Oggi sono cinquantacinque. Cinquantacinque giorni passati senza la mia famiglia e senza praticare la mia professione. Purché le mie attuali vicissitudini non possano essere considerate sempre parte del mio lavoro. Sono stanco. Sfinito. Tutta la mia vita è oramai confinata in queste quattro mura. Ragion di Stato. Direttore Claudio Palazzi

La fede in Dio con cui ho edificato i miei valori, una carriera, una famiglia, ora sta vacillando. Per la prima volta nella mia vita, tutto quello in cui credo sta crollando. Solo adesso apro gli occhi e metto a fuoco le vicende che mi coinvolgono. Saranno i miei interlocutori, unico contatto umano negli ultimi 3 mesi di detenzione, ad avere influenzato il mio credo?

Eleonora, bambini miei. Mi mancate così tanto che non riesco a capire perché un buon cristiano come me debba soffrire così tante pene. Anche voi non meritate questo distacco forzato.

Sento dei rumori. Oramai riconosco perfettamente il passo di Mario tra tutti quelli dei miei carcerieri. La porta si apre.

“Buongiorno”, dice con tono deciso combinato alla sua consueta educazione.

Ricambio il saluto ma manifesto, con un velato tono di speranza, i miei dubbi riguardo l’ossequio alla sua bontà. Eppure, quasi fosse un segno divino, Mario ha effettivamente una buona notizia nei miei confronti. “Deve prepararsi, verrà spostato in giornata”, annuncia con marcato accento marchigiano.

È una magra consolazione. Proprio oggi che ho messo in dubbio la mia fede, il Signore ha deciso di rendermi una flebile speranza. Sembrerebbe però che Mario non la pensi allo stesso modo. Il volto è teso. Ma il suo sguardo è sempre stato duro, serioso e imperscrutabile. Potrebbe trattarsi quindi solo della mia immaginazione.

“Attendendo l’auto che verrà a prenderci vorrei porle qualche domanda.” proferisce mentre raccoglie i faldoni contenenti carte, lettere e memoriale. Sono tre mesi che, in fondo all’angusta stanzetta, l’armadietto di freddo metallo contiene i ‘preziosi’ documenti.

Acconsento sottolineando che sono sempre aperto al confronto.

“La sua fede nel pensiero doroteo e nello Stato italiano è sempre integra?” chiede cupo.

Mi ritengo una persona paziente ma devo ammettere di essere piuttosto infastidito dall’affermazione di Mario, con cui ho un rapporto, oserei dire, quasi intimo da circa tre mesi. È inspiegabile come lui e i suoi compagni non riescano a comprendere il fatto che io non appoggi in alcun modo il pensiero doroteo. Anzi me ne sono sempre dissociato in toto.

La mia apertura a sinistra dovrebbe essere emblema di come la penso. Anche per Mario dovrebbe essere un ausilio di piena comprensione e consapevolezza. Esprimo tale concetto e ricevo in tutta risposta: “E per quanto riguarda la seconda domanda? Le vicende che ci ha confidato e di cui ha scritto hanno sicuramente avuto qualche effetto sulla sua coscienza”.

Effettivamente sì. Ecco cosa è cambiato. Stando nei panni dei miei ‘coinquilini’ ed effettuando un’attenta disamina dei fatti da me esposti ne avverto la loro pericolosità. Possibile non aver mai valutato quanto sia spregevole essere a conoscenza di tali segreti e non averli mai denunciati? Persino la mia famiglia e il parroco non sono al corrente di nulla.

Non è certamente questo il comportamento di un buon cristiano. Solo oggi mi sto mettendo in discussione. Ma ho comunque il coraggio di mentire. Infatti rispondo che il mio senso di Stato è rimasto integro.

“Integro? Nonostante sia conscio di avere frequentato individui che hanno rapporti con la mafia? Le stesse persone che oggi le voltano le spalle? Per loro che lei viva o muoia non fa alcuna differenza. Anzi, dopo le sue rivelazioni probabilmente preferirebbero una sua rapida dipartita”.

È vero. Ha ragione lui. Dal suo punto di vista non sono considerazioni errate. Oh Signore! Pensandoci bene non lo è nemmeno dal mio punto di vista. È dall’inizio di questa traumatica esperienza che mi chiedo come faccia a convivere con tutti i segreti di cui sono custode. Gli elementi che questi giorni ho fornito nelle lunghe interrogazioni tratteggiano chiaramente la sconfitta dello Stato.

Ho forse detto troppo? No! Ho trattato solo in parte quello che doveva essere reso noto. Del resto il ragionamento di Mario non è sbagliato: la lettera inviata a Giulio ha avuto la reazione che mi aspettavo e l’odio che prova nei miei confronti aumenterà a dismisura. La divulgazione della notizia riguardo il collegamento che ha con Sindona e Barone sarà un fulmine a ciel sereno per lui e per tutta la dirigenza del partito. Ma la ‘Ragion di Stato’ lo renderà comunque intoccabile.

Mi sembra di sentire parlare Mario. Il suo punto di vista sta condizionando in parte il mio modo di pensare. Ma forse è la stanchezza. Chissà se il mio atteggiamento moderato ha avuto presa sul loro estremismo. Che il condizionamento sia stato quindi reciproco? Non credo. Una mente moderata è più malleabile. L’integralismo è un muro troppo robusto per essere abbattuto.

Esterno il mio pensiero e comunico a Mario che il memoriale non verrà mai pubblicato. Pensandoci bene ho trattato argomenti troppo scottanti. Divulgare l’esistenza di fazioni create appositamente per fermare la sinistra eversiva non porterà il risultato sperato da Mario e i suoi compagni. La contro-guerriglia è legata alla NATO attraverso un sottile filo rosso con il fine di contrastare una possibile ingerenza del comunismo. Ma la sua legittimazione inficerebbe nella stessa strategia dell’Organizzazione.

“Non potrà essere altrimenti. Tutto sarà reso noto al popolo rivoluzionario. La sua omertà non ha giustificazione”, dice con tono aspro Mario.

Non posso credere alle mie orecchie. Eppure io sono l’uomo del compromesso storico. Grazie a me l’apertura a sinistra è realtà. E la loro ‘bravata’ potrebbe decretare la fine del Partito Comunista in Italia. Mentre esprimo il mio pensiero cerco di tenere un tono fermo.

“Perché lei pensa che il Segretario del PCI sia comunista? Allora la vostra prigionia politica non è valsa a nulla. Ora si alzi. La macchina è arrivata”. Mi cinge un braccio e imbocchiamo la porta d’ingresso. Gli altri ci attendono sul pianerottolo. Scendiamo per strada dove ci attende una Renault 4 amaranto. Indosso un cappuccio in testa e vengo fatto sdraiare nel portabagagli.

Lentamente le mie speranze di libertà svaniscono. Sento Mario dire “La morte del criminale politico che rappresenti potrebbe essere il più alto atto di umanità possibile per i proletari comunisti e rivoluzionari, in questa società divisa in classi (cit.)”.

Ho giusto il tempo di pensare alla mia famiglia e ai miei sforzi perché finissero gli anni di piombo. Spero che Dio perdoni i compromessi che la necessità mi ha imposto. Un ultimo pensiero è su chi seguirà il mio caso. Probabilmente costui sarà solo un’altra morte annunciata. Tutte persone che hanno ‘amato’ e ‘ameranno’ l’Italia tanto da farne una ‘Ragion di Stato’.

Ragion di Stato. Un articolo di Claudio Palazzi

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