L’occupazione della Crimea del 2014
Mi sembra opportuno sottolineare subito che le ambizioni russe sulla Crimea, e sull’Ucraina in generale, non sono iniziate di certo nel XXI secolo come si potrebbe erroneamente pensare. La Crimea è infatti un territorio estremamente strategico in quanto permetterebbe, da una parte, uno sbocco sul Mar Nero e, dall’altra, una maggiore vicinanza al resto dell’Occidente.
Già nel XIX secolo lo zar Nicola I aveva iniziato una guerra contro l’Impero Ottomano per tentare di conquistare la penisola, ma non si ottenne il risultato sperato. Il territorio fu poi acquisito grazie all’allargamento post-Seconda Guerra Mondiale e venne nuovamente perso con la separazione dalla Russia dell’Ucraina, a causa del crollo dell’Unione Sovietica del 1991.Russia e Ucraina: dal 2014 ad oggi
Nonostante la perdita di ampi territori, la Russia riesce a trasformare l’Ucraina in uno Stato-cuscinetto e a mantenerla sotto la sua influenza insieme alla Bielorussia. Questa ossessione rispetto al circondarsi da Stati amici deriva dalla sindrome di accerchiamento che stava, e sta ancora oggi, vivendo la Russia: con la caduta dell’URSS i confini dell’Occidente, sotto la sfera d’influenza americana e percepito ostile (ostilità nota come russofobia), si facevano più vicini. I tentativi d’attacco già subiti da parte di Napoleone prima e Hitler dopo erano ancora estremamente vividi nella memoria collettiva russa, ma in particolare modo nella memoria dei leader del Paese. Un accerchiamento sul lato occidentale causato dall’allargamento ONU era sicuramente l’ultima cosa che Putin o la Russia desideravano.
L’occupazione della Crimea del 2014 non arriva quindi come una sorpresa analizzando il clima politica dell’Ucraina di quel periodo: nel 2013 si verificarono nel Paese un gran numero di proteste di matrice europeista denominate Euromaidan.
Le proteste di Euromaidan si tennero il 21 e 22 novembre a causa dell’arresto e sospensione delle trattative con l’Unione Europea per un accordo di libero scambio. Il governo ucraino aveva infatti iniziato con l’Unione Europea una discussione per arrivare ad un trattato di scambio commerciale, ma solo a patto che l’Ucraina avesse rispettato una serie di criteri tipici dello Stato di diritto. Il Parlamento allora, sotto esortazione del presidente, Viktor Janukovyč, comincia ad adottare una serie di leggi per far avvicinare l’Ucraina agli standard europei.
La reazione della Russia non si fece aspettare: modificando le leggi e le regole doganali sull’importazione, tutti i prodotti ucraini furono fermati al confine. Questa novità portò seri danni all’economia ucraina, stimata con un calo del 10% del PIL annuo, e fu interpretata come l’inizio di una strategia per il riavvicinamento dell’Ucraina alla sfera d’influenza russa. Le trattative con l’Europa vennero allora bloccate: la ragione ufficiale presentata fu un calo della produzione industriale, ma venne assicurato che le trattative sarebbero riprese appena si fosse superato questo calo industriale.
Già dal giorno seguente iniziarono le proteste dei cittadini contro l’interruzione delle trattative. Cruciali per l’organizzazione della protesta e per il coordinamento diventarono i social media che fecero si che da spontanee, le proteste assumessero una forma più definita. Le proteste partirono da Kiev per poi allargarsi a tutto il Paese, ma il punto nevralgico resta la capitale e la piazza che da il nome alla protesta, Piazza dell’Indipendenza (in ucraino Majdan Nezaležnosti).
Al continuare delle proteste iniziarono le violenze da parte della polizia, fino ad arrivare all’approvazione di una serie di leggi anti-protesta e al cambio del presidente, con Janukovyč che si trovò costretto a lasciare il Paese e ad essere sostituito alla presidenza da Turčinov nei primi mesi del 2014.
L’annessione della Crimea avviene, non a caso, proprio nei primi mesi del 2014 (20-27 febbraio 2014). Forse furono proprio le proteste di Euromaidan a dare l’ultima spinta per l’attuazione del piano. L’occupazione fu vittoriosa ed estremamente rapida: è infatti durata solo una settimana e ha causato un numero minimo di morti, sia civili che militari. Dopo l’occupazione da parte dei militari russi fu organizzato un referendum per decidere della sorte della penisola.
La Russia non dichiarò mai che le truppe occupanti seguivano ordini impartiti dai vertici russi ed anzi, davanti ad accuse del genere, negò sempre. Ammise solo la presenza, tra altri militari identificati come forze locali di autodifesa non riconducibili alla Russia, di militari russi che però non prendevano ordini da Mosca.
