Intervista di Alessia Mocci alla Fondazione Darcy Ribeiro per l’uscita della nuova traduzione italiana di Utopia Selvaggia

Per Darcy, la sopravvivenza degli indios risiede nella loro apparente incapacità di essere decomposta ed annullata nella società nazionale. Qualunque siano le condizioni che affrontano, gli indios, anche se profondamente mescolati con neri e bianchi, rimangono indios e si dichiarano indios.– Fondazione Darcy Ribeiro

Il primo maggio in tutte le librerie fisiche ed online è uscito il romanzo “Utopia selvaggia ‒ Saudade dell’innocenza perduta. Una fiaba” del famoso sociologo, antropologo, scrittore, educatore ed uomo politico brasiliano Darcy Ribeiro (Montes Claros – Minas Gerais 26-10-1922/ Brasilia 17-2-1997), pubblicato nella collana “Il Pasto Nudo, assaggi di antropologia” curata da Giancorrado Barozzi per la casa editrice mantovana Negretto Editore con la nuova traduzione ad opera di Katia Zornetta.

La scelta da parte della casa editrice Negretto Editore in dialogo e collaborazione con Fundar (Fundação Darcy Ribeiro), con sede a Rio de Janeiro, offre un contributo importante all’attuale dibattito sui temi di identità e diversità presenti non solo nel nostro paese ma anche in tutta Europa.

La cosiddetta “crisi migratoria”, che da una decina d’anni si è palesata sulle coste del Mar Mediterraneo e sui confini della Turchia, è una problematica che ancora non ha risposte convincenti e che pian piano si allontana, per la grande paura del disuguale sempre più presente nel popolo europeo, dal concetto di mutuo appoggio tra popolazioni e culture diverse.

Per addentrarci nell’argomento si è deciso di intervistare le tre donne di rilievo della Fondazione Darcy Ribeiro: Haydée Coelho, Lúcia Velloso e Elizabeth Brêa, ricercatrici e docenti universitarie, che operano in diverse aree della letteratura dell’educazione e dell’antropologia.

 

A.M.: Nel gennaio del 1996, un anno prima della morte, Darcy Ribeiro istituisce la Fondazione Darcy Ribeiro con sede a Copacabana con l’obiettivo di mantenere in vita il suo progetto di comprensione ed integrazione della variegata moltitudine brasiliana. Da quell’anno ad oggi cosa avete fatto per portare avanti il lavoro di Ribeiro?

Fondazione Darcy Ribeiro: A questa intervista hanno risposto tre consigliere della Fondazione Darcy Ribeiro, tre donne − Haydée Coelho, Lúcia Velloso e Elizabeth Brêa −, ricercatrici e docenti universitarie, che operano in diverse aree della letteratura dell’educazione e dell’antropologia. Due di noi, che attualmente partecipano al Comitato esecutivo della Fondazione, hanno lavorato con Darcy Ribeiro, negli anni ‘80 e ‘90, quando era vicegovernatore dello stato di Rio de Janeiro, sviluppando, tra le altre “costruzioni” [fazimentos], il più grande programma di educazione a tempo pieno che il Brasile abbia vissuto. La terza consigliera si avvicina alla Fondazione grazie alla sua brillante ricerca nel campo della letteratura, che accompagna il lavoro e la produzione di Darcy Ribeiro nel suo esilio, in diversi paesi dell’America Latina. Continuiamo, attraverso la Fondazione, a organizzare eventi e curare libri su Darcy Ribeiro ed i suoi ideali, per introdurre i giovani studenti universitari al pensiero di questo autore, attraverso il nostro lavoro nelle università e in altri uffici pubblici.

 

A.M.: Ribeiro racconta in “Utopia Selvaggia” la Guerra Guiana come una lotta del Brasile contro un nemico ignoto perché sia i guiani sia i venezuelani dell’Amazzonia hanno iniziato una resistenza pacifica. Che cosa vuole rappresentare Ribeiro con questa idea di collasso della guerra? Cos’è la guerra per Ribeiro?

