Mentre la rosa tecnico-politica di Mario Draghi ha preso forma, la notizia è stata accolta positivamente un po’ ovunque oltre i confini italiani così come dai mercati finanziari, che hanno visto nei primi giorni un rally del FTSE MIB e un netto calo dello spread con il Bund tedesco, tornato dopo tanto tempo sotto i 100 punti base. Interessante da interpretare è proprio la reazione della Germania, che ha sempre avuto un rapporto complesso quanto controverso con l’ex presidente della Bce, a lungo oggetto di discussione tra i diversi stakeholders della prima economia d’Europa. I media tedeschi – tra cui il tabloid “Bild-Zeitung” che rappresentava Draghi come il “Conte Draghila” prosciugatore dei risparmi tedeschi – per il momento non si sono espressi esplicitamente se non in termini di cronaca. Draghi in Germania: il controverso rapporto tra il neo premier e la prima economia d’Europa Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Durante il suo mandato a Francoforte, Draghi si è fatto diversi nemici tra le fila dei “frugal four”, i cosiddetti falchi che ad oggi sembrano messi all’angolo, indeboliti dopo Brexit e la graduale evoluzione della Germania di Angela Merkel che, forte della sua rinnovata posizione politica e sostenuta da Emmanuel Macron, ha teso una mano ai paesi dell’Europa meridionale approvando il Recovery Fund, al centro dell’agenda Europea e di quella del nuovo premier. Tuttavia anche dalla Repubblica Federale sono partiti diversi attacchi contro Draghi per via della politica monetaria ultraespansiva adottata negli ultimi anni – in particolare la Nullzinspolitik e il Quantitative Easing – e che prosegue tutt’oggi sotto la nuova presidenza di Christine Lagarde.

Le critiche a Draghi tra privato e pubblico

Il malumore serpeggiava (e serpeggia) perlopiù nel settore privato dell’economia tedesca, caratterizzata da un forte tessuto finanziario composto, tra l’altro, da casse di risparmio, fondi pensione e agenzie di assicurazione che raccolgono i surplus dei tedeschi, un popolo tipicamente risparmiatore sia dal punto di vista privato che pubblico. In particolare, gli esponenti delle principali banche hanno accusato la Bce di Draghi di aver minato i risparmi delle famiglie tedesche così come la redditività degli istituti finanziari, costretti a scaricare sui clienti – per quanto possibile – i costi derivanti dai tassi di interesse nulli o negativi. Le maggiori critiche sono arrivate da Christian Sewing e Oliver Bäte – Ceo rispettivamente di Deutsche Bank e Allianz – secondo i quali tassi di interesse troppo bassi ostacolano le riforme fiscali e danneggiano il sistema finanziario nel lungo periodo, favorendo lo sviluppo di bolle speculative. Una prospettiva anche comprensibile per quanto riguarda investitori istituzionali come Allianz, abituati ad acquistare asset a basso rischio quali i bond e che ne hanno subito il crollo dei rendimenti.

Ma le critiche sono arrivate anche dal settore pubblico, in particolare dal presidente della Deutsche Bundesbank Weidmann, fino ad arrivare al recente conflitto giuridico tra la Bce e la Bundesverfassungsgericht – la Corte Costituzionale Tedesca. Raccogliendo le varie critiche mosse dal settore finanziario, Weidmann giudica la politica monetaria avviata da Draghi sproporzionata agli obiettivi della Bce e insidiosa per la stabilità finanziaria dell’Eurozona, alimentandone un pericoloso surriscaldamento analogo a quello che ha preceduto la crisi finanziaria del 2007. Il caso è poi arrivato fino ai giudici di Karlsruhe, che lo scorso maggio hanno vincolato il Governo Merkel e il Parlamento tedesco ad analizzare la legittimità delle manovre della Bce, ovvero un’analisi costi-benefici che ne giustifichino la proporzionalità e il rispetto della Costituzione.

Dunque un approccio conflittuale da parte dei principali banchieri tedeschi e delle autorità monetarie nazionali, un contrasto ereditato dalla Lagarde e nato dalla politica monetaria non convenzionale di Draghi, che è sempre rimasto fermo nella sua posizione sostenendo la proporzionalità delle sue manovre, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo principale e di lungo periodo della stabilità dei prezzi – tradotto nel tasso di inflazione di Maastricht tendente al 2%.

