Una corrente d’innovazione sembra aver smosso le acque del PD intorbidite da scandali e scissioni interne. Sono i 20 Millennials scelti da Matteo Renzi per la Direzione nazionale del partito dopo la sua vittoria alle Primarie. La corsa alla nomina di Segretario del PD ha esercitato, con probabilità, una certa pressione sull’importanza di assumere una prospettiva inedita: guardare a “volti nuovi”. Infatti Renzi, appena dopo la sua elezione, ha tempestivamente propeso per l’estremo, cosa che non dovrebbe sorprendere troppo visto l’aut aut dichiarato quando scelse di legare il suo destino politico all’esito dello scorso referendum costituzionale.
Sproloquiare sulla parola “giovane” dall’alto di una comoda quanto vecchia poltrona pare sia molto in voga se si guarda al dibattito politico italiano. Piuttosto che parlare e strumentalizzare una categoria sociale, perché non darle la chance di ri-appropiarsi della propria dignità? Ma attenzione a non cadere nel tranello: bisogna guardarsi con circospezione anche da chi vorrebbe dissimulare la strumentalizzazione concedendo spazi politici. Consueti e consunti dibattiti adombrano la questione “giovani” in Italia, senza mancare mai di tralasciare la percezione di una crisi a stato permanente.
La Direzionale nazionale dovrebbe occuparsi, per statuto, di discutere l’orientamento politico del partito. Potrebbe dunque rivelarsi un organo efficace per lasciare che le idee e le proposte dei nuovi membri, tutti d’etá compresa tra i 19 e i 34 anni, si concentrino con un pragmatismo più efficace e consapevole di chi strumentalizza i ricorrenti e frustranti temi della disoccupazione, degli stipendi iniqui, delle pensioni e dell’eccessivo adeguamento a mansioni che non rispecchiano le aspettative, i desideri e la preparazione degli individui in questione.
La lista dei 20 Millennials, a ben guardare, non sembra peró discostarsi troppo dall’arena delle mozioni dibattutesi alle Primarie del PD. “Volti nuovi” o “delfini” di Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano?
Fino a che punto i giovani nominati riterranno più interessante esporsi, anche con una buona dose di idealismo e passione, piuttosto che lasciarsi fagocitare dall’ingranaggio di una manovra politica pronta a riscattare il PD dai consensi giovanili confluiti nel M5s?
Si potrebbe obiettare che Renzi abbia compiuto questa scelta perché ritiene che i Millennials siano maggiormente adatti ad esprimersi e ad occuparsi delle questioni loro più prossime. Ma per quanto tempo ancora il pregiudizio sull’età, che in inglese ha un nome ben preciso, “ageism”, dovrà essere protagonista di strumentalizzazioni che finiscono per oscurare le prospettive e le capacità del singolo? È possibile e non improbabile che ci siano persone in grado di offrire un contributo efficace in un determinato campo a prescindere dall’età anagrafica. Si potrebbe tacciare Renzi di formalismo monocromatico: la sua lista è solo ed esclusivamente costituita da Millennials. Nonostante ció, questo denoterebbe il coraggio di sovvertire meccanismi saturi, ammesso che non si tratti di un’innovazione volta a manovrare le pedine della scacchiera. Renzi, d’altra parte, avrebbe potuto variegare il panorama di scelte per la Direzione Nazionale. L’impatto mediatico non sarebbe stato eclatante come nella situazione attuale, ma avrebbe suggerito un bilanciamento tra distanza critica e “addetti ai lavori”.
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