Fondazione Darcy Ribeiro: Il riferimento alla guerra nel romanzo di Darcy Ribeiro è legato alle azioni “eseguite dall’esercito brasiliano a nord del Rio delle Amazzoni”. Il primo tenente Gasparino Carvalhal, agente civile della SNI (National Information Service, creato durante la dittatura militare nel 1964), prese parte alla guerra. Dal punto di vista storico, si può dedurre che si trattasse di una forma di vigilanza da parte del regime militare, durante la Guerra Fredda, per impedire l’espansione del comunismo (Stéphane Granger). Per quanto riguarda il nome dell’ufficiale, come osservato, si tratta chiaramente di una parodia di Gaspar de Carvajal, il prete domenicano spagnolo che prese parte alla spedizione di Gonçalo Pizarro alla foce del Rio delle Amazzoni. Sempre sulla falsariga della parodia, il personaggio di Orelhão è un riferimento al conquistador Francisco de Orellana, il cui viaggio esplorativo è anch’esso associato alla scoperta del Rio delle Amazzoni.

In A fundação do Brasil (un libro curato da Darcy Ribeiro e Carlos de Araujo Moreira Neto): “la spedizione di Orellana è sempre stata importante per il piano geopolitico di occupare la regione amazzonica e tutto il Sud America (…).”

D’altra parte, le attività militari permettevano anche l’incontro tra il cosiddetto popolo civilizzato e gli indigeni, rappresentati dalle Amazzoni e dagli indios Galibi, del popolo Calibã. Poiché il libro fa riferimento a diversi periodi (il passato, il recente regalo dei brasiliani – degli anni ’60 e ’70) e si proietta verso il futuro, l’autore si avvale della dislocazione spaziale del personaggio, come membro dello staff militare, per menzionare il Brasile nel capitolo sulla conquista dell’America, che non è stato fatto solo dai portoghesi. Inoltre, il romanzo, in un modo dialogico, contiene una diversità testuale che colpisce profondamente i lettori. Qui si possono citare i testi relativi ai resoconti dei viaggiatori europei in Brasile; la tradizione letteraria europea che include, tra gli altri testi, La Tempesta, di William Shakespeare, attraverso le figure di Prospero e Caliban; le letture e le riletture del dramma dell’autore inglese, incluse versioni e interpretazioni che hanno prodotto importanti saggi di scrittori latinoamericani, come Ariel, di José Rodó e Calibán e altri, di Roberto Fernández Retamar.

La dimensione utopica del libro si impegna in un dialogo con la tradizione europea, attraverso la lettura di Sérgio Buarque de Holanda dell’Eldorado (Visão do Paraíso – Vista del Paradiso), attraverso l’antropofagia e l’utopia di Oswald, e si proietta sul presente/futuro politico che “è nelle mani sagge e computazionali di Prospero”. Data la complessa cornice (di riferimenti a più letture e testi), si può affermare che la guerra di Darcy Ribeiro è una guerra di scrittura che implica un impegno verso una visione multipla e polifonica del mondo che non annulla l’impegno etico dello scrittore contro lo status quo.

 

A.M.: Ribeiro cita ‒ talvolta rimescolando i nomi ‒ missionari e storici che si addentrarono nel Sud America (Gaspar de Carvajal, Francisco de Orellana, Cristóbal de Acuña e CharlesMarie de La Condamine, Manuel de Nóbrega, Pero de Magalhães Gândavo, Luís Vaz de Camões). In che modo uomini come quelli citati hanno modificato gli usi e costumi degli indigeni?

Fondazione Darcy Ribeiro: L’espansione iberica ha scatenato uno dei più grandi processi di civiltà nella storia moderna, distruggendo migliaia di popoli, lingue e culture. Evangelizzazione, schiavitù, sottomissione forzata, decimazione da malattie sono aspetti di questo processo che si è verificato nel continente americano, ma con conseguenze diverse tra l’America del Nord e l’America portoghese. In Brasile, fu attuato un dominio sulle popolazioni indigene che è avanzato dalla costa atlantica mentre la conquista del territorio diventava effettiva. Lo scontro tra civiltà europea e indios a causa delle malattie sconosciute, delle guerre di sterminio, della cattura degli indigeni e dell’evangelizzazione etnocida portò all’estinzione di circa 4 milioni di indios nei primi due secoli di conquista. Negli anni ’50 e ’60, gli indios stavano per scomparire, vittime di malattie, violenza o acculturazione, processi di assimilazione o integrazione nella società nazionale. In tale contesto, Darcy Ribeiro ha sviluppato una concezione che cerca di spiegare perché l’indiano non è scomparso, al contrario, è tornato a una crescita demografica. È il concetto di trasfigurazione etnica, in cui

un popolo già strutturato resiste tenacemente alla sua destrutturazione, ma lo fa appunto assumendo quei cambiamenti che ne consentono l’esistenza nel contesto in cui interagisce” − O povo brasileiro, 2013: 234

Per Darcy, la sopravvivenza degli indios risiede nella loro apparente incapacità di essere disfatta nella società nazionale. Qualunque siano le condizioni che affrontano, gli indios, anche se profondamente mescolati con neri e bianchi, rimangono indios e si dichiarano indios.

