Quando un evento sconvolge le nostre vite è colui che resta, che ricorda, a dover affrontare le sfide più grandi e difficili. Vivo e canto per loro: Vali racconta la sua Amatrice Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Nella notte del 24 agosto 2016 un violento terremoto di magnitudo 6.0 distrugge Amatrice, Accumuli, Arquata del Tronto e Pescara del Tronto, provocando quasi trecento vittime. I soccorsi si impegnano massimamente per molti giorni; il colore dell’immensa sofferenza di quei difficili momenti è il grigio, come la cenere e i detriti. Nonostante le molte parole spese a favore di Amatrice, i risultati concreti tardano ad arrivare.

Valentina Cavalletti, cantautrice in arte Vali, dedica a suo figlio la canzone “Zeus il gatto magico; riguarda il terremoto che ha sconvolto il centro Italia e attraverso questa canzone pone un primo mattoncino per un più vasto piano di speranza. Sulla scia di questa esperienza si sviluppa il concorso “Una canzone senza fine”, rivolto alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado; bambini e ragazzi si possono cimentare nella creazione di una strofa, una traduzione in altre lingue o dialetti, e ancora in un lavoro creativo rappresentante il magico gatto Zeus.

Il concorso fa parte del progetto “Memoria e resilienza per i bambini e le bambine di Amatrice e del mondo”, realizzato dall’Associazione Tutto un altro genere, patrocinato dal Comune di Amatrice, dal Municipio I Roma Centro, da Scuolediroma.it, Associazione Montessori Brescia e finanziato dalla Chiesa di Rieti.

Abbiamo intervistato Valentina Cavalletti che, tra risate, aneddoti e racconti della sua esperienza, ha delineato il grande impegno che porta avanti e, come un filo rosso, si collega al collare di Zeus: ricostruire il borgo di Poggio Vitellino di Amatrice, per entrambi casa.

Come è nato il concorso “Una canzone senza fine”?

Con l’Associazione Tutto un altro genere abbiamo compreso subito la grande potenzialità della canzone di Zeus ed è nato il progetto “Memoria e Resilienza
Il motto del gatto è: trasformazione. Questa creatura magica, indossando il suo mantello, può diventare un geologo, un ingegnere, un muratore, trovando le risorse necessarie per mutare una realtà distrutta. Zeus vuole trasformare il dolore, la perdita e il trauma in un momento di apprendimento e di crescita; cerca di ricucire le ferite lasciate nel cuore umano e dell’Italia stessa.
Il dramma della perdita ha coinvolto una grande comunità, e proprio dal lavoro collettivo si vuole riflettere su ciò che occorre essere per trasformarsi in vero cambiamento. L’attività di gruppo si estende, attraverso il concorso, alle classi delle giovani generazioni che sono stimolate a inventare qualcosa di nuovo e genuino.

Mi parli della sua relazione con la musica. Cosa rappresenta per lei? Si tratta di una passione coltivata nel tempo?

Ho sempre amato la musica e definirmi una cantautrice è ancora un po’ strano. Con il tempo ho avuto modo di avvicinarmi sempre di più a questa dimensione meravigliosa e ho avuto l’opportunità di entrarvi professionalmente.
Il mio primo disco è del 2019 e si intitola “Out of the Blue”, composto da cinque canzoni in lingua inglese e una in italiano. È stato poi il turno di Zeus il gatto magico nella cui produzione sono stati coinvolti anche i bambini. Il principio alla base è che questa sia una canzone di tutti e potenzialmente infinita: attraverso il concorso viene scelta una strofa vincitrice e la aggiungiamo al testo originale; in questo modo andremo ad ampliare questa nostra, grande melodia.

Il poeta austriaco Peter Rosegger scrisse: “l’infanzia non è semplicemente un tempo di preparazione alla vita, come sovente siamo portati a pensarla per i nostri figli, ma è già vita stessa”. Potrebbe commentare questa citazione?