L’altra faccia della moneta

Tuttavia non tutti in Germania la pensano in questo modo, a partire dalla Cancelliera Merkel che ha una grande influenza nel suo paese e che è forte debitrice di Mario Draghi, salvatore dell’Euro durante la crisi dei debiti sovrani. Mentre la maggior parte dei media tendevano a rappresentare le prospettive della lobby finanziaria, i maggiori istituti di ricerca economica hanno valutato positivamente le politiche della Bce di Draghi, a partire dal Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW) e il Leibniz-Institut für Wirtschaftsforschung Halle (IWH). Altri economisti di rilievo – come Peter Bofinger e Thomas Straubhaar – hanno sostenuto le stesse ragioni, ovvero che la Germania potrà anche accusare la politica dei tassi negativi, ma le perdite sono più che compensate dai vantaggi che trae dalla moneta unica e dal fatto che questa sia stata difesa dall’ex presidente della Bce in una fase in cui la politica tedesca non appariva sulla stessa lunghezza d’onda. I vantaggi dell’Euro – ovvero il mercato unico a cui viene destinata una buona parte dell’export di quello che è il terzo paese esportatore al mondo – sono accompagnati inoltre dal mancato rispetto della MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure), che raccomanda agli Stati Membri un saldo di conto corrente compreso tra il -4% e il 6% per evitare squilibri commerciali all’interno dell’UE e dell’Eurozona. Draghi ha spesso invitato i paesi con spazio fiscale come la Germania, che per anni ha registrato ampi surplus pubblici, a investire di più per compensare i paesi fortemente indebitati.

In ogni caso, i principali indicatori macroeconomici sono migliorati durante il mandato di Draghi e la politica monetaria ultraespansiva ha contribuito a ridurre i già bassi interessi sul debito che pagano il governo centrale e i governi locali (Länder, Kreise e Gemeinden), liberando risorse che possono essere spese altrove. Se si pensa ai rendimenti negativi del Bund, gli investitori sono addirittura disposti a pagare per prestare capitale al governo tedesco piuttosto che investirlo in attività rischiose, lasciando sgonfiare autonomamente lo stock di debito pubblico. Se è vero che i creditori tedeschi sono danneggiati dal crollo dei rendimenti, è anche vero che ci sono debitori che ne beneficiano – contribuendo quindi al benessere della collettività – così come è vero che l’inflazione stabile perseguita dalla Bce rappresenta un vantaggio anche per i risparmiatori, che riescono così a preservare il valore reale dei loro crediti.

Per completare il quadro delle diverse ragioni che hanno mosso il dibattito oltralpe e guardando a un orizzonte di lungo periodo, il salvataggio da parte di Draghi delle economie dell’Europa meridionale – che può essere sintetizzato nell’acquisto massiccio dei rispettivi titoli di Stato per preservarne il valore ed evitare che finissero nel tunnel della speculazione – ha giovato indirettamente anche la Germania. La maggior parte degli economisti concordano col fatto che in un contesto di forte interdipendenza tra i membri dell’Eurozona, ovvero un’unione monetaria priva di politica fiscale comune e di stabilizzatori automatici, uno shock asimmetrico quale il fallimento di un paese “too big to save” – come la Spagna e soprattutto l’Italia – avrebbe causato dei danni immensi e non calcolabili all’economia tedesca, risparmiatori inclusi.

Negli ultimi giorni alcuni media tedeschi hanno riconosciuto la qualifica di Mario Draghi e come questa abbia miracolosamente riunito la frammentata scena politica italiana (a eccezione di Fratelli d’Italia), ma sono diffidenti proprio dei partiti, che spererebbero addirittura in una fetta maggiore degli aiuti europei facendo leva sulla fama e la fiducia di cui gode l’ex Bce presso Bruxelles e le altre capitali europee. La curiosità aleggia intorno alla capacità che avrà Draghi di attuare nel suo paese le riforme strutturali che tanto ha richiamato durante gli ultimi decenni. Uno Stato non può essere gestito con l’attitudine di un Ceo e Draghi si trova per la prima volta in un ruolo politico, seppur abbia ricoperto la carica di Direttore Generale del Tesoro e Governatore di Bankitalia.

Il nuovo governo in Italia – seguito a delle turbolente giornate politiche – rappresenta sicuramente un fattore di stabilità nell’Unione Europea ed è stato interpretato come una buona notizia anche in Germania, i cui rancori passati sono oggi messi in secondo piano dalla priorità del Recovery Plan. Tuttavia la riservatezza dei media tedeschi suggerisce che è presto per sbilanciarsi in valutazioni. L’attuale situazione economica del Belpaese rappresenta una sfida difficile anche per “SuperMario”.

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