Berlusconi ha l’uveite, Ghedini anche, ma la Boccassini ci vede molto bene. E anche il paese pare, a metà tra la scoperta di un nuovo pontefice e un occhio sulle vicende che in questi giorni si svolgono nel Parlamento. Schivando -come può- la falce della recessione e le maree che potrebbero spazzare via il vecchio, depositando un chissà quale nuovo. Mentre Grasso e la Boldrini ringraziano.
Ci sono momenti in cui scrivere articoli è un privilegio. Non perché si può guardare in volto la Storia, ma perché -almeno questo- ci si può fare due sane risate. Già, perché alcune vicende dei giorni recenti ci ricordano qualche analogia e qualche bizzarria di troppo. Tutto ha inizio quando B. viene ricoverato in ospedale per una “marcata fotofobia”, facendo subito scoppiare un finimondo degno della più brancaleonica armata. In sequenza intervengono tutti gli uomini di cappa e spada dell’eroico scenario politico italiano.
C’è chi -come il medico personale di Berlusconi, Alberto Zangrillo– se ne va quale novello Savonarola annunciando l’apocalisse, dichiarando ai giornalisti che B. soffrirebbe di “febbre alta, scatenata dallo stress“, aggiungendo indignato che “gli attacchi vili degli ultimi giorni stanno mettendo a rischio la sua salute“. Ma c’è anche chi -ancor più sconvolto- dichiara illogico chiedergli di presentarsi in aula con occhiali e barella. Parliamo di Ghedini, naturalmente, anche se molti sforzi non sono stati sufficienti a spiegarci come una congiuntivite renda necessaria la barella. Ammonitoria è poi Radio Angelino -per gli amici Alfano– quando mette in guardia: “è in pericolo la democrazia“.
Ma non basta, perché la Boccassini è un segugio e -sentendo aria di fregatura- parla di un'”escalation di certificati medici“. È allora che la permanenza al San Raffaele -dove Formigoni è di casa- si rivela per ciò che è. Un bunker, come lo definisce l’Huffington Post, ma soprattutto un’estradizione atta a celare dietro mezzi legali la fuga dalle proprie responsabilità politiche e giudiziarie. La Boccassini risponde allora con un’arma a sorpresa, quella della visita fiscale, mentre fuori i falchi del partito sono al lavoro per spostare il centro della questione dal contenuto del processo Ruby alle (presunte) ragioni dello stesso. Marciano sul tribunale, una roba che Peter Gomez sul Fatto Quotidiano descrive esattamente per ciò che è:
“Così i nominati del suo partito, tra i quali figurano 34 indagati e quattro pregiudicati, si presentano in massa a palazzo di Giustizia non per costituirsi, ma per dare un segnale preciso: questa volta siamo stati buoni e civili. La prossima, chissà. È uno stile che in Sicilia la gente conosce bene. Arriva uno, entra in negozio e dice gentile: “Bello questo negozio, bello questo bancone, belle queste tende. Bedde, beddissime. Certo che sono tutte infiammabili.”
Certo -come non manca di sottolineare Ghedini- la prescrizione è lunga a venire. Sulla testa di Berlusconi pende però -è lui lo sa bene- una pesante spada di Damocle. Tanto che anche B. -e con lui Libero– se n’è finalmente accorto: “corre voce che nel palazzo di Giustizia di Milano si parli di una operazione Craxi 2“. Magari questo è accaduto già con le monetine gettate il giorno delle sue dimissioni, ma si sa, ci vuole un po’ prima che una certa consapevolezza penetri nella testa degli uomini di scarso comprendonio.
È a questo punto che le parole di Concita De Gregorio su Repubblica mi tornano in mente, quando dipinge magistralmente un Parlamento allucinato come il Congo di Joseph Conrad, una classe politica -nella persona di Cirino Pomicino- che “incede come un’oracolo, continuamente intervistato da spaesati cronisti della sua stessa era politica” vagheggiando “un monocolore Bersani”, che pare il Clemenceau tratteggiato da Keynes come qualcosa di simile ad un vaporoso imbecille. Parla -la De Gregorio- di un parlamento corroso dal monotono brusio della votazione, quasi ipnotizzato dalla barbara eco di se stesso, mentre si trema di fronte al grillismo: “Un vecchio deputato ex democristiano ne parla come uno zoologo: “Se non li aggredisci non ti aggrediscono. Se poi per caso ti aggrediscono non devi guardarli negli occhi, non devi reagire”. Fa tenerezza, tanto è evidente la paura. Predatori sconosciuti, una razza ignota. Hanno indossato gli abiti del nemico, oltretutto, come certi incursori: la battaglia sarà più sottile e infida, persino potrebbe essere più efficace“.
Sono lì -al pari della propria adorabile mascotte- scioccati da quanto rapidamente la gente si stia scordando di loro. Più volubile che redenta, in verità. Ed è per questo che hanno paura, finendo per cercare ognuno i santi che può. Da una parte quindi le tragiche vicende dell’uomo che volle essere dio, e che per intercessione dei Santi (Raffaeli) dichiarò solennemente e con aria contrita: “due giorni ad Arcore, poi resurrezione”. Dall’altra i suoi degni colleghi che a diverse santità si rivolgono -più mondane- per una penitenza con tanto di cilicio e poltrona imbottita. Mostrando ai popoli le icone sante della Boldrini e di Grasso affinché tutte le malefatte siano perdonate.
Certo, non possiamo non condividere di nuovo con Gomez quanto significativo possa questo essere, considerato che da uno che militava già nell’MSI ad un membro eccellente del fondo delle Nazioni Unite per i rifugiati il passo in avanti è notevole. Così come non possiamo non convenire con la De Gregorio su come ci sia più di malinconica allucinazione che d’altro in questa impasse. Comprederanno però se sottolineiamo come in questo ci sia un che di prodigiosamente kafkiano. Ma soprattutto come in questa desolazione, in questo grigiore politico fatto di una stanchezza che ci ha reso tutti un po’ più vecchi, un Ordine dei Giornalisti che fa cartello e piazza i cecchini sul tetto è stato determinante, assieme ai colossi editoriali che hanno a lungo soffocato in maniera mortale una riflessione scevra da appartenenze di partito o ancor più bieche considerazioni di interesse personale.
È vero in questo senso quanto detto in un memorabile editoriale su Servizio Pubblico da Marco Travaglio, che conta di gran lunga di meno ciò che in questi vent’anni si è fatto rispetto a ciò che nell’era berlusconiana è stato nascosto nel cassetto, compresso fino al colpo apoplettico, devitalizzato fino alla necrosi intellettuale. In questo i giornalisti sono stati i principali colpevoli -senza esclusione- e proprio per questo sembrano oggi vecchi a dismisura, come se appartenessero ad un’altra era geologica e fossero lì a sedimentare quali un Cirino Pomicino qualunque. Anche di questo dobbiamo rendere conto -in travagliesca memoria- con un pensiero a quanto bella, pulita potrebbe oggi essere la nostra Repubblica, l’altro a come partecipare al cambiamento che vogliamo. Guardando quindi al paese e al berlusconismo con nella mente due preziose prospettive, in biblica perifrasi: “alzati e cammina“, “alzati e confessa“.