Il reportage era stato inizialmente concepito per rappresentare due situazioni diverse: una l’evoluzione della storia mongola, paese orgoglioso del suo passato caratterizzato dall’impero del Gran Khan; l’altra il ritratto di una Cina che nasconde il suo autoritarismo dietro un illusorio benessere in modo da condizionare la popolazione che ritiene di vivere in un Paese libero e democratico, ricco di opportunità. L’esigenza di unire i due lavori ha reso necessaria una nuova selezione. Viene rappresentato in questa mostra un tema meno complesso dei precedenti ma più emozionale  e percettivo. Le caratteristiche difformi che distinguono i due paesi, evidenziate nelle foto esposte, sono molto palpabili per chi le ha potute osservare anche per un breve periodo: l’estrema calma che regna in Mongolia e il caos che domina nelle città della Cina. Anche se questa situazione non si verifica in tutti i luoghi dei due immensi paesi. La mostra inizia con la descrizione della pace del deserto del Gobi, poi si passa, attraversando una porta che separa l’ambiente naturale da quello urbano, alla movimentata Ulaan Bataar, capitale della Mongolia, fino ad arrivare al caos delle città cinesi. Il percorso continua ritrovando la pace dei luoghi spirituali e di meditazione di entrambi i paesi. Il percorso emozionale che si compie potrebbe non avere mai fine.

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