Sono passati quasi vent’anni da quando, nel 2004, il giornalista Ben Hammersley sul The Guardian per la prima volta parlò di «podcast» per descrivere la diffusione di file audio in formato MP3. La rivoluzione dell’«audible» è stata possibile grazie agli iPod prima e agli smartphone in seguito. In un Paese come gli Stati Uniti in cui la copertura delle radio nazionali era minore della diffusione di internet, il successo dei podcast era garantito.
Inizialmente attraverso proposte di trasmissioni radiofoniche in streaming, e poi con contenuti originali, anche in Italia, il podcast si è diffuso: ormai nel 2023 11,9 milioni di italiani ascoltano podcast regolarmente.
Per comprendere meglio il fenomeno, nella galassia di format e proposte, ci siamo rivolti a Dina Curione, ascoltatrice dal 2016 e speaker dal 2019, e docente di Podcasting all’Università Roma Tre.
Podcast in Italia
Un podcast è fondamentalmente un file audio pubblicato sul web con cadenza regolare, come una qualsiasi trasmissione radiofonica, ma con la differenza che può essere ascoltato sia in streaming online che scaricandolo. In questo modo la fruizione può avvenire in qualsiasi momento e luogo, non dovendo rimanere vincolati alla diretta o alla connessione alla rete internet.
«Il fenomeno del podcast ha iniziato ad avere una grande popolarità, in Italia, intorno al 2016 ma è stata una crescita costante. Con il lockdown, più che l’ascolto la produzione di podcast ha avuto un’impennata» ci spiega la Dina Curione.
Per esempio risale a questo periodo Polvere di Chiara Lalli e Cecilia Sala, che ricostruisce le indagini e il processo riguardo il caso di omicidio di Marta Russo, studentessa de La Sapienza. In seguito, Sala darà vita al podcast Stories, dove racconta storie dal mondo attraverso le sue esperienze sul campo.
E alla fine della prima fase pandemica, il vice direttore de Il Post Francesco Costa inaugurerà la rassegna stampa quotidiana Morning, dopo il successo di Da Costa a Costa, il podcast che ha raccontato gli Stati Uniti anche durante le elezioni presidenziali del 2020.
Rapporto tra radio e podcast
«L’ascoltatore di radio è potenzialmente un ascoltatore di podcast.» Ma il rapporto si sta quasi invertendo: infatti «la radio tradizionale sta avendo una rinascita proprio grazie al podcasting».
Ma Curione ci tiene a specificare una differenza sostanziale tra i due mezzi: «i programmi on demand della radio sono erroneamente considerati podcast». Esiste un termine corretto per indicarli: «catch-up», un programma radiofonico che viene riproposto successivamente sotto forma di podcast.
Si tratta per esempio de La Zanzara, l’appuntamento quotidiano di attualità che va in onda dal 2006 su Radio 24. Oppure anche Dee Giallo, «il primo podcast italiano» che è in realtà una trasmissione condotta da Carlo Lucarelli dal 2007 su Radio Deejay, e che soltanto nel 2022 è diventato un podcast originale.
Piattaforme e podcast
La professoressa Curione ci ricorda che «il vero podcast è un prodotto originale che nasce per le piattaforme di podcasting»: Apple Podcast, Audible, Google Podcasts, Itunes e Spotify sono tra le principali applicazioni da cui ascoltare con facilità e flessibilità una variegata proposta di programmi e “format” di podcast. «È ancora un fenomeno molto libero», ricco di possibilità di sperimentazione.
C’è tanta informazione, soprattutto in pillole: come Morning, anche The Essential, prodotto da Will Media, è nato durante il lockdown e si pone l’obiettivo di raccontare in cinque minuti l’essenziale per comprendere l’attualità economica, politica e sociale. Ma c’è spazio anche per la divulgazione scientifica con Geopop, podcast che tratta di energia, ambiente, fisica e tecnologia.
Ci sono serie antologiche narrative con autori di rilievo come Morgana di Michela Murgia, Altre/Storie di Mario Calabresi e il recentissimo Wild Baricco, un’intervista di due ore allo scrittore torinese.
Il genere che riscuote più successo è sicuramente il crime: Indagini, scritto e narrato da Stefano Nazzi, è uno dei programmi più seguiti de Il Post; Elisa True Crime, da canale da milioni di visualizzazioni su YouTube, è diventato nel 2022 un altrettanto seguitissimo podcast; dopo il successo di Veleno, realizzato nel 2017 per Repubblica, Pablo Trincia ha continuato a raccontare inchieste per le principali piattaforme.
