Sangue agli Dèi di Stefania P Nosnan è un coinvolgente thriller ambientato nella riserva di Navaho, uno dei luoghi in cui i nativi americani possiedono il diritto di preservare antiche tradizioni, dopo che le loro terre ed esistenze, secoli prima, sono state usurpate dagli europei giunti sulle sponde del nuovo continente. Gli abitanti delle riserve non sono da biasimare se non accettano né desiderano interferenze dall’esterno, ma questa chiusura ostinata risulta svantaggiosa nel momento in cui un omicida decide di mietere una vittima dietro l’altra.

Sono giovani e belle le vittime, ragazze sbocciate e inizialmente fiduciose a farne le spese, trovate assassinate in scenari agghiaccianti, che ricordano atti rituali legati al passato. Nemmeno la polizia del posto vuole ammettere che il serial killer fa parte della comunità, perché non ritengono possibile che un nativo possa compiere simili atrocità verso i propri fratelli. Hastiin Roanhorse, il miglior poliziotto della riserva, è stata sinora l’unica speranza di fermare gli omicidi.

Contrastando il proprio orgoglio, il tenente cede all’evidenza che da solo non potrà venirne a capo, perché non sufficientemente addestrato alla cattura di assassini seriali, neppure dotato delle tecnologie adoperate dalle centrali esterne. Prima che sia tardi, è lui a convincere i capi a chiedere aiuto. Il supporto giunge dalla talentuosa detective Susan e la sua squadra, ovvero un gruppo molto coeso sia sul piano professionale che umano, disposto a distruggere la cortina di ferro che i nativi hanno costruito per difendersi dai bianchi.

Diciamo che l’arrivo di una donna al comando suscita un certo scalpore e idee maschiliste, perfino in Hastiin, il quale all’inizio si mostra diffidente sebbene attratto da lei. Susan non è una che si lascia intimidire, ben sapendo quale sarebbe stata l’accoglienza; comunque sia tutti si buttano a capofitto nelle indagini, le quali conducono a una triste certezza: l’omicida è sicuramente un Navaho.

Ambientare un thriller in questi territori è una scelta originale, una maniera per conoscere certe abitudini e modi di ragionare. Provo molta solidarietà nei riguardi dei nativi, però chiudersi non è la scelta migliore, soprattutto in certi casi. L’intreccio composto dall’autrice si dimostra accattivante dalle prime pagine, mai lento o che si perde nel superfluo. Mi è piaciuto anche il lato sentimentale che si crea tra i due protagonisti, le loro differenze culturali e i loro confronti. Un libro assolutamente da leggere, in cui ci si immerge in modo totale.

a cura di Elisa Mura

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