La minaccia, il più misero e meschino strumento umano e politico ma al tempo stesso più di ogni retorica efficace, è uscito allo scoperto con Silvio Berlusconi, il pregiudicato di Arcore. Trafelato per le vicende giudiziarie ultime ma sempre lucido come lo conosciamo nella sua retorica, il Cavaliere, in un’intervista per Tempi, settimanale di Comunione e Liberazione in edicola dal 5 settembre, snocciola le sue questioni fondamentali, che sono poi anche quelle della sopravvivenza della vecchia politica italiana.

Se a settembre, in Senato il M5S e parte della sinistra intenderanno dar seguito a quella parte di dispositivo della sentenza Mediaset che prevede la sua spoliazione da senatore e interdizione dai pubblici uffici, il Governo Letta sarebbe in serio pericolo. Perché interdizione dai pubblici uffici è uguale alla morte politica di Silvio Berlusconi, conseguenza inammissibile per il Pdl e per il suo elettorato. Si difende infatti il Cavaliere nell’intervista: “Possono farmi tutto, ma non possono togliermi tre cose. Non possono togliermi il diritto di parola sulla scena pubblica e civile italiana. Non possono togliermi il diritto di animare e guidare il movimento politico che ho fondato. Non possono togliermi il diritto di essere ancora il riferimento per milioni di italiani, finché questi cittadini liberamente lo vorranno”.

Il progetto politico di Berlusconi deve continuare, è fuori discussione ogni qualsivoglia ritiro volontario o meno del leader del centrodestra “all’italiana”. Letta lo sa, l’ha sempre saputo fin da quando ha stretto i patti con Berlusconi. Se Berlusconi afferma che il Governo Letta è nato con l’obiettivo di un allegerimento fiscale per tutti gli italiani, la realtà sembra dare credito ad un’altra teoria, quella che vuole il Cavaliere come il vero e velato manipolatore dell’esecutivo, che usa l’organico istituzionale e politico per i suoi fini personali e politici. Nient’altro.

La decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore sarà votata dalla Giunta sotto la proposta del pidiellino Andrea Augello che la presenterà il 9 settembre; la relazione poi dovrebbe passare in aula per il voto finale. Si arriverà a questo voto caldo e determinante per tutti, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.

La minaccia si sostanzia proprio in questo voto: se Berlusconi non sarà più senatore e verrà interdetto dai pubblici uffici il Governo cadrà. “Diranno che e colpa mia se i ministri del Popolo della Libertà valuteranno le dimissioni davanti al massacro giudiziario del loro leader eletto da milioni di italiani. Ma io mi domando: se due amici sono in barca e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?”. Siamo tutti sulla stessa barca? No, siete tutti sulla mia barca, sembra ammettere il Cavaliere, e se cade il timoniere, cadranno tutti. Un discorso che non lascia molto spazio alle interpretazioni, è privo di vie di uscita. L’esecutivo deve far di tutto per salvare Berlusconi se vuole salvare anche solo per qualche istante in più la legislatura.

Il pungolo della minaccia funziona, specie se rivolto contro il Pd, che non c’è, come l’isola da cui tutti vogliono andarsene. C’è solo una barca, quella di Silvio Berlusconi.

Un Silvio Berlusconi che non ricorre più a battute di discutibile verve o voli pindarici tipici della sua parlantina. Il Cavaliere ricorre adesso ad una minaccia esplicita di far cadere il governo se questo non lo salverà dalle forche caudine della giustizia.

Aspettando un nuovo video del Cavaliere, già annunciato, non posso che rivedere altri video che un amico di B. molto intimo in tempi andati e da molti dimenticati,trasmetteva dalla tv libica. Discorsi violenti e accesi, al limite del delirante. Perché le ultime esternazioni di Berlusconi sono della stessa pasta di quelle del fu Muammar Gheddafi: minacciose piene di paura. Entrambi dicevano: “Io non mollo“.


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