 

A.M.: “Utopia selvaggia” è una storia, è una favola ma in realtà è molto di più. Ribeiro interviene spesso come voce narrante per spiegare al lettore ciò che sta leggendo in quel momento e dunque ciò che accade al personaggio principale Pitum e ciò che pensa dell’incompreso passato del Brasile. Lo stile del libro si presta al teatro considerando la forza delle garbate intromissioni dell’autore. Si è mai portato in scena la fiaba o si è pensato di farne un film?

Fondazione Darcy Ribeiro: Il narratore ha diverse funzioni nel romanzo di Darcy Ribeiro: si rivolge al lettore; accompagna i personaggi e il loro movimento attraverso diversi spazi; diventa un saggista e fa da cronista dei vari periodi. Come tale, tra le altre risorse narrative, il narratore testimonia e registra attraverso la scrittura, in modo commovente, i dialoghi tra i personaggi civilizzati e i loro confronti, e le conversazioni tra Calibã − leader della tribù Galibi − e i rappresentanti degli uomini civilizzati. Il libro si chiude con un capitolo apoteotico intitolato “A caapinagem” [“celebrazione di Caapi”]. In esso, Darcy Ribeiro evoca Glauber Rocha: “Salve, salve Glauber. Benvenuto”. In un’intervista, lo scrittore aveva già annunciato che “A caapinagem” era un capitolo concepito con l’intento di farlo adattare al cinema dal famoso regista brasiliano. Nelle Confessioni postume, lo scrittore brasiliano manifesta anche questo desiderio. Per i cineasti, un’immagine dice tutto. Indubbiamente, da questa prospettiva, Utopia Selvagem apre la possibilità di avvicinare il testo di Darcy Ribeiro alla luce della cinematografia e delle arti visive.

La relazione tra cinema e antropologia, per quanto riguarda Darcy Ribeiro, è attestata dalle produzioni filmiche che derivano dalla spedizione etnologica di Ribeiro a Urubus-Kaapor. Nella prefazione a Diários Índios, afferma che Heinz Foerthmann, quando lo accompagnò in occasione del suo primo viaggio, produsse un film “su un giorno nella vita di un popolo nativo nella foresta pluviale”. Inoltre, nel 1975 il regista Gustavo Dahl ha prodotto il film “Uirá, um índio em busca de Deus”, basato sul saggio “Uirá vai ao encontro de Maíra: come esperienze di um índio que saiu à procura de Deus”, pubblicato originariamente nel periodico Anhembi (1957) e successivamente presentato nel libro Uirá sai à procura de Deus, sottotitolato Ensaios de Etnologia e Indigenismo.

 

A.M.: Ribeiro ragiona sul governo brasiliano per bocca di Pitum e racconta del progetto del maggiore Psiu sui media sul poter ristabilire in Brasile l’ordine in uno stato sempre più depravato dall’incesto, nazionalismo, xenofobia, pornografia. Quali sono state le lotte essenziali della sua vita come uomo politico?

