L’Epifania, ultimo giorno del festoso periodo natalizio, rievoca la visita dei Re Magi al Bambino Gesù a Betlemme.

I tre saggi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, partiti dall’Oriente e guidati dalla stella cometa, giungono alla Grotta carichi di doni per il divino Pargoletto.

Esattamente come fanno oggi parenti e amici  quando un bambino viene al mondo e la Befana, appunto, è la vecchietta buona che a cavallo di una scopa arriva di notte, entra nelle case attraverso il camino per fare felici i bambini buoni di tutto il mondo.

Immagine più tenera e più dolce della Befana non poteva essere trasmessa ai bambini, ma oggi questa straordinaria creatura della fantasia è stata quasi completamente soppiantata dal norindexdico e barbuto Babbo Natale il quale, anziché muoversi a cavallo di una vecchia scopa, arriva, gagliardo e tosto, su una comoda slitta trainata da renne dalle enormi corna.

Babbo Natale sarà pure buono e generoso, ma è la Befana che i bimbi aspettano con maggiore trepidazione ed ansia, probabilmente perché, pur così vecchia e senza denti, non si dimentica mai di loro.

Non è vero, però, che tutto il mondo è paese e, quindi, non è vero che la tradizione della Befana viene seguita dappertutto e, a tale proposito, voglio parlare di ciò che avviene in una zona della Sicilia in occasione della ricorrenza dell’Epifania che lì assume un altro significato.

Nei pressi di Palermo c’è un paese chiamato Piana degli Albanesi dove si celebra un’Epifania tutta particolare, con rito Greco-Bizantino.

Qui, nel XV secolo, approdarono gli Albanesi sfuggiti alla persecuzione dei Turchi che avevano già occupato Costantinopoli e stavano dilagando nei Balcani.

Gli albanesi giunti in Sicilia si insediarono nella Piana alle porte di Palermo e lì rimasero con i loro usi, i loro costumi e le loro tradizioni formando un’isola nell’isola.

A Piana degli Albanesi si festeggia un’Epifania che, secondo i principi del filosofo-teologo Origene e i seguaci di Basilide di Alessandria d’Egitto, ritiene che la divinità di Gesù Cristo si sia manifestata non al momento del suo concepimento ma al battesimo, pertanto il 6 gennaio, i discendenti degli Albanesi di quell’epoca festeggiano il Battesimo del Signore.

I riti odierni sono suggestivi e particolari.

Il vescovo ed i sacerdoti, preceduti dai portatori di arance appese con tutto il ramo ad un palo, si recano in processione alla Fontana dei “Tre Cannoli” per benedire l’acqua che sgorga limpida ed abbondante.

Il prelato intona il canto “Ne Jordan” e nella piana si espande la melodia cantata da tutta la popolazione che partecipa alla cerimonia. Poi il vescovo solleva la croce con gesto lento e solenne e la immerge per tre volte nell’acqua viva della fonte e, nello stesso momento, viene liberata una colomba bianca che ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. La colomba, liberata dal tetto della chiesa, si libra nell’aria e planando dolcemente si va a posare sulla spalla del vescovo.

A questo punto, conclusa la funzione religiosa, le arance, benedette nell’acqua della fonte, vengono distribuite al popolo presente.

Una cerimonia semplice e toccante, dunque, impreziosita con i doni della terra di Sicilia che in gennaio sono particolarmente gustosi.

Dicevo più innanzi che la festa della Befana è stata sempre molto sentita in Italia prima dell’arrivo del nordico Babbo Natale che, incurante di gelo e neve, spunta dai boschi di abeti sulla sua slitta  trainata da renne con le corna al vento.

A Roma la festa della Befana per antonomasia si celebra nella sontuosa Piazza Navona, la piazza cara ai romani e non solo, che per l’occasione si riempie di bancarelle che traboccano d’ogni ben di dio per la gioia dei bambini, certo, ma anche dei genitori, dei nonni, degli zii e di tutto il parentado.

La Befana non chiede l’età ed è generosa con grandi e piccini.

Ci sono, però, dei luoghi in cui il compito della Befana veniva e viene ancora affidato a San Nicola, il 6 dicembre.

Per esempio a Stelvio, provincia di Bolzano, e nei tempi antichi in quasi tutta la Baviera e nel Tirolo. E’ la festa dei Klosen, o di Santa Klaus, ossia di San Nicola o Nicolò, che si presenta in tunica bianca e barba bianca e fluente.

Nella festa sono presenti angeli e spiriti buoni, ma anche spiriti cattivi e demoni che si presentano con orrende maschere in viso e dilagano per il paese bevendo enormi boccali di birra e facendo schiamazzi.

Al suono delle campane, però, spiriti cattivi e demoni vengono annientati dalle forze del bene e la pace discende sulla brava gente di Stelvio.

Arriva il momento tanto atteso e gli angeli distribuiscono i doni a tutti i bimbi buoni del paese.

Doni, regali, dolciumi, profumi inebrianti di leccornie dappertutto, dalle Alpi alla Sicilia, tutto il Paese viene attraversato dalla dolce atmosfera che caratterizza la fine del vecchio anno e la nascita del nuovo.

In Sicilia, specialmente in passato, i doni venivano dati ai bambini e agli adulti con molto anticipo rispetto al resto dell’Italia.

Già  per il giorno dei morti, il 2 novembre, forse per rendere meno cupo la ricorrenza e per esorcizzare la paura della morte venivano distribuiti doni a piene mani.

Per questo, il 2 novembre, nelle case, dalle prime ore del mattino, i bambini, dopo una notte in cui dovevano dormire o restare assolutamente in silenzio se non volevano essere “pizzicati” dai morti, manifestavano la loro gioia nel trovare i giocattoli: trottole, armi giocattolo, carrettini, bambole, pupazzi, e quant’altro.

E sapete che vi dico?

Che comunque sia, l’Epifania resta sempre la festa più bella dell’anno che ci sia.

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