nello Spirito, la Comunità Cenacolo, il Movimento per la Vita, la Lega Consumatori, l’Università di Pavia, la Caritas, il Movimento tra Noi, l’AGESC, il MASCI) e l’appuntamento principale si è svolto a Roma, domenica 5 ottobre, presso la Basilica di Santa Maria in Trastevere, dove letture di passi della Bibbia da parte di noti attori del panorama teatrale, cinematografico e televisivo italiano si sono alternati a momenti di canto e danza. L’iniziativa è inoltre lanciata con una campagna pubblicitaria sulle testate del Gruppo San Paolo (Famiglia Cristiana, Credere, BenEssere, Vita Pastorale, Jesus, Gazzetta d’Alba, La Domenica, Parola e Preghiera, Insieme nella Messa, Pagine Aperte) e su Avvenire, Sorrisi e Canzoni TV, Donna Moderna, Intimità.

Furto o smarrimento della carta di credito: cosa fare?

La nostra carta di credito è un pezzo di noi. Dietro quel piccolo pezzo di plastica si nascondono infatti tutta una serie di informazioni personali che ci riguardano da vicino e che raccontano di noi: chi siamo, dove viviamo, cosa acquistiamo di solito e quanto guadagniamo. Abbastanza per capire quanto sia importante custodire gelosamente questa carta.

Tuttavia, soprattutto durante il periodo delle vacanze estive, proprio le carte di credito diventano più soggette a furti e/o smarrimenti. Non è un caso. Si viaggia di più, ci si muove all’interno di città e nazioni straniere e, purtroppo, si è anche più soggetti a razzie di ogni tipo da parte di malintenzionati italiani e non.

Il punto ora è: come comportarsi se ci accorgiamo di aver perso la nostra carta di credito o se peggio ancora ce l’hanno rubata? La prima cosa da fare è bloccarla. Su questo primo step c’è poco da pensarci bisogna farlo e basta. Per bloccare la carta tutti i principali circuiti mettono a disposizione un numero verde raggiungibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Troviamo il modo di avere sempre con noi questo numero annotandolo su un’agendina o ad esempio sui contatti Google del nostro cellulare. Attenzione! Se ci si trova all’estero non è possibile utilizzare il numero verde; in questo caso andrà utilizzato un altro numero (solitamente di una postazione fissa), anch’esso da tenere sempre con noi.

Subito dopo aver bloccato la carta dovremo denunciarne il furto piuttosto che lo smarrimento presso le autorità di polizia giudiziaria locali. Questa denuncia ha due funzioni: in primis serve ad allertare le forze dell’ordine rispetto alla possibilità che questa carta possa essere stata rubata e venire poi utilizzata da malviventi senza scrupoli. In secondo luogo solo con questa denuncia in mano potremo richiedere un duplicato (ovviamente con codici tutti nuovi) della carta stessa.

Se tra il furto o lo smarrimento della carta ed il suo blocco dovessero essere stati eseguiti dei pagamenti non autorizzati è bene sapere che in questi casi c’è una sorta di franchigia, di circa 150 euro, che è carico del possessore della carta. Per pagamenti superiori dovrà essere invece la banca a risponderne coprendo l’eccedenza rispetto ai suddetti 150 euro; tuttavia in questo campo cavilli, codici e codicilli la fanno da padroni. Quindi, al fine di evitare spiacevoli sorprese, è bene verificare attentamente e preventivamente quali sono le condizioni assicurative concordate con il circuito presso il quale la carta di credito è stata attivata.

Links utili:

http://www.conticorrentiaconfronto.it/carta-di-credito

http://www.altroconsumo.it/soldi/carte-di-credito/news/carta-di-credito-smarrita-bloccatela-subito