Io mi sono sempre interessata al tema dell’educazione e mi trovo d’accordo con questa citazione. Ogni età dovrebbe essere vissuta pienamente, con l’ottica che ogni momento abbia valore, senza perdersi nella costante ossessione di cosa ci occorrerà in futuro. Quello che conta non è il risultato, piuttosto il processo di un individuo per giungere al traguardo.
Così il tema del gioco è fondamentale per i bambini: Zeus è un gatto magico e spontaneo, un po’ come dovrebbe essere l’infanzia. L’omonimo audiolibro è importantissimo poiché permette, attraverso il disco e delle schede, di avere uno strumento didattico aperto e trasformabile. In qualche modo il nostro gatto non si muove solo all’interno della canzone ma si arrampica tra i fogli del libro, e cerca di farsi strada in tutti i cuori che lo possono accogliere. La resilienza viene affrontata in maniera proattiva e, per la prima volta in un libro per bambini, viene spiegato cosa fare di fronte a qualcosa che è rotto.
I temi trattati durante gli incontri (alcuni anche in presenza ma outdoor) con i bambini sono tanti, e tutti molto attuali. La consapevolezza dell’emergenza ambientale, l’inclusività, la salvaguardia della bellezza del nostro paese, la possibilità che siano state costruite delle strutture non in regola, che possono provocare gravissime perdite.

Ultimamente si parla poco del disastro avvenuto ad Amatrice. Cosa è stato concretizzato in questi anni?

Elena Polidori è una giornalista e autrice del libro “Amatrice non c’è più ma c’è ancora”, pubblicato nella seconda ricorrenza del terremoto; tra le altre cose è anche mia zia (ride).
Questo libro è una storia di memorie, affreschi della vita di montagna, e rende giustizia alla storia privata, spesso facilmente dimenticata. Le vite e i luoghi descritti nelle pagine vengono dotati di un senso universale; quello che vi accade si riscontra in tutta Italia, pratiche, usi e costumi si intrecciano, come in un’unica grande comunità.
Uno degli aspetti migliori è la visione che Elena offre del futuro. La ricostruzione deve avvenire rispettando la memoria e i luoghi, ma anche tenendo conto della modernità, e rispettando le norme antisismiche necessarie affinché gli stessi errori del passato non si ripetano.
La scrittura ha un potere catartico, curativo fondamentale; è un canale attraverso cui si cerca di ricucire il grande lutto subito. Nella mia esperienza è la musica ad avere tale ruolo terapeutico.

Mi parli di quella Amatrice “che non c’è più ma c’è ancora”.

Quello che rimane dell’Amatrice prima del terremoto è una terra spianata in cui spicca qualche edificio ricoperto dalle impalcature.
Quello che resta, quello che è, e sempre è stata Amatrice, sono le montagne che la circondano, le persone che vivono e difendono il proprio territorio. I contadini che vivono in quella zona non hanno voluto andare via, le loro radici sono più forti di qualsiasi avversità.
Subito dopo il terremoto mi sono domandata cosa potessi fare concretamente per offrire il mio sostegno. Ogni dieci giorni mi recavo ad Amatrice e ho iniziato a vivere per loro; tutte quelle persone ci sono ancora, ed è importante parlarne ogni volta che si ha la possibilità. Ancora una volta abbiamo di fronte un fatto tragico da modificare e per farlo gridiamo al mondo “ma c’è ancora!”.

Memoria e resilienza. Due termini molto significativi e profondi che rimandano alla condizione dei sopravvissuti, i più resilienti di tutti. Cosa infonde speranza a coloro che hanno perso tutto?

La realtà sociale del centro Italia è stanca e provata da questi anni di incertezze e promesse mai realizzate, dall’oblio da parte delle istituzioni. Con la pandemia tutto si è congelato ed è stata domandata una responsabilità civile a coloro che più invece avrebbero dovuto riceverne.
I sopravvissuti hanno una grande dignità che dipende dall’amore che provano nei confronti della loro terra. La speranza dovrebbe essere convogliata dalle istituzioni, attraverso dei solidi piani di ricostruzione; fortunatamente nell’ultimo periodo sembra che qualcosa si sia finalmente messo in moto. Vedere un movimento concreto da parte dei tecnici e degli addetti ai lavori, rincuora gli animi di tutti coloro che sono rimasti in attesa. I sopravvissuti non hanno dimenticato il loro passato, la memoria delle cose; quest’ultima è una bussola, permette di mantenere l’orientamento verso il futuro, qualcosa che ci appartiene.
Perché la tragedia che ha colpito il cuore del nostro paese, riguarda tutti e insieme dovremmo indossare i nostri mantelli e cambiare le cose.

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