L’ISIS (sigla preposta ad indicare la dicitura “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”) è, ad oggi, uno dei gruppi islamici sunniti più estremisti.

Essa potrebbe essere definita una “organizzazione sui generis”: si autoproclama “stato”, rifiutando la dicitura “gruppo”, e perpetra le proprie azioni utilizzando metodi così barbarici e di inusitata violenza, che anche la pur non pacifica al Qaida (che inizialmente la supportava) ne ha preso le distanze.

Nel 2000 Abu Musab al-Zarqawi, un giordano membro di al-Qaida, che si era distinto per essere stato in competizione con Bin Laden per ottenerne la leadership, decise di dar vita alla propria organizzazione, partendo da dei presupposti e ponendosi degli scopi che differivano significativamente da quelli di al-Qaida.

Infatti, Al Qaida vide la luce nel 1989, alla fine della guerra in Afghanistan, con l’obiettivo di dar vita a quella che è possibile definire “movimento islamista sunnita paramilitare”, per difendere i territori abitati dai musulmani dall’occupazione degli “infedeli” occidentale.

Al-Zarqawi invece, si proponeva di provocare una guerra civile su larga scala facendo leva sulla già complicata situazione religiosa dell’Iraq, paese a maggioranza sciita ma con una minoranza sunnita, la quale era al potere da molti anni con Saddam Hussein.

Secondo lo studioso di Islam, Bernard Haykel “Per al-Qaida la violenza è un mezzo per arrivare ad un fine, per ISIS è un fine in sé”. L’ISIS, dunque, a differenza di altre organizzazioni para-religiose musulmane, teorizza una guerra totale, cioè sia interna all’Islam, di cui vuole esautorare le figure più moderate, sia contro il mondo occidentale.

Il suo scopo ultimo è però quello di istituire un califfato che di fatto comprenda tutta la regione del Vicino Oriente. Per far ciò, si è elaborata una campagna di sabotaggi e depredazioni continui e costanti verso siti turistici e centri economici di stati musulmani, per dar luogo a una rete di regioni in cui le forze statali finissero per ritirarsi, sfinite dagli attacchi, e in cui la popolazione locale giungesse a sottomettersi agli occupanti.

Attualmente l’ ISIS è giunta a controllare un territorio abbastanza esteso tra Iraq e Siria, e lo amministra mantenendo un’ autonomia economica, che vorrebbe tradursi in completa autarchia, in quanto riutilizza i proventi delle proprie (illecite) attività per autofinanziare la vorace conquista del potere nella regione pan-araba. L’ organizzazione, inoltre, basa le proprie fortune sul reclutamento coatto e capillare dei membri (anche in Occidente), e sulle loro donazioni, nonché attuando pratiche quali l’estorsione, la rapina ed il saccheggio.

Sicuramente non è una novità che in Occidente si parli di ISIS, poiché fin dallo scoppio della guerra civile in Siria ha combattuto sia le forze governative siriane, comandate dal presidente sciita Bashar al Assad, prima, sia i gruppi di ribelli più moderati, dopo, rendendosi così fautore di un secondo fronte di guerra.

Quello che dall’ Isis non ci si aspettava è certamente la rapidità con cui ha conquistato un territorio simile, approfittando delle difficoltà dello Stato irakeno in merito ai contrasti fra sciiti e sunniti, che sono peggiorati a causa del malgoverno di Nuri-al-Maliki, il primo ministro in carica.

Ad oggi, l’ ISIS e lo “Stato Islamico” a cui ha dato vita, sono accusati dall’ONU di terrorismo, crimini di guerra, persecuzione religiosa, trattamento inumano, crimini contro le donne, ed ha dichiarato l’emergenza sotto il profilo umanitario, oltre che politico.

Fin dall’ 8 Agosto, il presidente americano Obama ha provveduto a manifestare il proprio dissenso verso le pratiche violente ed intimidatorie del gruppo armato, dando il via a bombardamenti mirati per cercare di arginare il dilagare dell’ ISIS verso Oriente, e lanciando una campagna di aiuti umanitari per le popolazioni civili.

Immediata anche la reazione di condanna dei Paesi dell’UE, fra cui, in particolare, la Francia che si è unita agli USA nell’offensiva. Anche i Paesi dell’area circostante si sono attrezzati per cooperare con le azioni militari, così aerei di Giordania, Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita si sono affiancati ai mezzi occidentali.

Anche l’opinione pubblica mondiale si è mobilitata ed ha stroncato l’operato dell’ISIS. Secondo il New York Times, :“Tutti i più influenti teorici della jihad criticano lo Stato Islamico definendolo anormale, considerando nullo l’autoproclamato califfato e denunciandolo per le decapitazioni di giornalisti ed operatori umanitari”, tanto che, a settembre, più di centoventi studiosi islamici di tutto il mondo hanno firmato una lettera aperta al leader dello Stato Islamico rifiutando esplicitamente le interpretazioni che il gruppo da del Corano e della Hadith per giustificare le proprie azioni.

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