La Tunisia, piccolo paese del Nord Africa con 12 milioni di abitanti, ha vissuto nell’ultimo decennio trasformazioni radicali che ne hanno ridisegnato il tessuto politico, sociale ed economico. La rivoluzione dei Gelsomini del 2011, che ha portato alla caduta del regime ventennale di Zine El-Abidine Ben Ali, ha rappresentato non solo l’inizio della Primavera Araba, ma anche un esperimento unico di transizione democratica nel mondo arabo.
La parabola democratica tunisina ha attraversato fasi alterne. Dopo il successo iniziale, culminato con l’adozione della Costituzione del 2014, considerata tra le più progressiste del mondo arabo, il paese ha vissuto una graduale erosione delle conquiste democratiche. Il colpo di stato costituzionale del presidente Kais Saied del 25 luglio 2021 ha segnato una svolta autoritaria, con la sospensione del parlamento e l’accentramento dei poteri nelle mani dell’esecutivo. Secondo Freedom House, l’indice di democraticità della Tunisia è sceso da 71/100 nel 2014 a 42/100 nel 2023, riflettendo questo deterioramento istituzionale.
Le sfide economiche rappresentano il tallone d’Achille della stabilità tunisina. Il PIL pro capite, che nel 2010 era di 4.177 dollari, ha raggiunto i 3.924 dollari nel 2022, evidenziando un declino del tenore di vita. L’inflazione ha toccato il 10,4% nel 2023, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie. La disoccupazione, particolarmente grave tra i giovani laureati dove raggiunge il 30%, alimenta un profondo malessere sociale. Il debito pubblico ha superato l’80% del PIL nel 2023, costringendo il paese a negoziare un prestito di 1,9 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale.
I rapporti con l’Unione Europea hanno assunto una dimensione sempre più strategica. L’UE rimane il principale partner commerciale della Tunisia, assorbendo il 74% delle sue esportazioni. Dal 2011, Bruxelles ha erogato oltre 2,5 miliardi di euro in aiuti, finalizzati al sostegno della transizione democratica e allo sviluppo economico. Il Memorandum d’intesa firmato nel luglio 2023 tra UE e Tunisia prevede un pacchetto di aiuti di 900 milioni di euro per la stabilizzazione macroeconomica e 150 milioni per la gestione dei flussi migratori.
L’Italia mantiene con la Tunisia relazioni privilegiate, basate su profondi legami storici e geografici. L’interscambio commerciale ha raggiunto i 6,5 miliardi di euro nel 2022, con oltre 900 aziende italiane operative nel paese. La cooperazione energetica rappresenta un pilastro fondamentale: il gasdotto Transmed, che collega l’Algeria all’Italia attraverso la Tunisia, trasporta circa il 30% del gas naturale importato dall’Italia.
La questione migratoria è diventata centrale nelle relazioni euro-tunisine. Nel 2023, secondo i dati del Ministero dell’Interno italiano, oltre 100.000 migranti sono partiti dalle coste tunisine verso l’Italia, un aumento del 260% rispetto all’anno precedente. Le cause di questi flussi sono complesse: oltre alla crisi economica tunisina, il paese è diventato un importante hub di transito per i migranti subsahariani. La situazione è stata esacerbata dalle dichiarazioni xenofobe del presidente Saied nel febbraio 2023, che hanno scatenato una serie di violenze contro i migranti subsahariani.
La crisi climatica aggiunge un’ulteriore dimensione alle sfide del paese. La Tunisia è particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico: secondo la Banca Mondiale, il 30% del territorio è minacciato dalla desertificazione. La scarsità idrica è diventata un problema critico, con una disponibilità pro capite di acqua di soli 450 metri cubi all’anno, ben al di sotto della soglia di stress idrico di 1.000 metri cubi.
Il settore turistico, tradizionale pilastro dell’economia tunisina, sta faticosamente cercando di riprendersi. Prima della pandemia, contribuiva al 14% del PIL e impiegava direttamente 400.000 persone. Gli attacchi terroristici del 2015 al museo del Bardo e a Sousse hanno inferto un duro colpo al settore, seguito dalla crisi del Covid-19. Nel 2022, gli arrivi turistici hanno raggiunto 6,4 milioni, ancora inferiori ai 9,4 milioni del 2019.
La società tunisina sta vivendo profonde trasformazioni. Nonostante le battute d’arresto democratiche, la società civile rimane vivace e attiva. Le organizzazioni femminili continuano a battersi per i diritti delle donne, in un paese che vanta una delle legislazioni più progressiste del mondo arabo in materia. Tuttavia, la disuguaglianza di genere persiste: solo il 28% delle donne partecipa al mercato del lavoro.
Le prospettive future della Tunisia dipenderanno dalla capacità di affrontare simultaneamente diverse sfide. La stabilizzazione economica è urgente: il paese deve implementare riforme strutturali per ridurre il deficit pubblico e stimolare la crescita. La diversificazione dell’economia, con particolare attenzione ai settori ad alto valore aggiunto come le energie rinnovabili e l’economia digitale, potrebbe offrire nuove opportunità di sviluppo.
La gestione dei flussi migratori richiede un approccio integrato che vada oltre il semplice controllo delle frontiere. L’UE e l’Italia dovrebbero sostenere lo sviluppo di opportunità economiche locali e canali di migrazione legale, riconoscendo che la mobilità umana nel Mediterraneo è un fenomeno strutturale che richiede soluzioni sostenibili.
Il futuro democratico della Tunisia resta incerto. Il ritorno a un sistema di checks and balances è essenziale per la stabilità politica a lungo termine. La comunità internazionale deve calibrare attentamente il proprio sostegno, bilanciando la necessità di stabilità con la promozione dei valori democratici e dei diritti umani.
La Tunisia si trova a un crocevia storico. Le scelte che verranno fatte nei prossimi anni determineranno non solo il futuro del paese, ma avranno ripercussioni significative sull’intera regione mediterranea. Il successo della Tunisia nel navigare queste acque turbolente dipenderà dalla capacità di costruire un nuovo contratto sociale che bilanci le esigenze di sviluppo economico, giustizia sociale e stabilità politica.