Fondazione Darcy Ribeiro: Darcy Ribeiro, laureato in sociologia e antropologia, ha iniziato la sua vita professionale lavorando con il maresciallo Cândido Rondon, che ha definito il suo eroe. Rondon era un ingegnere militare e un “sertanista” brasiliano, famoso per il suo sostegno alle popolazioni indiane brasiliane. A quel tempo, Darcy Ribeiro fu assunto come naturalista, perché ancora non esisteva il ruolo di indigenista o etnologo nel Servizio di protezione degli indios. Gli anni in cui Darcy Ribeiro visse tra gli indios lasciò molti legati, tra i quali spicca la creazione, nel 1961, del Parco Indigeno Xingu, la prima e più grande riserva per i nativi del Brasile. La convivenza con gli indios e la sua militanza politica hanno segnato la sua formazione, osservabile nella sua vita professionale e pubblica, in particolare nell’educazione. Darcy Ribeiro fu educato per opera di Anísio Teixeira, che egli definì il suo filosofo dell’educazione. Le proposte di Anísio Teixeira per l’educazione sono state incorporate da Darcy Ribeiro e implementate in tutte le sue opere nel campo dell’istruzione. Anísio Teixeira ha presieduto l’Istituto nazionale di studi pedagogici (INEP) e ha consegnato a Darcy il coordinamento e l’attuazione dei centri regionali di ricerca educativa, collegati all’INEP. Insieme hanno creato l’Università di Brasilia, che ha trasformato la comprensione della vita universitaria in Brasile. Darcy Ribeiro fu il suo primo rettore, consegnando questa responsabilità ad Anísio Teixeira quando Darcy Ribeiro divenne Ministro della Pubblica Istruzione. Era a capo della Casa Civile, quando il colpo di stato militare prese il potere. In esilio, Darcy ha partecipato all’organizzazione di diverse università. Al suo ritorno, è stato eletto vicegovernatore, con Leonel Brizola, attuando il più grande programma di educazione integrale nel paese, così come molti altri “costruttori” [fazimentos], come soleva dire. Negli anni ’90 fu eletto senatore e fu responsabile dell’approvazione delle linee guida e delle basi della legislazione nazionale sull’istruzione (legge 9394/96), tra gli altri progetti di legge della sua paternità. È morto 40 giorni dopo l’approvazione della legge sull’istruzione. Darcy Ribeiro ci ha lasciato il suo impegno per il Brasile, la sua incessante immaginazione e l’entusiasmo per ogni nuova idea intellettuale o iniziativa sociale.

 

A.M.: Indio fu una parola generica che Colombo diede agli abitanti dell’America ma sappiamo che non è mai esistito un prototipo di indio bensì un crogiolo di civiltà, popoli e gruppi umani generato da millenni di processi migratori ed adattamenti. Il Sud-America è diventato un emblema di mescolanza tra le popolazioni autoctone, gli invasori europei e coloro che arrivarono come schiavi dall’Africa. Il cosiddetto meticcio è tipico del “Nuovo Mondo” e mostra la grandezza della possibile integrazione. Ma com’è realmente vissuta ‒ visto e considerato che lo stesso Ribeiro volle preservare le popolazioni indios rimaste per non far l’errore di Stati come il Perù ed il Messico che con la “scusante” di libertà e parità di diritti hanno derubato le popolazioni della propria terra per una bottiglia di rum ‒ oggi la combinazione tra indigeno, europeo ed africano?

Fondazione Darcy Ribeiro: In As Américas ea civilização, un libro che affronta le questioni cruciali della storia americana, come il senso della colonizzazione, la rottura dell’impero spagnolo in una diversità di nazioni e le cause di disuguaglianza negli indicatori di sviluppo, Darcy Ribeiro modella tre tipi di popoli in America: popoli trapiantati, popoli testimoni e nuovi popoli che derivano dall’unione di bianchi, neri e indios nell’impresa coloniale, una situazione prevalente in Brasile. Nel prologo alla pubblicazione di Carta, Darcy Ribeiro scrive:

Il popolo brasiliano fu costruito come una popolazione razziale mista, storicamente spezzato in due blocchi: le orde originate dai regni e dai loro figli creoli, poste in cima come una coorte dominante, gli indios scampati allo sterminio, delle foreste e dei negri portati dall’Africa, in opposizione a questi contingenti cresce l’altro blocco di persone neo-brasiliane, composto da una massa di meticci, mamelucos e mulatti, che si prendono cura della propria identità, costruendo nella propria innocenza il loro destino” Carta, n.9, 1993: 16

Secondo Darcy, noi, popolo brasiliano, siamo

“tardo latini, da oltreoceano, “amorenados” [dalla pelle scura] dalla fusione di gente bianca e nera, deculturati dalle tradizioni del loro quartier generale ancestrale, ma che ne portano con se alcune porzioni sopravvissute [di queste tradizioni, n.d.r] che ci aiutano a contrastare così tanto con i lusitanos.” − O povo brasileiro, 2013: 117

Per Darcy Ribeiro, che fonde patrimonio genetico e culturale indiano, nero ed europeo, questa è l’avventura brasiliana.

 

A.M.: Qual è il punto di vista del neo eletto presidente Jair Messias Bolsonaro sulle popolazioni dell’Amazzonia?

