“Semo venuti già menati”

Una manifestazione dove la sinergia tra forze dell’ordine, manifestanti e Casapound assicuri un corteo senza scontri. E’ possibile? A quanto pare sì, se ognuno fa la sua parte, e gli eventi di ieri ne sono stati la prova.

Gli auspici non erano stati i migliori. La scelta di ripartire dove tutto era finito Mercoledì scorso, a Piramide, non è stata casuale. Ne ha fatto il simbolo di una pessima giornata, ma poteva anche indicare la continuità tra le violenze di quel giorno e quelle (ipotetiche) di ieri. Certo l’invito a non avere paura è stato efficace, concentrando a Piramide molti studenti e -cosa più importante- molte scuole superiori. Una fiducia tanto malamente sprecata, avremmo pensato. Invece nulla, il corteo cresce, facendo fulcro della manifestazione proprio quel rigetto che era stato risultato degli scontri di Mercoledì. Il loro “Semo venuti già menati” fa il giro d’Italia, e indica meglio di qualunque altro slogan l’indirizzo preso dagli studenti. Ad esso si aggiungono gruppi in difesa di Gaza e delle donne, sostenuti dal corteo con applausi e cori.

Una volta messo in moto il corteo ci si dirige sul lungotevere, verso quel Ponte Sublicio che era stato luogo del disastro annunciato della settimana scorsa. E’ però la svolta a destra prima di tornare sul luogo del misfatto ad indicare la necessità di una giornata straordinariamente normale. Certo, un avanzamento culturale verso idee nuove non c’è, ma sembra permeato il messaggio che far massacrare gli studenti per qualche ora di guerriglia non serve a nessuno. Non totalmente vero, perché indicare un nemico significa comunque detenere un potere, ma perlomeno intelligente. In tal modo non solo si è evitata l’escalation attesa, ma anzi i tre attori principali di ieri sono riusciti, se non a cooperare, almeno a evitare la crisi dell’ultima volta.

I collettivi in primis hanno saputo (e voluto) mettere il freno agli scontri con le forze dell’ordine. I pochi caschi visibili sono quelli dei giornalisti, che ormai hanno capito come vanno le cose e quindi sanno prevenire sassaiole indecenti e manganellate criminali. Qualcuno urla di andare a Vittorio Emanuele (n.b. sede centrale di Casapound), ma da voci ben più autorevoli giunge l’ordine di toglierli quei caschi. Se “semo venuti già menati”, allora di finire in centrale non ne ha voglia nessuno. Anzi, i colloqui con la Polizia funzionano, sono frequenti proprio dove il rischio di un aumento della tensione è più alto. Tra la curiosità dei turisti si contratta addirittura il percorso con le forze dell’ordine. Il risultato è alquanto disordinato, certo, ma indica uno spostamento del baricentro della manifestazione: lo scopo non è più giungere allo scontro, ma dare un messaggio.

Le stesse forze dell’ordine sembrano aver afferrato il messaggio. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Il nucleo che mercoledì scorso aveva fatto del lungotevere il proprio territorio di caccia sembra dileguato. Anche chi aveva diretto e fomentato la rabbia dei poliziotti appare solo di sfuggita, lasciando a chi sa fare il proprio lavoro il compito di evitare la guerriglia. Una scelta per la quale non sapremmo indicare un merito. Che stia al Ministero, alla Digos o ai Reparti mobili è infatti difficile dirlo, ma lascia comunque qualche speranza. Certo ad indicare le metastasi che ancora affliggono le forze dell’ordine rimangono gli ombrelli sfoggiati sotto il Ministero di Giustizia e gli adesivi in favore dell’identificazione dei poliziotti, indossati da vari manifestanti, giornalisti e cameramen.

Va segnalata infine la politica intelligente attuata da Casapound e dal Comune di Roma. La scelta di modificare il percorso ha inciso in maniera determinante sull’esito della giornata di ieri, portando i manifestanti fascisti e anti-fascisti il più lontano possibile gli uni dagli altri.

Sullo sfondo del corteo la discussione sugli identificativi, ormai necessaria al limite dell’imbarazzo, è stata oggetto di un dibattito al Senato. Ne sono emerse visioni contrastanti, ma le posizioni della Cancellieri (Ministro degli Interni) e di Manganelli (Capo della Polizia) sembrano far ben sperare. Se l’obiettivo è quelli di avere delle piazze sicure, questo passo è fondamentale. Nessuna violenza può sussistere se violento non è il contesto in cui i soggetti agiscono. Ne consegue che nessuna connivenza può essere tollerata, sia quella delle università o quella delle caserme. Si può fare?

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