“Mi soffermo distrattamente davanti a quell’ignota commistione di forme e colori.
Un battito di palpebre, un passo curioso della mia mente si inoltra in quel dipinto mai visto…
Avanzo nello spazio dell’opera, mentre riecheggiano gli iconici versi di Baudelaire:
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.
In quella natura sospesa, quasi tenebrosa, sono alla ricerca di corrispondenze, di risposte ai miei contorti quesiti, nella speranza che dietro quell’esasperato simbolismo si celi una certezza genuina, materica, a tal punto travolgente da sovrastare l’umana debolezza, propria della favella.
Il mio pensiero si rincorre in un flusso eracliteo, si intensifica un richiamo inarrestabile a conoscere, a sondare ogni meandro del paesaggio; l’esigenza di andare oltre se stessi si tramuta in urgenza ontologica.
Si tratta di un percorso ininterrotto, ricco di scorci e sfumature, che arriva a coincidere con la stessa poiesis pittorica.
Una potente dimensione metafisica avvolge ancor più l’animo titubante, così preso dal proprio travaglio interiore; il tumulto cede il posto al silenzio, alle sagome solitarie e bizzarre del mondo dei sogni, i quali sono destinati a moltiplicarsi in tutta la loro poliedricità, senza mai giungere ad una conclusione…
Tuttavia, non mi trovo in una di quelle città deserte e squadrate di Giorgio de Chirico: l’Antropocene, con tutte le sue modifiche inflitte all’ambiente, pare eclissarsi.
Dominano la leggerezza, l’idea di un’ulteriorità accessibile all’anima, finalmente libera di esprimersi e consapevole della propria irripetibile individualità.”
Queste e molte altre sono le possibili sensazioni che il ciclo dei dipinti dal titolo Betulle è in grado di trasmettere all’osservatore più sensibile: la levità formale dei tronchi, il profilo estremamente longilineo di questi alberi allontana dagli affanni terreni, costruendo quasi un iter ascensionale di rinascita; non a caso, l’utilizzo della luce gioca un ruolo fondamentale in chiave espansiva.
Il contesto spaziale rappresentato è capace di far emergere l’invisibile, con tutto il suo celato poliprospettivismo semantico, che assume forme concrete mediante gli estemporanei attacchi di fantasia, veicolati da tempere e acrilici…
E la produzione artistica in questione, con tutti i suoi risvolti psicologici, porta una firma forse non molto conosciuta, ma inconfondibile: Andrey Protasov è una delle personalità più influenti della pittura russa contemporanea e, nonostante la sua prematura scomparsa, avvenuta a soli 61 anni nel 2019, fa ancora parlare di sé, soprattutto nello scenario artistico romano e della sua terra natia, la sconfinata Russia.
Protasov nasce a San Pietroburgo il 4 novembre 1957 e la sua carriera attraversa oltre un quarantennio di rivolgimenti storici legati alla sua madrepatria, verso la quale mostra un amore incondizionato.
Le opere di Andrey Protasov, in particolare il ciclo delle Betulle già citato, sottolineano il clima di incomunicabilità che ha caratterizzato la Russia durante gli anni della Guerra Fredda ma, al contempo, lasciano intravedere uno spiraglio di cambiamento; una via di fuga, oltre le geometrie cilindriche di quella foresta popolata da alti fusti, protesa verso un decisivo rinnovamento.
Ma l’uscita dall’inettitudine, da quella selva cupa che è anche sintomo di rassegnazione, suggerisce, inoltre, un urgente desiderio di viaggiare, alla scoperta di nuove frontiere geografiche.
Il cammino professionale di Protasov non smette di arricchirsi di inediti stimoli creativi: le numerose trasferte in Europa dell’artista russo si rivelano fondamentali per le sue formazione e popolarità a livello internazionale; determinante è il suo definitivo trasferimento a Roma, grazie al quale Protasov ha occasione di approfondire la storia dell’arte e dell’architettura della Città Eterna, frequentando, inoltre, gli ambienti artistici romani più vivaci e prendendo parte a mostre e a progetti di pittura monumentale e decorativa.
Il linguaggio pittorico di Andrey Protasov è in grado di coniugare minimalismo nordico e calore mediterraneo, simbolismo russo e scomposizione pre-cubista alla Cezanne, fino al policromatismo più accentuato; questa commistione stilistica si evince esplicitamente nell’opera Quis ut Deus: la nitida effigie dell’Arcangelo Michele incontra la tecnica mista di olio e acrilici in un tripudio variegato di tinte.
La figura sacra non viene sminuita dalla lenta deriva verso l’astrattismo: i colori ne ravvivano i contorni, mentre l’eccessivo appeal visivo dell’opera, che la rende molto simile ad una reclame contemporanea, non trasforma San Michele in un’immagine destinata a perdere il suo potere evocativo con la reiterata ripetizione; l’influsso della pop art è quanto mai remoto, di conseguenza qualsiasi confronto con essa è assolutamente fuori luogo.
Le caratteristiche peculiari dell’arte di Andrey Protasov non possono che annunciare una personale d’eccezione: esclusivamente il prossimo 6 ottobre si terrà una mostra in sua memoria, dal titolo Secret of an Angel, nell’Art Gallery “Gregorio VII”, ubicata nell’omonima via della Capitale, al civico 274; l’inaugurazione è fissata per le ore 18.
L’evento ospiterà una collezione di opere dell’artista, gelosamente conservata dalla figlia Mariia, e l’atmosfera accogliente ed elitaria di questa location d’eccellenza non farà che impreziosire la qualità già elevata dei dipinti esposti.
L’evento è organizzato dalla Fondazione culturale Italo-Russa e dal brillante curatore e promotore artistico Luigi Rosa: gallerista ed esperto di arte contemporanea, Luigi Rosa ha realizzato diverse mostre nazionali ed internazionali di successo, coinvolgendo artisti già affermati ma anche aiutando i giovani emergenti.
Una delle esposizioni più celebri, da lui curate, è la collettiva Bateau Tiberis, tenutasi dal 15 al 22 luglio 2020 all’interno del battello Gilda sul fiume Tevere, alla quale hanno partecipato oltre 70 artisti italiani e stranieri.
Impegnato da anni nello scouting di talenti nascosti, Luigi Rosa punta ad un panorama artistico vivace, in continuo divenire, e tende ad instaurare con gli artisti un rapporto amichevole ma, al contempo, estremamente professionale.
Il suo obiettivo primario è quello di sostenere l’arte, spesso penalizzata e relegata in secondo piano, soprattutto in questi mesi di pandemia, puntando all’allargamento verso frontiere transnazionali e favorendo l’incontro con prospettive culturali differenti.
Con la personale dedicata a Protasov, la stessa Art Gallery “Gregorio VII” debutta in qualità di spazio espositivo, e questo è sicuramente soltanto l’inizio di un’entusiasmante avventura, determinata a risvegliare la creatività e l’interesse sopito per l’arte, dopo un plumbeo periodo di stasi.
Pronti per immergervi in dimensioni oniriche, contese tra mistero russo e solarità italiana?
Allora segnate data ed evento in agenda: Andrey Protasov, Secret of an Angel, mercoledì 6 ottobre 2021 ore 18, via Gregorio VII numero 274.
E preparatevi a vivere un’esperienza artistica unica, a pochi passi dalla Basilica di San Pietro.