Cagliari è il capoluogo della regione autonoma della Sardegna e dell’omonima città metropolitana, punto nevralgico per tutto il sud dell’isola. È una città con una storia antichissima, la cui fondazione risale all’VIII secolo a.C., ai tempi dei fenici, che, per commerciare con le popolazioni locali, crearono l’avamposto commerciale che in seguito prese il nome di Karalis. Da allora, Cagliari è stata il teatro di costanti incontri tra tradizioni, culture e popoli diversi, che si interfacciavano sull’isola attraverso il mare, chi per commerciare, chi per dominare. Dopo i fenici e i cartaginesi, l’isola e la città passarono sotto il controllo romano, il cui operato è osservabile tutt’oggi nei molteplici siti archeologici disseminati in tutta la città, come i resti della Villa di Tigellio e l’anfiteatro, costruito intorno al II secolo d.C.. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la Sardegna è stata soggetto di continui cambi di mano. Nel XIII secolo, il Giudicato di Cagliari fu sottomesso dalla Repubblica marinara di Pisa: fu durante la dominazione pisana che l’odierno quartiere storico di Castello (Casteddu) fu edificato e fortificato, rendendo Cagliari una città fortezza, inespugnabile e non più soggetta alle frequenti incursioni dei corsari barbareschi. Dalla sua costruzione in poi Castello è rimasto il luogo delle sedi di potere della città e della cattedrale di Santa Maria Assunta e Santa Cecilia, edificata dai pisani e modificata (non sempre per il meglio) nel corso dei secoli. Sia durante la successiva dominazione aragonese e spagnola, che durante quella sabauda, Cagliari è stata la sede del governatore (il viceré), e Castello ne ospitava il palazzo (Palazzo Viceregio), attualmente sede della Prefettura. Il quartiere di Castello è talmente centrale per Cagliari che la città, in sardo, ha il suo stesso nome: Casteddu.

Durante il regno sabaudo, la città ha assunto la forma che ha tutt’ora: la rimozione di una parte delle mura l’ha trasformata da una città che si protegge dal mare ad una città aperta verso il mare. Questo aspetto è quello per cui oggi Cagliari ancora si distingue: la città è protesa verso il mare, punto di ritrovo per i cittadini, punto di arrivo per i viaggiatori, eterno orizzonte per chi lo scruta dalle tante splendide viste di cui si vanta la città. Cagliari è di tutti, ma non è di nessuno, se non del mare.

Una città con una storia così antica e variegata necessita di determinate attenzioni da parte delle autorità che la governano, ed è spesso difficile capire dove sarebbe opportuno indirizzare le risorse. Per parlare delle tematiche più rilevanti per la città, ho intervistato Giuseppe Melis, professore ordinario di marketing dell’Università di Cagliari:

Quali sono i punti di forza per cui Cagliari si distingue e i punti di debolezza di cui Cagliari soffre?

Allora, una risposta secca a questa domanda è difficile, perché ogni città è un coacervo di tante cose insieme, quindi una realtà complessa, con caratteristiche che si esprimono nell’assetto urbanistico, nella capacità dei cittadini di sentirsi rappresentati da questa città, dal rispetto che hanno nei confronti della stessa, ma anche da tutto ciò che nel corso della storia si è sedimentato e ha prodotto quello che oggi è la città. Poi certamente ci sono degli elementi che catturano subito l’attenzione: alcuni sono di carattere ambientale/naturalistico/climatico: Cagliari è una città luminosa, è una città solare, è una città aperta. Questo aspetto colpisce tantissimo chi la visita ma anche gli stessi cittadini: gli aspetti legati alla natura emergono prepotentemente. Questi aspetti sicuramente catturano l’attenzione, pur con le contraddizioni che ci sono e che sono legate a quelli che io chiamo “spazi indecisi” cioè spazi abbandonati, che nel corso dei decenni o dei secoli non hanno avuto la tutela che meritano e che in molti casi sono in stato di abbandono, per i quali sarebbe auspicabile se ci fosse un intervento per recuperarli anche alla stessa vita cittadina. Nel contempo, vediamo che negli ultimi 20/30 anni tanti spazi abbandonati sono stati recuperati, e li certamente c’è una vivacità della città in termini anche di capacità di rigenerarsi. Parliamo anche dell’aspetto culturale: Cagliari è una città che ha un’offerta culturale ampia, ci sono tante associazioni che lavorano nel campo del teatro, della musica, aspetti che sono in grado di intercettare gli interessi di generazioni e pubblici differenti, che vanno dai boomer fino alla gen-Z e poi arriveremo anche alle generazioni future. E’ difficile tracciare una valutazione netta, abbiamo tanti punti di forza e tanti punti di debolezza, su questo non c’è dubbio. Quello che io evidenzio è la complessità di questa città: un aspetto che per esempio in pochi sottolineano, anche dal punto di vista turistico, è che Cagliari poggia su dieci colli. Noi nei libri studiamo i sette colli di Roma, li conosciamo tutti, poi non vogliamo fare gare con Roma, però sono 10 prospettive diverse da cui si può osservare la città”.

Quali sono i campi in cui secondo lei Cagliari dovrebbe indirizzare le proprie forze e investimenti?

“E’ chiaro che gli ambiti sono molti, sono ambiti di tipo materiale e di tipo immateriale. La città la fanno le persone, non la fanno solo gli edifici o l’assetto urbanistico. Chiaramente, dal punto di vista materiale ci sono investimenti da fare intanto nel recupero: noi abbiamo ancora ferite dalla Seconda Guerra Mondiale, con spazi abbandonati mai recuperati che meriterebbero attenzione. Poi c’è l’aspetto immateriale: l’aspetto immateriale significa che bisogna lavorare con i residenti. Intanto, i residenti non conoscono la storia della città: c’è ignoranza del chi siamo e da dove veniamo, e quindi a livello scolastico sarebbe opportuno intervenire, almeno con le nuove generazioni, per cercare di far conoscere la città, sia la città emersa che la città sotterranea, che anch’essa merita di essere conosciuta. Questa mancanza di senso poi è all’origine di un’identità spesso confusa: noi attraversiamo la città, camminiamo, ma senza renderci conto di che cosa ci circonda. Quindi l’aspetto immateriale certamente esiste, così come esiste un problema di povertà a cui bisognerebbe dare risposta, insomma affrontare le diverse contraddizioni che ci sono. Quindi, la politica di cosa si dovrebbe occupare? La politica si dovrebbe occupare di tutto, ma la politica è fatta anche di scelte e talvolta queste scelte appaiono incomprensibili al cittadino. E quindi ritorniamo all’aspetto immateriale, dell’educazione, dell’educarci a cambiare i nostri comportamenti anche in relazione ad una visione della città che vorremmo”.

Non esistono risposte univoche per risolvere ogni problematica di cui una città soffre. Sicuramente, per capire dove indirizzare le proprie energie è necessario conoscere lo spirito della propria città, l’ambito “immateriale” citato dal prof. Melis: l’identità di una città è frutto della sua storia e della propria gente e tutti, non solo i cittadini di Cagliari, dovrebbero chiedersi: io conosco la mia città?

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