Il 12 aprile scorso è giunto al termine l’iter legislativo del ddl Boschi, la oramai nota Riforma del Senato che rivoluziona il sistema del bicameralismo perfetto. Camera e Senato non avranno più pari poteri.

Di fatto, il disegno di legge costituzionale n.1429 presentato dal Capo del governo Matteo Renzi e, appunto, dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, intende modificare la Costituzione italiana. La Camera ha approvato con 367 voti favorevoli, mentre con ogni probabilità a ottobre saremo noi cittadini ad essere chiamati per esprimerci attraverso il referendum confermativo. Le opposizioni, infatti, lo hanno invocato per dire “no” alla riforma, e di risposta anche la maggioranza (esclusi alcuni esponenti) lo ha richiesto per confermarla.

Il dibattito è forte, poichè il disegno di legge va a toccare uno dei punti centrali dell’ordinamento giuridico italiano: il bicameralismo paritario. La nostra Costituzione, in vigore dal 1° gennaio del 1948, nacque con il preciso intento dell’Assemblea Costituente di rendere lo Stato italiano una repubblica laica e democratica. Mantenere eguali i poteri delle due camere era quanto di più auspicabile, dal momento che l’Italia usciva dal Ventennio fascista. L’ombra di un nuovo governo autoritario, di una nuova dittatura, era ciò che i padri costituenti, tra cui personalità come Palmiro Togliatti e Oscar Luigi Scalfaro, volevano assolutamente evitare.

Ma vediamo più nel dettaglio cosa prevede il disegno di legge costitituzionale d’iniziativa del Governo. Innanzitutto la Camera dei deputati sarà l’unico organo in grado di votare la fiducia e il numero dei suoi deputati resterà invariato, con elezione a suffragio universale come avviene oggi. Il senato, invece, vedrà ridotto il numero dei suoi membri: 95 eletti dai consigli regionali (tra cui 21 sindaci e 74 consiglieri – senatori), più 5 membri nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per sette anni. Il senato potrà richiedere delle modifiche alle leggi ordinarie, ma la Camera non sarà obbligata a dare seguito alle richieste avanzate da Palazzo Madama. Il metodo di scelta dei senatori ha fatto molto discutere.

Un’altra novità che verrebbe introdotta con questo disegno di legge sarebbe l’abolizione dei grandi elettori per il presidente della Repubblica: il quale dovrà essere eletto con la maggioranza dei 2/3 dei componenti nei primi quattro scrutini, dal quinto con i 3/5 e soltanto dal nono con la maggioranza assoluta. Un’altra abolizione riguarda quella dei senatori a vita, mentre la seconda carica dello Stato si trasferirebbe dal Presidente del Senato a quello della Camera. Il Senato, inoltre potrà eleggere solo 2 giudici costituzionali su 15, la Camera 3.

Il disegno di legge vuole introdurre anche il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni e per farlo intende, oltre a ridurre il numero dei parlamentari, anche abolire le province (altra entità statale prevista dalla Costituente). Sopprimere lo Cnel è un altro dei punti del decreto. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è stato istituito nel ’48 ed è l’ organo di raccordo tra rappresentanti e esperti delle categorie produttive e Parlamento. Lo Cnel può promuovere iniziative legislative nei campi che gli competono.

In materia di federalismo, allo Stato tornerebbero competenze come quelle riguardanti energia, infrastrutture strategiche e protezione civile.Per quanto riguarda le iniziative popolari, poi, le proposte di legge avanzate dal popolo avranno bisogno non più di 50 000 firme, ma di 150 000. Si darebbe il via, poi, ai referendum propositivi per interrogare direttamente la popolazione su temi di grande attualità. Si intende, infine, abbassare il quorum calcolandolo sul numero di votanti dell’ultima tornata elettorale, qualora il comitato promotore di un referendum superi le 800 000 adesioni.

Durante la votazione definitiva alla Camera, hanno abbandonato l’Aula le opposizioni (Forza Italia, Lega Nord, Sinistra italiana e M5S). Le voci contrarie hanno deciso di esprimere così il proprio dissenso. La riforma comunque ha acceso il dibattito sin da quando è stata proposta nel 2014. Chi vi si oppone avanza l’ipotesi che possa intaccare uno dei principi sui quali si basa la Repubblica italiana: quello della democraticità, con le due camere organi elettivi e rappresentativi. Infatti, con il disegno di legge la Camera assumerebbe un peso specifico maggiore rispetto al Senato, che andrebbe ad avere un ruolo più consultivo che legislativo. Un’altra conseguenza che prospettano gli scettici è il rafforzamento eccessivo dell’esecutivo, con un Governo ancora più protagonista. Renzi, comunque, si è espresso affermando che chi si dichiara contrario lo fa per presa di posizione nei suoi confronti. La Boschi, negli ultimi mesi, come noto, al centro di forti polemiche, si è espressa a favore del referendum per chiamare la popolazione ad esprimersi su un disegno di legge che interessa molti articoli della nostra Costituzione.

Quindi, ad ottobre potremo confermare o meno la riforma, uno spartiacque necessario e decisivo per lo stesso governo, oltre che per il nostro sistema statale.

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