La storia professionale di Andrej Tarkovskij si è svolta negli anni in cui il regime sovietico ha assunto un’attitudine particolarmente ferrea.  I suoi film, pregni di elementi simbolici ed onirici, risultarono sin dal principio come delle creazioni “scomode” agli occhi del regime.

Nonostante la formazione avuta alla VGIK (la scuola cinematografica di Mosca),improntata su un realismo di stampo sovietico, Tarkovskij riuscì ad elaborare un proprio stile, contenente degli elementi che si distanziavano nettamente dai canoni vigenti.

I contrasti tra il regista ed il regime sovietico iniziarono nel 1962,con l’uscita de “‘L’infanzia di Ivan” e proseguirono sino al 1986 (anno della morte di Tarkovskij). In quei vent’anni di aperta ostilità non mancarono interventi in difesa del regista e dei suoi film da parte di personaggi occidentali di spicco (come, ad esempio, quello di Sartre sulle colonne de L’Unità per difendere il valore artistico de “L’infanzia di Ivan”).

La considerazione che l’URSS poteva avere di Tarkovskij è molto ambigua; infatti, nonostante il manifesto ostracismo, non c’erano particolari reticenze ad ammettere il suo valore come regista. Tant’è, che nel 1972 il regime indicò “Solaris” come “La risposta sovietica a 2001: Odissea nello spazio”. Un’etichettatura, questa,  che lasciava intendere come non si temesse un confronto tra Tarkovskij e Kubrick. Il nodo della questione, però, in questo caso, viene dato dalla volontà di creare un paragone “forzato”; infatti, mentre “2001: Odissea nello spazio” è un film fantascientifico , “Solaris” ha dei radi elementi fantascientifici, che fanno da contorno a quel mood metafisico, tanto caro allo stile tarkovskiano.

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