Debito, evasione e lavoro: i fardelli dell’economia italiana

Nuovo decennio, vecchi problemi. L’elevato debito pubblico, l’evasione fiscale e la disoccupazione hanno portato al paradosso del Belpaese, terza economia dell’Unione Europea ma penultima sui mercati finanziari. Se è vero che tutti i paesi dell’Eurozona stanno ancora risentendo della grande recessione iniziata nel 2007, l’Italia presenta dei problemi propri che vanno risolti dall’interno, a partire dalle riforme sul mercato del lavoro, l’obiettivo di medio termine.

L’instabilità politica degli ultimi governi Conte I e Conte II ha generato un quadro piuttosto confuso, con riforme mal coordinate come Quota 100 e Reddito di Cittadinanza che non hanno dato i risultati sperati, frutto di promesse elettorali di fazioni diverse più che di un disegno pensato per la crescita del paese.

Il debito

Il debito pubblico italiano, guardando i dati di Eurostat, è stabile oltre al 130% del PIL, secondo in UE solo alla Grecia, che infatti è anche l’unico paese con un rating peggiore sui mercati. Siamo quindi ben oltre la media europea dell’80%, e ancor più lontani dal parametro di Maastricht del 60%. Un debito insostenibile si traduce nel lungo periodo in una maggiore pressione fiscale sulle nuove generazioni, uno scenario non affatto auspicabile.

Tuttavia queste cifre vanno rapportate al contesto dell’Eurozona, in cui i singoli paesi non hanno una politica monetaria autonoma, ovvero una Banca Centrale che acquista i bond pubblici mantenendo il debito domestico. Si pensi ad esempio al Giappone, terza economia del mondo con un debito pubblico pari a circa il 250% del PIL e che eppure gode di fiducia da parte dei mercati.

Inoltre i parametri di Maastricht non tengono conto del debito privato, ovvero imprese e famiglie, altra voce importante dell’esposizione finanziaria di un paese. L’Italia è in questo senso uno dei paesi più virtuosi dell’UE, con una quota di debito totale sul PIL del 310% circa, mentre ad esempio Francia, Olanda e Belgio registrano cifre ben maggiori.

Il problema che va risolto quanto prima è la mancanza di fiducia da parte dei mercati, che si traduce in elevati interessi sul debito, dovuta perlopiù all’instabilità del governo, quindi politiche fiscali non convincenti e soprattutto poca crescita, la determinante che rende il debito sostenibile.

L’evasione fiscale

L’evasione fiscale è probabilmente la vera piaga del nostro paese. Essendo una parte dell’economia nascosta al fisco, comprendente sia economia sommersa che illegale, non è facile da quantificare e bisogna quindi affidarsi alle stime. Secondi gli ultimi dati di Istat ammonta nel 2017 ad oltre 200 miliardi di euro, quindi oltre il 10% del PIL. Il grosso di questa cifra è dovuto a sotto-dichiarazione, in particolare Iva e Irpef, e al lavoro irregolare.

L’Italia è dunque prima in Europa per evasione in termini assoluti, pur non essendo il paese con la pressione fiscale più elevata, fatto che ne evidenzia anche l’aspetto culturale.

L’ultima manovra finanziaria ha introdotto una serie di misure contro l’evasione seguendo la strategia cashless, una lotta al contante tanto amato dagli italiani. Da un lato un tetto all’uso del contante che arriverà a 1000 euro nell’arco di tre anni, dall’altro uno sconto fiscale da riconoscere nel 2021 per chi effettua pagamenti con la carta, oltre alla famosa lotteria degli scontrini, per incentivare la richiesta della ricevuta fiscale. Ci sarà inoltre un inasprimento delle pene per i grandi evasori. Tuttavia ci sono ancora molti dubbi sull’efficacia di queste misure nel cambiare le abitudini degli italiani.

Anche la riduzione del carico fiscale può essere vista come una forma di lotta all’evasione. Oltre alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia per il 2020, che prevedevano l’aumento dell’Iva, il Ministro dell’Economia Gualtieri ha portato sul tavolo la riduzione del cuneo fiscale, a partire da Luglio, per i lavoratori dipendenti con redditi fino ai 40.000 euro. La manovra ha stanziato 3 miliardi per quest’anno, ma non sono ancora chiare le modalità del taglio, probabilmente da inserire in una rimodulazione delle aliquote Irpef.

Il mercato del lavoro

Entrando nel merito del mercato del lavoro il quadro si fa ancora più complesso. Il tasso di disoccupazione è stabile al 9,7% secondo i dati di Eurostat, contro la media europea del 6,3%, con una disoccupazione giovanile oltre il 30%. Se il trend sta mostrando miglioramenti, ultimamente la preoccupazione è rivolta agli over35, in particolare ai 35-49enni, unica classe d’età che ha registrato una decrescita dell’occupazione.

Ad incidere sono sia le diffuse crisi aziendali, sia la mancanza di agevolazioni per questa fascia d’età, che subisce la concorrenza dei più giovani. Le imprese, infatti, tendono ad investire nella formazione di quest’ultimi, spinte anche dagli incentivi economici. Sarebbe quindi opportuno prestare più attenzione a questa forza lavoro, che ha subito in pieno la crisi del 2007 e che potrebbe comunque avere un know-how superiore ai più giovani, senza contare che molti di questi disoccupati hanno figli a carico.

Anche per quanto riguarda le altre fasce, tuttavia, gli ultimi dati positivi vanno interpretati attentamente. Se pur seguendo un trend altalenante, l’aumento dell’occupazione è trainato dai rapporti di lavoro temporanei, spesso non rinnovati, e dagli autonomi, agevolati dalla flat tax del precedente governo giallo-verde. I rapporti a tempo indeterminato fanno invece fatica ad imporsi, anche per via del quadro generale di incertezza economica.

La riduzione del debito si prospetta per ora impossibile, data la necessità di una politica fiscale espansiva accompagnata al Quantitative Easing della Bce, ed anche la lotta all’evasione rimane un obiettivo di lungo periodo. Aspettando i risultati dell’ultima manovra finanziaria, la strada migliore da intraprendere è lasciare da parte gli interessi politici ed attuare una riforma credibile sul mercato del lavoro, che possa ridare fiducia ai mercati e rilanciare gli investimenti.

Debito, evasione e lavoro: i fardelli dell’economia italiana

 

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