Tra i podcast di talk-interviste il più noto è Muschio Selvaggio, ideato e condotto da Fedez insieme a Luis Sal prima, e ora con Davide Marra, in cui vengono ospitati personaggi dello spettacolo e personalità di rilievo sociale o politico.
Esistono anche podcast “ibridi” come PoretCast, presentato da Giacomo Poretti del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo e Tintoria, condotto dai due stand-up comedian Daniele Tinti e Stefano Rapone, che sono a metà tra una registrazione di uno spettacolo con pubblico dal vivo e un’intervista più canonica con ospiti d’eccezione.
Infine c’è spazio persino per lo sport. La testata giornalistica nata sul web Cronache di spogliatoio propone numerose rubriche, specialmente a tema calcio, con racconti e approfondimenti. E in occasione delle ATP Finals di Torino, il produttore Domenico Procacci ha rimesso insieme i due ex compagni di doppio Adriano Panatta e Paolo Bertolucci con La telefonata per commentare gli incontri del prestigioso torneo di tennis.
“Il fenomeno Barbero”
La professoressa Curione ci racconta anche il caso particolare di come è nato il “podcast di Barbero” (che di Barbero non è).
«Il professor Barbero faceva le sue lezioni in università. Uno studente lo ha registrato per poter studiare, caricando gli audio su Spreaker [un’applicazione web che consente di creare e trasmettere in rete contenuti audio, ndr] così da ascoltarlo mentre era alla guida. Lo studente non sapeva che caricando sull’applicazione quegli audio non li avrebbe ascoltati solo lui ma chiunque utilizzasse l’app. Una volta scoperto che le lezioni nel frattempo erano state ascoltate da centinaia di persone, gli è preso un colpo perché non aveva nessuna autorizzazione. A quel punto è andato da Barbero per scusarsi e, solo allora, ha ricevuto la sollecitazione del professore a continuare nella pubblicazione degli audio. E così è nato il “fenomeno Barbero”.»
Il pubblico
E per quanto riguarda gli ascoltatori di podcast?
«Il pubblico è abbastanza giovane, le statistiche dicono che per il 39% è under 35. Anche se poi, a dir la verità, mi è capitato di trovare più ascoltatori di podcast tra gli adulti dei corsi regionali rivolti ai disoccupati/inoccupati rispetto agli studenti dell’università.»
«Il 28% è laureato, con un livello professionale elevato. Sono spesso persone che lavorano in mobilità, che si spostano in auto, pendolari: i podcast si ascoltano molto in viaggio anche se sta aumentando di parecchio l’ascolto tramite smart speaker», infatti, secondo l’Ipsos addirittura il 73% ascolta podcast in casa.
«Gli ascoltatori di podcast sono consumatori responsabili, interessati alle nuove tecnologie, fondamentalmente persone curiose che vogliono approfondire argomenti specifici e sono aperte a nuove prospettive.»
Un’altra caratteristica degli ascoltatori di podcast è la fedeltà nei confronti dei creatori: «ci si affeziona molto alle voci degli speaker, creando una grande connessione emotiva».
A questo proposito, «anche le aziende hanno capito che il mezzo audio crea molta più intimità, in questo periodo sta andando forte il podcast di brand»: ne è un esempio Tazzine, il podcast di Lavazza che, raccontando storie sul caffè espresso, tenta di creare un legame tra ascoltatori e prodotto esaltando il valore del brand.
L’audio e il video
«Rispetto al video, con l’audio c’è un’intimità e forza dell’immaginazione ben superiore.»
A questo proposito la professoressa Curione racconta di un esperimento in cui, due gruppi di persone sono state sollecitate dalla visione di scene di film coinvolgenti da una parte, e dall’altra sottoposte all’ascolto di brani di audiolibri.
«Alla domanda su quale fosse il mezzo che li avesse coinvolti di più, hanno tutti risposto il video. Ma le risposte fisiche erano ben diverse: infatti, i membri dei due gruppi erano stati monitorati e si è visto come tutte le risposte dell’organismo fossero molto più forti con l’audio». Secondo Curione questo perché «la nostra mente ha bisogno di completare quello che non è completo». Ed essendo il podcast «un medium di sottrazione, in cui un solo senso è coinvolto – l’udito – siamo costretti a sforzarci di più per ascoltare, impiegando in questo modo l’immaginazione».
Il paragone con la lettura è naturale, con i podcast, però, lo sforzo immaginativo è ancora più intenso in virtù del coinvolgimento emotivo che si crea tra l’ascoltatore e la voce dello speaker.
L’incoraggiamento finale della professoressa Curione è quello «all’ascolto di podcast, perché una volta che si scopre il mondo del podcasting non lo si abbandona più. Qualunque interesse si abbia, è sicuro che si possano trovare centinaia di podcast su quell’argomento.»