La data del 22 maggio, apparentemente anonima e spoglia di significati politici, riporta (o dovrebbe riportare) alla memoria un significativo avvenimento: la nascita del politico Giacomo Matteotti (nel 1885). Tristemente noto per il delitto che porta il suo nome, egli viene spesso citato solo per il coraggio di opporsi alla violenza fascista in un discorso (quello del 30 maggio 1924) che gli costò la vita. In realtà, la sua era una figura “ingombrante” per il partito soprattutto per via della meticolosità e della grande attenzione con cui preparava ogni intervento. Prima di ogni riunione, infatti, egli passava giornate intere nelle biblioteche o in altri luoghi in cui raccogliere quante più informazioni possibile. Non è difficile immaginare perchè un personaggio di tale spessore rapresentasse una minaccia per Mussolini.

Soffermarsi a lungo sulla vicenda in sè richiederebbe un intero libro, dato che ci sono molti punti che hanno fatto discutere gli storici. E’ però utile ripercorrere gli eventi, seppur in maniera sommaria, al fine di avere un quadro generale della situazione: Matteotti, il 30 maggio 1924, tiene in Parlamente un discorso sulla validità delle elezioni politiche di qualche mese prima e viziate da una palese violenza da parte del partito fascista. Quest’ultimo aveva infatti ottenuto circa il 60% dei voti ma, ovviamente, anche grazie all’uso di mezzi di pressione che andavano a limitare la libera scelta dei cittadini. Nel suo intervento (ostacolato in ogni modo dalla maggioranza fascista) Matteotti si scaglia contro la validità delle elezioni portando a sostegno della sua tesi numerose argomentazioni valide. Ciò che accadrà in seguito è drammaticamente noto: egli sarà rapito e assassinato il 10 giugno.

Oggi, fortunatamente, in buona parte del mondo episodi del genere sono assolutamente irripetibili. Purtroppo, però, in altre zone il tema della violenza politica resta fin troppo attuale: non è raro, infatti, che giornalisti, attivisti o politici che sfidano il potere possano essere vittime di intimidazioni, violenze o addirittura omicidi. Uno dei casi più rilevanti è quello del Messico: sono sempre più numerosi i candidati alle elezioni che vengono rapiti, minacciati o uccisi dalle organizzazioni criminali che intendono controllare il potere politico per preservare i loro interessi. Ciò, chiaramente, oltre a limitare notevolmente la libertà di voto tipica della democrazia, crea un clima di paura generale nel paese, simile a quello instaurato dal regime fascista.

Ciò che però si può affermare senza dubbio è che il caso di Matteotti è stato, ed è ancora oggi, uno grande simbolo di resistenza all’oppressione, alla violenza e alle ingiustizie. E’ molto grave il fatto che uno scandalo di tale entità sia spesso solo accennato, o che comunque non sia ricordato quanto meriterebbe. Certo, probabilmente a livello pratico è corretto parlare di “sacrificio vano”, dato che il fascismo riuscirà, nonostante una crisi non indifferente causata dal processo ai danni degli assassini, a restare al potere, rafforzarsi e trascinare l’Italia in guerra. D’ altro canto, però, il valore simbolico di un tale gesto di coraggio ha pochi precedenti nella storia, e sicuramente ha segnato in maniera indelebile la memoria degli italiani.

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