Fondazione Darcy Ribeiro: Nonostante sia un militare e contando nel suo governo, su una forte partecipazione di membri delle forze militari, il presidente eletto rompe con il riconoscimento di una politica indigenista formulata dal maresciallo Cândido Mariano da Silva Rondon che, all’inizio del XX secolo, nel 1910, creò il Servizio di Protezione degli Indios [Serviço de Proteção aos Índios-SPI] e difese il riconoscimento dei popoli indigeni come nazioni autonome, con le quali era necessario stabilire relazioni di amicizia. Rondon ispirò Darcy Ribeiro che abbandonò la carriera accademica per diventare un etnologo presso la SPI, dove sviluppò importanti ricerche tra il Kadiwéu, Urubu-Kaapor, Guarani-Kaiwá, Kaingang e concepì il parco indigeno di Xingu. Contrariamente a questa visione umanista e al rispetto per il popolo indio, l’attuale presidente ha intrapreso iniziative deleterie per gli indios brasiliani. Ha diviso la National Indian Foundation [Fundação Nacional do Índio-FUNAI], un’organizzazione indigena che è succeduta allo SPI, tra due ministeri, delegando le azioni di identificazione e demarcazione dei territori indigeni al Ministero dell’Agricoltura, noto difensore degli interessi dei grandi proprietari terrieri, che, per la maggior parte, non riconoscono il diritto alle loro terre tradizionali per le popolazioni indigene, come stabilito dalla Costituzione brasiliana. Le recenti dichiarazioni del Presidente Jair Bolsonoro che considerano le terre indigene nelle aree di confine dell’Amazzonia un pericolo per la sovranità nazionale o che propongono la liberazione dell’attività mineraria in quei territori mettono a rischio il futuro delle popolazioni indigene e rivelano una chiara ignoranza della formazione storica del Brasile.

 

A.M.: Dagli anni ’70 ad oggi sono vari i libri di Darcy Ribeiro tradotti in italiano, come avete accolto il progetto di una nuova traduzione di Katia Zornetta della fiaba “Utopia selvaggia” per la Negretto Editore?

Fondazione Darcy Ribeiro: È preziosa la scelta di pubblicare questo libro in questo momento storico del Brasile. Questo romanzo fu scritto nel 1982 e fondò la sua pertinenza in due argomentazioni: la profonda credenza di Darcy Ribeiro in cui l’utopia è una forza trainante dell’umanità che illumina la traiettoria dai sogni alla loro realizzazione; e il presente sconcertante di questo racconto che registra la saudade di perdita dell’innocenza, attraverso i collegamenti tra passato e presente, che proiettano un futuro di speranza, fondato sulla costruzione di una cultura fondata sull’incrocio di varietà. Darcy ci ricorda che anche in tempi di grandi avversità, come quello attuale, ci possono essere delle compatibilità, anche se può sembrare troppo utopico.

 

A.M.: Salutateci con una citazione…

Fondazione Darcy Ribeiro: Considerando che l’opera Utopia Selvagem: saudades da inocência perdida: uma fábula si riferisce a vari intervalli di tempo − il periodo storico della conquista dell’America da parte di spagnoli e portoghesi, così come i decenni del 1960 e il 1970 (gli anni sotto la dittatura in Brasile) e il periodo della guerra fredda, trovo la riflessione sulla cultura presente in Os brasileiros: 1. Teoria do Brasil di estrema importanza. In questo senso, richiamo l’attenzione sul passaggio:

In determinate condizioni catastrofiche − come sconfitte in guerre, ecatombe o conquiste − i mezzi attraverso i quali le culture si esprimono possono essere ridotti a livelli minimi. Tali vicissitudini a volte causano traumi così profondi a una cultura che la condannano alla scomparsa. Tuttavia, poiché ogni uomo è sempre essenzialmente un essere culturale, un detentore della tradizione che lo ha reso umano, la sua cultura sparirà solo se gli sarà impedito di trasmetterlo socialmente ai suoi discendenti. ” Darcy Ribeiro, 1985, p.128

 

A.M.: Vi ringrazio per questa bella chiacchierata e per l’importante lavoro che svolgete con la Fondazione Darcy Ribeiro. Saluto con le parole di Antonio Gramsci: “Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri.

 

Written by Alessia Mocci

Traduzione in lingua italiana di Claudio Fadda

 

Info

Sito Negretto Editore

http://www.negrettoeditore.it/

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Sito Fundação Darcy Ribeiro

https://www.fundar.org.br/

 

Fonte

Intervista di Alessia Mocci alla Fondazione Darcy Ribeiro per l’uscita della nuova traduzione italiana di “Utopia Selvaggia”

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