Il coronavirus è entrato nella nostra vita senza alcun avviso, apportando numerosi cambiamenti in ogni ambito e facendo tremare l’equilibrio mondiale.Il servizio d’amore dei volontari durante la pandemia Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Che l’Italia stia fronteggiando una crisi economica è oramai noto da anni, ma con la pandemia la situazione è di molto peggiorata. Molti economisti considerano l’attuale crisi come la più grave dal secondo dopoguerra, e non riguarda soltanto la sfera economica ma anche quella sociale.

Durante il periodo del cosiddetto lockdown la maggior parte delle aziende e dei negozi hanno chiuso; molte persone hanno cominciato a lavorare in smartworking e altrettante si sono ritrovate senza un impiego. Quelle stesse attività stanno facendo fatica a riprendersi e ancora molte saracinesche continuano a rimanere abbassate. Lo stesso vale per il settore artistico, di intrattenimento e sportivo, le cui restrizioni non fanno altro che incrementare le perdite.
Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio a fine 2020 si sono contate circa 300 mila imprese in meno rispetto all’anno precedente; nel 2021 invece, le stime sul PIL italiano sembrano essere migliorate prevedendo una leggera ripresa, seppure lenta.

La precarietà è divenuta dilagante e riguarda ogni aspetto della vita quotidiana. Sono state proposte numerose risposte d’emergenza le quali però non hanno raggiunto tutti i cittadini in egual misura. I numeri non sempre sono tutto, ma quelli che sono stati denunciati da parte della Banca d’Italia dovrebbero far riflettere: circa il 38% degli italiani possiede dei risparmi che permettono di sopravvivere non più di tre mesi, mentre il 40% ha problemi nel pagare le bollette, l’affitto della propria casa.
La sopravvivenza non è vita e, in questa situazione drammatica, avere la paura di poter perdere la propria dimora è qualcosa che non può essere tollerabile. Alcuni sono intervenuti cercando di rappresentare tali difficili situazioni, ma in contrapposizione l’andamento del virus è sempre stato in prima pagina.

È molto importante parlare delle persone più deboli, meno fortunate. Tra le risposte di aiuto immediato, i servizi offerti dalle associazioni (laiche o religiose) a favore dei bisognosi è stato fondamentale.

Abbiamo intervistato una volontaria del gruppo Vincenziano, Roberta, che ha condiviso con noi la sua esperienza diretta sul tema; abbiamo parlato a lungo ed è riuscita a comunicare tutta la sua passione anche attraverso il suo sguardo.

Quale è il suo ruolo nell’organizzazione? Quante persone lavorano con lei? Che tipo di servizio offrite?

I nostri incontri si svolgono due volte a settimana, il mercoledì mattina e il giovedì pomeriggio, per un’ora e mezza di servizio. Con le nuove norme anti-covid noi volontari possiamo essere presenti massimo in cinque: due preposti al centro di ascolto e tre per la consegna dei pacchi alimentari. Molto tempo lo impieghiamo nello svolgere i controlli necessari prima che le persone entrino; siamo pochi e non possiamo spostarci dalla nostra postazione. Mi si stringe il cuore quando qualcuno, dopo aver preso il pacco o anche prima, si avvicina perché vorrebbe parlare. Io però non posso più farlo come prima e così cerco di comunicare attraverso il mio sguardo…io sono un’abbracciona (ride) e specialmente all’inizio è stato molto difficile, soprattutto abituarsi a questo nuovo tipo di approccio. Ho imparato però che anche uno sguardo è capace di abbracciare gli altri.

Che tipo di strumenti fattivi mettete a disposizione per i bisognosi?

Prima della pandemia eravamo divisi su due canali, quello della consegna dei pacchi e il centro d’ascolto.
Per i pacchi alimentari una volta al mese organizziamo le raccolte presso i supermercati; disponiamo dei volantini e cerchiamo di distribuirli il più possibile, anche se molte persone sono scettiche al riguardo. Per il resto molte persone ci aiutano con quello che hanno, spesso ci portano capi di abbigliamento e coperte, ma anche giocattoli, libri e tutto quello che può servire.
Il centro d’ascolto era un servizio fondamentale per noi, anche se adesso non è più lo stesso come prima della pandemia. Le persone possono entrare solo per ricevere il pacco e poi sono costrette ad andarsene; prima del virus, l’ampio spazio dove prestiamo servizio era pieno di persone e molti di noi si sedevano accanto a loro per parlare, per ascoltare. Adesso abbiamo attivato una linea telefonica per poter continuare questo tipo di attività, ma non è la stessa cosa. Seguiamo molte persone anziane che vivono da sole, in questo periodo portiamo loro i pacchi alimentari e li lasciamo sull’uscio di casa. Un tempo rimanevamo con loro per aiutarli come potevamo; ascoltare anche solo per una decina di minuti è un grande sostegno.

