Oggi tra le nostre pagine incontriamo Ida Sassi che ci parlerà del suo ultimo romanzo Io ti troverò edito da Leone Editore. Io ti troverò, un giallo milanese che cattura l’attenzione del lettore, coinvolgendolo nella storia al cui interno troverà scelte drammatiche.

Ci parli di Io ti troverò, il suo ultimo romanzo: Io ti troverò racconta la storia di un incontro improvviso. L’incontro che può cambiare una vita. I personaggi si trovano a un bivio e devono prendere una decisione, compiere una scelta. Il romanzo è il terzo di una serie ambientata a Milano. Il protagonista è il vicequestore aggiunto Guido Valenti, un uomo giovane, separato, con una figlia di nove anni, affiancato dal commissario Isabella Contarini e da una squadra che in questo volume si arricchisce di due elementi femminili. Il racconto esplora la frontiera tra la vita quotidiana e la vita criminale, si interroga sulla presenza del male nelle nostre esistenze. Lo sviluppo dell’azione è affidato all’intreccio profondo tra le vite dei personaggi e le loro riflessioni sull’andamento delle indagini. Le scene in cui vediamo Guido, o Isabella, nella loro quotidianità e intimità non sono una pausa narrativa, tutt’altro, sono scene importanti per l’evoluzione della storia, perché mostrano il modo in cui i personaggi si avviano ad avere l’intuizione risolutiva, l’idea vincente che permette di chiudere il caso. Io ti troverò è un thriller ricco di tensione, attese, emozioni, un giallo in cui due storie parallele si intrecciano, in cui Guido Valenti, la squadra e persino Isabella alla fine della gravidanza combattono contro il tempo dapprima per ritrovare l’avvocato scomparso e poi per salvare una bambina di due anni, rapita in pieno giorno in un parco di Milano. È una storia in cui niente è come appare e nessuno si comporta come ci si aspetta da lui.

Prova empatia per i suoi personaggi? Sì, credo che esista una relazione molto empatica tra me e i miei personaggi, un legame intenso. Mi sento vicina a tutti loro, mi sento in sintonia con le loro motivazioni, le loro scelte, anche quando non le condivido. Mi immedesimo profondamente anche con i colpevoli e forse, anche per questo, nei miei libri il confine tra buoni e cattivi, tra bene e male, è molto labile. Del resto, preferisco raccontare storie con personaggi umani, complessi, anche contraddittori, come noi, insomma.

Lei pensa davvero che la scrittura possa avere delle proprietà terapeutiche Perché si scrive? Per trasformare il dolore, la paura, le ossessioni. La scrittura è un grande strumento terapeutico. Non parlo di terapia in senso stretto, ma della possibilità di attingere al proprio Io profondo, di trasformare in una storia emozioni e forse persino ricordi o immagini ricorrenti. Credo che questo sia vero anche per il lettore. Le ragioni per cui si scrive sono simili a quelle per cui si legge.

Stila una scaletta prima di scrivere un romanzo o va dove la porta la storia? No, il termine scaletta mi sembra troppo tecnico, freddo. Scrivo il nucleo della storia, come l’ho immaginata, scrivo alcune scene, che vedo sin dall’inizio, ma spesso, durante la prima scrittura, la storia si evolve in modo diverso dal previsto. Sono soprattutto i personaggi a essere indisciplinati, via via che crescono. Ma è bello, mi piace che sia così.

C’è un consiglio che vorrebbe dare a chi intraprende il percorso di scrittore? Non credo di avere un consiglio migliore di quello che è stato dato da tanti grandi scrittori di tutti i tempi e che di fatto, con poche variazioni, è sempre lo stesso: leggere, scrivere, lavorare. Tantissimo, tutti i giorni, senza eccezione, sempre.

Il romanzo o racconto che ha scritto a cui si sente più legata? Tutti! Non posso scegliere tra le mie creature. Non mi riesce. Amo il primo, La morte dimenticata, perché in quel romanzo prendono vita i personaggi e i luoghi a cui pensavo da tempo. Sono molto legata al secondo, In debito con la morte, in cui affronto il tema della perdita della giovinezza e in cui i personaggi si evolvono, stabiliscono relazioni più autentiche. Sono molto legata a Io ti troverò, il mio libro più intimo e personale. Amo il quarto volume, quello non ancora nato, in cui Guido e Isabella affronteranno un’esperienza doppiamente drammatica. Invece, per quanto riguarda i racconti, pubblicati nel volume L’amore che uccide, sono legata in modo particolare alla Finestra, non so neppure io perché, forse per la gratuità e l’assurdità del delitto.

I prossimi progetti? Scrivere, scrivere, scrivere. Per il momento, sono molto affezionata ai personaggi della serie narrativa di Guido Valenti e non ho intenzione di abbandonarli. Il quarto volume della saga è quasi completo e ho in mente il nucleo del quinto. Mi piace che ci sia una continuità, che si ritrovino i personaggi e i luoghi, ma anche dei cambiamenti, delle sorprese, delle novità.

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