Nel febbraio 2014 in Crimea si svolsero molte manifestazioni che inneggiavano a Putin e si opponevano all’autorità ucraina presente nella regione. Il 27 febbraio i rivoltosi, armati con lanciagranate e fucili d’assalto, occuparono i posti di blocco e iniziarono a controllare il traffico tra Crimea e Ucraina. Viene sequestrato anche il Parlamento e la sede del Consiglio dei Ministri. Spodestato il vecchio primo ministro, viene instaurato un nuovo primo ministro filo russo che si dichiara, illegalmente, a capo delle forze militari e delle forze d’ordine locali.
A marzo seguì la dichiarazione d’indipendenza dall’Ucraina e, il 16 dello stesso mese, il referendum d’annessione alla Russia. L’affluenza al referendum si attesta sul poco più dell’83% e con una maggioranza schiacciante del sì (96% dei voti totali). Parere diverso hanno altri funzionari ucraini: per questi l’affluenza sarebbe arrivata al massimo al 40% e gli stessi risultati parevano essere stati falsificati.
L’Ucraina dichiarò il referendum incostituzionale e dello stesso parere furono Unione Europea e Stati Uniti d’America, che dichiararono illegale il voto. Come conseguenza a questa azione, la Russia vide cadere in ribasso i due indici principali della Banca di Mosca. L’Occidente si mobilitò inoltre contro la Russia e prese diverse misure per punirla del crimine commesso: alcuni Paesi NATO iniziarono ad addestrare l’esercito ucraino per prepararlo ad un altro attacco del genere, l’Unione Europea impose alcuni divieti riguardo l’importazione nei Paesi membri di beni prodotti in Russia ed impose anche sanzioni contro funzionari russi facenti parte dell’establishment del Cremlino.
Misure piuttosto blande quelle applicate dall’Occidente, tentando una politica molto simile a quella del Primo Ministro inglese, Chamberlain, negli anni subito precedenti al secondo conflitto mondiale: accontentiamo le pretese sperando non aumentino. Questa politica non ha funzionato con Hitler e non sta funzionando con Putin.
Offensiva nel Donbass del 2022
Dopo mesi di operazioni militari delle forze russe svoltesi ai confini con l’Ucraina, il 24 febbraio 2022 le forze militari russe passano i confini ed inizia una guerra che tiene occupate le due nazioni ancora oggi. Questa volta, a differenza dell’annessione della Crimea, il superamento della frontiera e l’attacco ai civili viene dichiarato e rivendicato da Putin, ma anche giustificato.
La giustificazione fornita dai vertici russi è la presunta “denazificazione” dell’Ucraina e la difesa delle due repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k, già in guerra con l’esercito regolare ucraino dal 2014. Inoltre, differentemente dal 2014, l’attacco viene portato avanti con l’esercito russo, compresi i mezzi corazzati e l’aeronautica.
Il clima teso si era cominciato a sentire già dai giorni precedenti al 24 febbraio, ma in Occidente c’era un generale consenso intorno all’idea che Putin non avrebbe mai osato attaccare direttamente una nazione sovrana in Europa. Questi pensieri vennero meno con l’attacco. L’invasione inizialmente seguì due direttive principali: quella dalle due repubbliche separatiste da una parte e quella dalla Crimea dall’altra per creare un ponte tra le due zone d’occupazione.
L’invasione inizialmente vede molti errori da parte dei russi, meglio armati e con un maggiore capitale umano da poter sfruttare, ma poco preparati alla resistenza ucraina.
Tra i momenti più importanti di questa prima fase c’è sicuramente l’assedio all’Azovstal, nel quale si rifugiava sia il reggimento Azov di Prokopenko sia civili e lavoratori dell’acciaieria. Dopo l’evacuazione di tutti i civili, al reggimento non restava altra scelta che quella di arrendersi al nemico. Altro momento significativo fu la presa di Mariupol: la Russia otteneva così il pieno controllo del Mar d’Azov collegando le due zone russofone.
A differenziare i due attentati all’integrità dell’Ucraina è la durata, la violenza e la reazione degli altri Paesi. Abbiamo già evidenziato come l’annessione della Crimea sia stata un’azione quasi istantanea, durata poco meno di un mese. La guerra che invece continua ancora oggi in Ucraina è cominciata già due anni fa e, secondo analisti che studiano l’area, potrebbe andare avanti per ancora decadi.
Inoltre, dove nel 2014 in Crimea c’erano stati pochissimi morti e feriti, nella guerra iniziata nel 2022 si contano ormai più di 10.000 morti civili (stime approssimative non verificabili). É indubbio infatti che l’offensiva russa non si sia fermata davanti a nulla, raccontando gli ucraini come un’unica massa indistinta di corpi con stesse idee e pensieri da uccidere perché pericolosi.
