Dopo una settimana di votazione causa covid-19, il 1 luglio la Russia ha visto l’approvazione dei controversi emendamenti alla Costituzione. Con il 77,9% dei sì e un’affluenza di oltre il 67% Vladimir Putin ha così incassato l’ambita proroga sul limite dei due mandati consecutivi da presidente della Repubblica. In teoria l’ex funzionario del KGB potrà presentarsi nelle prossime presidenziali del 2024 e del 2030 arrivando ad occupare la carica di capo di Stato fino al 2036, quando avrà 83 anni. Con questa mossa supererebbe per longevità Stalin eguagliando Ivan il Terribile, il primo zar di Russia.

La riforma, frutto di una lunga gestazione e approvata già in precedenza dalle commissioni parlamentari, è stata fortemente voluta da Putin per superare qualsiasi ostacolo posto tra sé e il potere. Infatti, già nel 2008, avendo raggiunto il limite dei due mandati consecutivi, era stato costretto a “saltare un turno” e a ricoprire il ruolo di primo ministro col fedelissimo Medvedev collocato al Cremlino. Mentre risale al 2012 la riforma che allungava la durata del mandato da presidente a 6 anni.
Inoltre, in un momento di difficoltà a causa della pandemia e di una dura crisi economica, il ricorso al plebiscito è stata l’occasione per rafforzare una leadership un po’ appannata.

Ma qual è la visione del Paese presente nella nuova Costituzione, al di là della figura del presidente della Repubblica?

Il progetto nazionalista

I due assi su cui Putin ha intenzione di ridisegnare la Nazione sono il centralismo e l’identità russa.
Il primo non può che contemplare la capitale Mosca, l’epicentro da cui governare e organizzare la Federazione e i suoi alleati. E’ proprio dal principato di Mosca che nel XVI secolo Ivan il Terribile fa partire il progetto di unificazione e sottomissione dei territori limitrofi: è la «terza Roma» dei patriarchi ortodossi e degli zar. E’ in quest’ottica da leggere l’aumento e la concentrazione dei poteri del Presidente: Putin potrà più facilmente sostituire il primo ministro e i giudici della Corte Costituzionale e Suprema. L’esecutivo risponderà direttamente al capo di Stato che nel frattempo avrà un’immunità giudiziaria a vita. Infine il parlamento viene relegato in una netta posizione di subordinazione grazie al rafforzamento del Consiglio di Stato, nuovo organo dalle competenze esecutive.

Il secondo, invece, è la “russicità” nelle sue diverse declinazioni di etnicità, cultura e religione. Viene di fatti rafforzata la dipendenza tra cittadinanza ed eleggibilità politica. E’ introdotto il divieto a “rinunciare” a territori russi: chiaro riferimento alla Crimea. Viene, infine, posta l’attenzione sulla «preservazione» della lingua russa e riservato un ruolo inedito per la religione come collante costitutivo dell’identità nazionale.

Sono queste, in definitiva, le differenze più sostanziali tra Putin e i leader della destra europea. Non è la vittoria di un leader populista ma del neo-zarismo: il nazionalismo di matrice russa è ribadito e rafforzato nella sua specificità.
Ma oltre a rappresentare la vittoria del leader, è tutto il mondo conservatore russo a potere esultare per un grande successo.

Trono e altare

Un comune sentimento sembra collegare l’Occidente con la Russia. Da Brexit all’elezione di Trump, abbiamo assistito a una retorica intrisa di nostalgia per una mitica età di gloria e benessere, che fosse l’America di Reagan o l’impero inglese: la Federazione russa sembra non esserne immune. Vengono rimpianti allo stesso modo i soviet e l’imperatrice Caterina.

In questo clima favorevole alla conservazione, i movimenti tradizionalisti e i gruppi ortodossi più radicali in difesa della famiglia tradizionale e contro i diritti civili, ma anche antagonisti dei “valori occidentali” quali la libertà di stampa e l’autonomia dei poteri, ottengono la loro apoteosi.

La definizione di matrimonio come unione soltanto tra un uomo e una donna e l’inserimento in Costituzione della «fede in Dio» sono l’esempio più lampante dell’alleanza tra il Trono e l’Altare. E’ il riconoscimento dell’influenza di Cirillo I, il Patriarca di Mosca, la massima autorità della Chiesa ortodossa che fa così fruttare la sua amicizia personale con Putin.

Per la portata di novità ideologica e strutturale, questa nuova costituzione appare persino paragonabile a quella del 1993 di Eltsin che relegava l’ateismo di Stato e i soviet in soffitta, prendendo atto della dissoluzione delle repubbliche sovietiche.
E’ a tutti gli effetti un cambio di regime, che nasce attorno a un leader carismatico e indiscusso, saldato da una convinta alleanza delle forze conservatrici e nazionaliste del Paese.

Eredità pesanti

Molti punti, a partire dalla nuova alleanza tra Stato e Chiesa, potrebbero sembrare in contraddizione, dunque, con la definizione della Federazione russa come «successore dell’Urss»: eppure anche questa viene inserita nella nuova Costituzione.
In realtà, l’operazione è del tutto coerente con la narrazione nazionalista della “nuova” Russia.

L’eredità rivendicata, infatti, non è sicuramente quella ideologica, né tanto meno quella culturale. Ma, insieme a quell’immaginario ancora dalla grande efficacia, è il ruolo di primo piano dell’Unione sovietica in ambito geopolitico che interessa recuperare a Putin. In questo senso, ciò che viene sottolineato e posto in Costituzione è la «verità storica» rappresentata dal contributo militare nella lotta al nazismo e, di conseguenza, l’equilibrio internazionale dei blocchi contrapposti che ne consegue.

L’impero russo fondato dagli zar non fu abbattuto e superato del tutto dalle repubbliche socialiste, anzi, quello spirito imperialista sopravvisse trovando nuove forme e un nuovo protagonismo, per certi versi inedito.
La Russia federale rinnovata da Putin, alimentando le retoriche nostalgiche riguardo un mitico passato glorioso, si presenta così in continuità con quella tradizione e storia.

Di fronte a un panorama internazionale in cui, solo pochi anni fa, abbiamo assistito all’eliminazione del vincolo di mandato per Xi Jinping e al rilancio delle ambizioni sul Mediterraneo da parte del sultano di Ankara Erdogan, la contromossa di Putin è stata il recupero dello zarismo.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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