L’ultima fermata

Come cane randagio su un autobus diretto verso il Centro da questo angolo di periferia. La notte amplifica il rumore delle vecchie sospensioni su dossi e buche. Nessuno alle fermate, ma non provo angoscia per il vuoto attorno. Una storia finita mi fa amare il nessuno. Mi sento a contrasto con questo motore che tossisce e non vuole morire. Osservo la mia immagine riflessa nel vetro che si confonde con le luci della città che scorre quasi estranea. La notte segue al giorno come la morte alla vita. E’ di notte che molte certezze diurne divengono ansie. Non per me che vivo l’insonnia di un amore perduto e avverto uno spazio, proprio nell’ora in cui la terra sembra rinnegarci. L’ora del chissà se resterà qualcosa di me. Il ricordo dei dolci istanti vissuti, sono come una bottiglia vuota che rotola per strada fino a spaccarsi. Sento il bisogno del materno abbraccio della città notturna che, staccandomi dalla realtà, dà illuminazione al buio che mi avvolge. La notte cade ogni maschera e si sublimano i sogni e le illusioni, i dubbi e gli interrogativi. Ritrovo me stesso, anche solo per un istante, ma mi basta. La città passa in immagini e ricordi. Ora al nero opaco del cielo si mischia quello del fiume, con la sua distesa piatta, di lentezza solida, che assorbe ogni cosa e calma ogni disperazione. Le porte si chiudono alle mie spalle e l’autobus traballando si allontana da questa che per me è l’ultima fermata.

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