Questa violenza è dovuta anche al nuovo atteggiamento presentato dagli ucraini: la Crimea, a causa della maggioranza russo fila, aveva accettato di buon grado di unirsi alla Russia e gli stessi governatori locali ucraini erano scappati subito.
Nel 2022 però gli eventi non seguirono quelli che erano i piani russi: il presidente Zelensky non era scappato ed anzi aveva preso parte attiva nel conflitto, diventando simbolo della resistenza. La popolazione non era russo fila e mal sopportava i russi già da prima: dagli uomini alle donne e anziani, tutti si opposero e resero la vita difficile agli invasori. L’atteggiamento tenuto dagli ucraini portò in alcuni casi anche a gravi ripercussioni, sfociate con crimini di guerra (esempio massimo è diventato il massacro di Buča).
Infine, sono stati esemplari gli atteggiamenti degli Stati, europei e non, nei confronti della Russia. Sanzioni gravi sono state applicate su imprese ed oligarchi russi, in molti casi privati dei possedimenti esteri. Anche aziende e catene occidentali hanno preso posizioni nette contro l’attacco all’Ucraina, chiudendo le sedi presenti in Russia. Caso emblematico è stato McDonald, simbolo dell’avvicinamento tra Russia ed Occidente negli anni ’90: da simbolo della globalizzazione, la sua chiusura in Russia è stato un chiaro segno di cesura, da un rapporto di collaborazione ad una diffidenza reciproca.
Donbass e Crimea: storia di una crisi annunciata
Il conflitto russo-ucraino è quindi un conflitto che si trascina stancamente già dai primi anni del XXI secolo e in cui ogni avvenimento alza sempre di più la tensione nell’area, come fosse un eterna partita di domino.
La fine del conflitto sembra ancora molto lontana, ma già riusciamo ad avvertirne le conseguenze: dalla maggiore radicalizzazione politica alla crisi economica, fino ad arrivare ad una maggiore conflittualità nella società civile.
La crisi ha infatti obbligato i politici mondiali a schierarsi da una o dall’altra parte, impossibilitati dal chiudere gli occhi davanti una situazione del genere. Ciò ha condotto ad un aumento della spesa militare, sia per aiutare l’alleato ucraino inviando materiale bellico, sia per prepararsi ad un possibile attacco nel caso le relazioni fossero peggiorate in tal senso.
Dall’altra parte, la società civile si è trovata totalmente impreparata e vittima effettiva delle decisioni delle classi governative. Le sanzioni sulla Russia hanno infatti colpito duramente il settore energetico (maggiore entrata per la Russia), di cui beneficiavano principalmente Germania e Italia. Ciò ha quindi portato ad aumenti rilevanti dei costi dell’energia e dei contributi fiscali dei due Paesi, fino a cercare spasmodicamente nuovi fornitori che offrissero prezzi bassi per le loro risorse.
L’uso delle sanzioni è stata un’arma a doppio taglio: ha ferito parzialmente la Russia, supportata comunque sia da Cina che da Corea del Nord, ma allo stesso tempo anche i politici europei ed americani. Nelle ultime elezioni infatti si è registrato un aumento di consenso per le correnti più estremiste, mentre i partiti classici hanno subito un forte calo nei sondaggi.
Questa situazione potrebbe portare ad ulteriori conseguenze che non sono ad oggi ancora previste, tra le quali un possibile conflitto mondiale. Com’è stato possibile nel 1939 con l’invasione della Polonia in un’Europa fortemente radicalizzata, potrebbe essere assolutamente un risvolto dell’attuale situazione.
(per cartine del conflitto: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/speciale-russia-ucraina-10-mappe-capire-il-conflitto-33483 )
Un pochetto di parte il racconto, d’altronde viene dalla nostra parte.
In quel periodo in piazza euromaidan c’era Victoria nuland attorniata da dirigenti di pravy sector ed azov a distribuire caramelle, a noi raccontavano della pasionaria yulia in prigione e poi l’ ho vista inneggiare al nazismo in un video e chiedere l’atomica per la Crimea ed il Donbass.
Ora sempre di più si vede che é stato un colpo di stato organizzato dagli USA sotto la direzione della moglie di uno dei più conservatori americani, ormai é pure difficile trovare testimonianze di quei difficili giorni, parate naziste, addestramento di bambini ucraini ad uccidere sagome di militari russi e giovani nazisti che infastidivano parate della memoria, se vuoi ho una raccolta di quelle foto.
La stessa Merkel ha dichiarato che gli accordi con la Russia servivano a prendere tempo per armare l’Ucraina, come agnello sacrificale per indebolire la Russia.
É solo l’ennesimo uso che fanno gli anglosionisti di paesi terzi mandati al macello per testare la forza tra potenze, roba vista in Afghanistan, Vietnam Cuba….