Avete le risorse necessarie per aiutare i bisognosi? Percepite qualche tipo di aiuto concreto?

Sì, devo dire che siamo sempre riusciti a offrire tutto il supporto necessario. Con la pandemia c’è stato un incremento di carità da parte della comunità laica che si è rivelata molto preziosa.
Una grande aiuto ci viene offerto dalla FEAD (Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti), organizzazione assistenziale dell’Unione Europea, la quale ci manda beni di prima necessità come olio, pasta e tanto altro. Inoltre anche lo Stato Vaticano ci offre tanto sostegno mediante l’Elemosineria Vaticana.
Purtroppo c’è anche chi non ha davvero bisogno dei servizi che offriamo, ma prova lo stesso a percepire i pacchi alimentari e altro. In questo senso il nostro parroco ha sviluppato una metodologia che si basa sulle segnalazioni tra parrocchie. Queste persone fanno letteralmente il giro delle chiese anche per poter prendere di più; in questi casi una prima volta lasciamo correre, ma poi siamo costretti ad allontanarli. Anche in questo caso lo sguardo parla da sé: le persone che davvero hanno bisogno si riconoscono dai loro occhi.

La situazione sta peggiorando con la crisi economica? Tra i nuovi arrivi ci sono persone che non avevano alcuna difficoltà economica prima della pandemia? Ha notato delle differenza tra un anno fa, quando tutto è cominciato, e oggi?

Quando è scoppiata la pandemia e c’è stato il primo lockdown io sono rimasta a casa, come tutti. Successivamente noi volontari ci siamo organizzati per poter pernottare nelle strutture messe a disposizione dalle parrocchie, ricominciando ad aiutare concretamente chi aveva bisogno.
La situazione è di molto peggiorata: ci sono tante nuove persone di cui la maggior parte sono italiani e giovani. Sono persone come noi, prima avevano possibilità di poter vivere una vita dignitosa, ma con la crisi e tutto quello che è successo, adesso sono molto vulnerabili. La cosa che poi più mi addolora è che queste stesse persone sono quelle che hanno più difficoltà a chiedere e, insieme agli anziani, coloro che più hanno bisogno di essere ascoltate.
Per questo si cerca di fare il più possibile ma con un’ora e mezza di servizio e le restrizioni, è davvero difficile riuscire ad aiutare come eravamo abituati prima. Non che l’aiuto non ci sia, anzi: siamo riusciti a costruire una catena d’amore e quando noi chiamiamo, lei risponde sempre e offrendoci molto più di ciò che chiediamo.

Cosa crede che possa servire per poter migliorare la situazione?

Sono dell’idea che la cosa più urgente sia sensibilizzare le persone rispetto a questa realtà.
Noi non forziamo nessuno, il nostro è un servizio d’amore e lo stesso vale per tutti coloro che ci aiutano. Spesso però molti non credono nelle nostre iniziative e non riflettono davvero su coloro che si trovano in grande difficoltà.
La maggior parte delle persone pensa a ottenere sempre di più, senza riflettere su quello che già si ha che è davvero prezioso. La situazione che stiamo vivendo, oramai da un anno, avrebbe dovuto far pensare alla precarietà della vita, delle relazioni, ma molti sembrano non averlo compreso; non è facile farlo, l’uomo purtroppo è diventato così.
È capitato di domandarmi se essere una volontaria fosse qualcosa che mi aiutasse a sentirmi meglio con me stessa, oppure dovuta a dei puri sentimenti. In questi anni di servizio la mia risposta l’ho trovata: non lo faccio per stare meglio, piuttosto per gli autentici sentimenti di amore e carità.
Sono molto contenta di aver avuto la possibilità di condividere con voi la mia esperienza. Per me è importante parlarne, riuscire a informare le persone sulla realtà delle persone più in difficoltà, ma anche del messaggio dietro le nostre azioni.

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